MiLANO – Visto l’esito di Cagliari-Inter, l’emozione dilatata del Milan per il diciannovesimo scudetto può durare ancora un po’. Può essere quasi un supplemento di felicità: sembra infatti abbastanza difficile che la squadra capace, ieri, di venire a capo del severo rebus tattico imposto dall’Atalanta di Gasperini – grazie a due gioielli tecnici di Leao ed Hernandez – non sia in grado domenica prossima di raccogliere in casa del Sassuolo l’ultimo punto che le manca. Eppure i milanisti, che hanno fatto tremare letteralmente San Siro col loro tifo ritmato dal battito dei piedi, parevano increduli, trattenuti dalla prudenza figlia della desuetudine alla vittoria: diteci che non stiamo sognando. È tutto vero, era autentica la scena di Pioli osannato, mentre i giocatori avevano appena finito di ballare sotto la Curva Sud e in prima fila il più scatenato era stato Kessié, che sta per finire al Barcellona e che un paio di mesi fa doveva tapparsi le orecchie per non sentire i fischi: il successo affratella.
Oggi è il giorno degli applausi, mai tanto meritati. Ibrahimovic stavolta ha applaudito da spettatore. Pioli ha invitato a non leggere il mancato ingresso del veterano come segnale del ritiro imminente (“so che avrebbe voluto entrare, ma mi servivano altre caratteristiche”), però è indubbio che il giovane Milan si sia ormai affrancato dal suo trascinatore. Non è stato casuale, a maggio 2022, l’approdo sulla soglia di un trionfo non troppo pronosticato a settembre 2021. C’è già il record di punti, da quando la vittoria ne vale 3: lo condividevano a quota 82 Ancelotti (serie A 2003-2004, 18 squadre) e Allegri (2010-11, 20 squadre), sorpassati entrambi da Pioli (al momento a 83), dopo lunghissima gavetta che lui sintetizza così: “Sono arrivato al momento giusto nel posto giusto”.
La sintesi migliore tuttavia è di Gasperini, che è giudice imparziale e togato, avendo vinto due delle ultime tre Panchine d’oro: <Il Milan ha fatto qualcosa di straordinario, per il tipo di gioco che gli ha dato Pioli e perché Maldini e Massara hanno rovesciato la mentalità sul mercato, scegliendo la tipologia di calciatori che il calcio di oggi richiede: veloci>>. La velocità non va intesa solo in senso letterale – Leao che brucia tutti sul lancio di Messias, Hernandez che semina mezza Atalanta accelerando in diagonale per una settantina di metri da area a area – ma sta soprattutto per sveltezza di azione e di pensiero. All’inglese, il calciatore contemporaneo deve essere smart, deve sapere coprire molti ruoli, non deve fossilizzarsi sulle proprie attitudini atletiche e tecniche. Il perfetto esempio di questa grande duttilità è il 2-0 all’Atalanta, che fino all’ultima giornata si giocherà l’Europa League e sul cui futuro Gasperini rimanda tutti al colloquio finale con i Percassi e con la nuova proprietà americana. Impigliato nel primo tempo dentro le liane dei duelli e in particolare in quello tra Leao e De Roon, che vantava un fresco precedente a Lipsia con Dani Olmo, il Milan si è disincastrato in due mosse. La prima è stata favorita da Orsato e dal Var, che hanno ignorato la cintura di Kalulu su Pessina a inizio azione del gol di Leao. Ma Gasperini stesso ha assolto l’arbitro: “Ha la credibilità necessaria”. È credibilissimo anche il Milan come campione d’Italia. A Reggio Emilia può solo buttarsi via, ma nessuno crede davvero che possa accadere.
Milan-Atalanta 2-0 (0-0)
MILAN (4-2-3-1): Maignan; Calabria (35′ st Florenzi), Kalulu, Tomori (18′ st Bennacer), Hernßndez; Tonali, Kessie; Saelemaekers (10′ st Messias), Krunić (35′ st Bakayoko), Leão; Giroud (10′ st Rebic) All.: Pioli.
ATALANTA (3-4-2-1): Musso; de Roon, Djimsiti, Palomino (35′ st Demiral); Hateboer (35′ st Scalvini), Koopmeiners, Freuler, Zappacosta; Pessina (25′ st Boga), Pašalić (10′ st Malinovskyi); Muriel (10′ st Zapata). All.: Gasperini.
Arbitro: Orsato di Schio
Reti: nel st 11′ Leao, 30′ Theo Hernandez Recupero: 2′ e 4′
Angoli: 6 a 4 per l’Atalanta
Ammoniti: Giroud per proteste, Koopmeiners, Kessié, Malinovskyi, Bennacer per gioco falloso
Spettatori: 73.304