Salvini e il viaggio a Mosca, anche la Lega in rivolta: “C’è un nuovo consulente, Matteo ha deciso con lui”

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ROMA – Venerdì sera, all’ora dei notiziari tv. Lorenzo Fontana, vicesegretario leghista con delega alla politica estera, apprende dalla voce di Enrico Mentana dell’intenzione del suo leader di volare a Mosca. Prende il telefono e chiama Salvini: “Ma è vero?”. “Beh, sì, ci sto pensando…“, la risposta del capo del Carroccio. “Matteo, riflettici bene, sii prudente, è un momento delicato. Questa cosa si può rivelare un boomerang”. L’episodio, riferito da fonti accreditate, la dice lunga su due aspetti. Primo: la totale autonomia con la quale, dentro il partito, il segretario ha lavorato sul viaggio in Russia. Secondo: la perplessità che nella Lega suscita in queste ore la missione di pace inseguita da Salvini.

Il senatore milanese ha tessuto la sua tela in silenzio. Un incontro, il 5 maggio, con l’ambasciatore turco a Roma Omer Gucuk. Qualche contatto in Vaticano, nulla di più. Aveva ostentato il suo desiderio di “andare ovunque serva” anche con il premier Mario Draghi ma senza accennare a un’iniziativa diplomatica personale. Anzi, questa possibilità negli ambienti di governo è sempre stata vista come uno spauracchio. Ma mentre girava piazze elettorali professando la pace, dicendosi contrario al nuovo invio di armi agli ucraini, Salvini ha continuato a cercare gli agganci giusti per giungere a Vladimir Putin, il punto di riferimento internazionale mai completamente sconfessato. Ha attivato alcuni vecchi canali con Russia Unita: la Lega e il partito di Putin siglarono nel 2017 un patto di collaborazione, un’intesa che pone fra gli obiettivi “un partenariato paritario e confidenziale tra la Federazione russa e la Repubblica italiana”. Accordo quinquennale spirato il 6 marzo ma in realtà ancora in vigore in virtù di una clausola che ne prevedeva il rinnovo in mancanza di disdetta entro sei mesi dalla scadenza. E nessuno l’ha revocato. Soprattutto, Salvini ha fatto leva sui “consigli” di un legale che lo affianca da qualche mese: si chiama Antonio Capuano, è stato deputato di Forza Italia dal 2001 al 2006 e consigliere comunale di Frattaminore, in Campania, fino al 2012. Prima di lavorare all’estero, in Medio Oriente, e scomparire dalle cronache politiche. Di certo, oggi collabora con Salvini, gli è vicino in questioni che riguardano Mosca. Anche se in serata, al telefono, l’ex parlamentare si schermisce: “Faccio l’avvocato e assisto alcune ambasciate”. Anche quella russa? “Non glielo le dico per riservatezza, mi capisca. Con Salvini ci siamo confrontati su alcuni dossier. Non ho un incarico formale. Lui ha ovviamente la sua autonomia di pensiero”. Capuano è un personaggio misterioso per molti, dentro la Lega: lo stesso Fontana, assicurano, non lo conosce. Il viaggio, se ci sarà, nascerà con queste premesse. “La trasferta di Salvini? Non ne so nulla”, garantisce Riccardo Molinari, capogruppo leghista alla Camera. All’oscuro i governatori Zaia e Fedriga come il capodelegazione della Lega nell’esecutivo Draghi, Giancarlo Giorgetti. Tutti concordi, a denti stretti, sulla pericolosità della missione. C’è, fra loro, chi dice che il segretario potrebbe finire per alimentare la propaganda interna russa: diventare uno strumento della disinformazione di Putin, che potrebbe far veicolare l’idea che l’Italia sia un Paese amico o quella di un fronte occidentale diviso. I suoi dubbi Fontana li ha espressi apertamente nella telefonata a Salvini: il responsabile Esteri della Lega ritiene che questa missione potrebbe risolversi, sul piano mediatico, in un bis della sciagurata trasferta al confine fra Polonia e Ucraina, quella dello sfottò del sindaco con la maglietta di Putin in mano, alla quale non casualmente proprio Fontana non partecipò. “Pensaci, per il tuo bene e per quello del partito”, le riflessioni offerte a Salvini dal dirigente veneto del Carroccio. Il quale non ritiene del tutto campata in aria l’idea di promuovere la pace andando a Mosca, specie dopo la telefonata fra Putin, Scholz e Macron. Ma vede più insidie che vantaggi. “E soprattutto – ha detto Fontana a chi gli sta vicino – non si può portare avanti un’iniziativa diplomatica senza la copertura, se non il mandato, del governo”. Sono le perplessità di tanti, in una Lega che per gran parte guarda attonita alle mosse del suo leader. Convinta che, mai come stavolta, Matteo rischi tutto.

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