Fedor il prof-soldato che tiene lezione in video dalle trincee del Donbass

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KIEV – Il prof non manca una lezione. Telefono in mano, fucile in spalla, testa bassa in trincea: “Buongiorno, ragazzi”. Buongiorno a lei, Fedor Fedorovich Shandor. Dalla prima linea del Donbass, insegna in teleconferenza “Psicologia sociale” e “tecniche manipolatorie” ai futuri manager del turismo iscritti ai suoi corsi all’università nazionale di Uzhhorod, nei Carpazi. “C’è un confronto tra il mondo civile e quello incivile, tra la cultura e la sua mancanza. Devo difendere la civiltà”, spiega a chi lo intervista. Ecco perché non smette di insegnare neppure mentre combatte. Ma da quando un commilitone in trincea non ha resistito alla tentazione di scattargli una foto durante una lezione, e di pubblicarla su Facebook, il professor Shandor è una specie di eroe nazionale.

Con una leziosa cravatta a farfalla e le guance ben rasate, prima della guerra era il più appassionato divulgatore della Transcarpazia, la meravigliosa regione di boschi e santuari, di monti e villaggi e castelli nell’estremo sudovest ucraino. Formaggi e cantine, le danze popolari, le tradizioni, i lunghi abiti colorati, i fiori e le cascate. Macché, tutto sospeso: oggi è al fronte più torrido contro l’avanzata russa, nel cuore del Donbass. È a Izyum, dove provano a sfondare. In prima linea. In mimetica e scarponi scava trincee e prende la mira, fa guardie e fa lezioni.

Il professor Fedor Fedorovich, ex vicerettore e consigliere regionale, non aveva neppure fatto il militare, ma dopo i primi missili piovuti il 24 febbraio si è presentato “in giacca e cravatta” nei centri di arruolamento: reclutato. Ora è tiratore del 68° battaglione della 101esima brigata di Difesa territoriale della Transcarpazia. “Dopo un mese ci hanno trasferiti a Izyum”, racconta. Dall’altra parte del Paese, al fronte.

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Da quando è in trincea i suoi studenti – che tra pandemia e guerra continuano a fare lezione a distanza – sono “molto più presenti”. Vai a spiegargli che hai un piccolo impegno o due linee di febbre, al prof nel fango con l’elmetto calato in testa e il sedere sul posto di vedetta. I libri, le dispense? “Li ho scaricati sul cellulare prima di partire”. Ogni tanto trema tutto, “boom”, l’artiglieria scuote le trincee, balla la connessione ma “non ve ne andate, torno tra poco”, dice Fedor Fedorovich.

Non si ferma mai. Ha scritto libri di storia locale tradotti in dieci lingue. Ha organizzato una marea di eventi, e mica ha smesso ora che imperversano le bombe: dopo l’invasione “ho tenuto 37 conferenze” nella trincea nel Donbass. Ha stretto un patto con i superiori: rosicchia il tempo al turno di riposo, non a quello di combattimento. “Facciamo turni di 8 ore, metà di combattimento e metà di riposo. Poi si ricomincia”, dice.

Lui ha chiesto i turni di combattimento dalle 4 alle 8 per i lunedì e i martedì, così può fare lezione dalle 8 alle 12. “Salto il riposo, non dormo”, dice. E ricomincia a scavar trincee, combattere e fare guardie. Per lui, ha spiegato in un’intervista a Censor.net, non smettere di insegnare è stato “un dovere. Sono discipline molto specialistiche”, non è facile sostituire chi le insegna: “Finisco io il mio semestre: i cavalli non si cambiano mai in corsa”.

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