È il momento di lanciare un “tavolo di pace”. Di convincere Washington e Mosca a parlarsi. “Lo sforzo che devono fare tutti, e in particolare Russia e Stati Uniti – si sbilancia Mario Draghi – è quello di sedersi a un tavolo”. Mentre a Mariupol si resiste fino all’ultimo uomo e a Washington si prevede una guerra “lunga”, il premier si appella per ricostruire un dialogo. Rivolgersi alle due superpotenze è già un ambizioso rilancio, ma anche il segnale di uno sforzo per tenere assieme due continenti: partner sopra ogni cosa, ma certo meno allineati di due mesi fa. “L’Europa è l’alleato degli Stati Uniti, quindi le sue visioni non sono in contrasto. Ma stanno cambiando e dobbiamo parlarne. È una riflessione preventiva, bisogna ragionare sugli obiettivi della guerra e poi decidere”.
Un passo indietro, a martedì sera. Un’auto blindata lascia l’hotel St. Regis. Dentro c’è Mario Draghi. Scompare per venti minuti. Torna con una busta di cartone marrone, senza etichetta. Dentro c’è un libro per il nipote, che si è procurato in un archivio di pubblicazioni pregiate. È il primo momento di svago della missione. Il resto è difficile equilibrismo, perché l’ex banchiere incassa l’apprezzamento pubblico di Biden senza rinunciare ad affermare – dopo Macron e Scholz – l’urgenza di una via europea alla crisi. “Pace, senza affermazioni di parte”. Che sembra ancora più necessaria, aggiunge, proprio quando la Russia osserva la vittoria allontanarsi. “All’inizio si pensava ci fosse un Golia e un Davide, oggi il panorama si è capovolto. Non c’è più un Golia. Quella che sembrava una potenza invincibile non si è dimostrata tale”.
“La guerra sarà lunga”. Anche Biden pensa alla via d’uscita per Putin
dal nostro inviato
Paolo Mastrolilli
È una conferenza stampa lunga, senza rete. Draghi indica il primo possibile banco di prova del confronto: l’emergenza alimentare. Faccia a faccia con Biden, aveva sollecitato una mossa di Washington con Putin per sbloccare in Ucraina le navi cariche di grano. E oggi insiste: “Lavrov ha detto che sono bloccate per i porti minati. Questo può essere un primo esempio di dialogo che si costruisce tra le due parti per salvare decine di milioni di persone. I contatti vanno riavviati a tutti i livelli: non bisogna dimenticare, perché è impossibile, ma guardare al futuro”. Poco dopo preciserà che non si riferiva a un negoziato gestito esclusivamente da Biden e Putin: “Occorre portare al tavolo le parti”, in primis Mosca e Kiev. Il punto non è neanche se debba essere l’Italia a promuovere un’iniziativa, sostiene Draghi. “Non bisogna cercare un ruolo, ma la pace. Senza affermazioni di parte”. Semmai, conta ascoltare la volontà di Kiev. Sono “loro”, gli ucraini, a dover decidere se, quando, come raggiungere un accordo. E sono sempre loro – non falchi e colombe occidentali, né mediatori terzi e tantomeno Mosca – a dover definire cosa possa considerarsi vittoria. E dunque, “deve essere una pace che vuole l’Ucraina, non imposta né da certi alleati, né da altri”.
Draghi-Biden: “Forte legame, sforzo congiunto per imporre costi alla Russia”
dal nostro inviato
Tommaso Ciriaco
Sia chiaro: il premier insiste più volte sulla sintonia con gli Usa. “Indispensabili”, li definisce. Pronti con Biden a essere “ancora più vicini”, disponibili a “sostenere l’Europa”. La visione strategica comune sull’energia resta, ad esempio, anche se difficilmente nel breve periodo porterà frutti sul fronte del gas liquido americano: serve tempo per rendere operativi i rigassificatori su nave. L’Italia “non esiterà” ad approvare altri investimenti sulle rinnovabili. Infine lascia cadere una frase pesante, descrivendo una “zona grigia” rispetto al pagamento dell’energia di Mosca e alle regole Ue: “Non c’è alcuna dichiarazione ufficiale che i pagamenti violino le sanzioni. La Germania ha già pagato in rubli e la maggior parte degli importatori ha aperto conti in rubli”. Ma ciò che più conta è il posizionamento di Draghi. Si fa interprete di una linea che raccoglie – con sfumature – le tre principali Cancellerie della Ue. Che è figlia di un allarme sulla tenuta delle opinioni pubbliche nazionali rispetto alla guerra e all’incubo di una nuova recessione. E che muove da un’esigenza: assicurare una sponda a Washington, senza perdere terreno rispetto a Francia e Germania, trascinate dall’attivismo di Macron. In questa chiave va letta la voglia di difesa comune europea, che il premier immagina preceduta da una conferenza tra tutti gli Stati membri “per razionalizzare la spesa militare”. Sono crucci geopolitici che plasmano l’appello alla pace. E che determinano anche un altro passaggio delicato: la presenza della Russia al prossimo G20 d’autunno in Indonesia. Anche in questo caso, la linea è europea: “Da un lato saremmo tutti tentati di non sederci con Putin, dall’altro va considerato che alzarsi significherebbe per il G7 abbandonare il resto del mondo seduto a quel tavolo”. Se si cerca la pace, insomma, “bisogna riflettere prima di lasciare questi consessi”.
Washington punta sul premier per evitare fratture con la Ue su gas, petrolio e aiuti militari
dal nostro inviato
Paolo Mastrolilli
A sera, visita il Congresso ricevuto da Nancy Pelosi. “Sono qui non solo come italiano, ma come europeo. Porto il desiderio di pace dell’Europa”. Nella sera di Washington, il premier riceve l’Atlantic Council. Poi, nella notte, in volo verso Roma.