Sei figli da tre compagne, l’eredità miliardaria di Del Vecchio alla prova della successione familiare

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MILANO – Il dopo Leonardo Del Vecchio è cominciato. Un futuro che l’imprenditore self made preparava meticolosamente da dodici anni, passati a disciplinare la propria successione e la spartizione di beni per 30 miliardi di euro tra i sei figli di tre diverse donne. Ogni figlio avrà 3,6 miliardi di dote: non in contanti, ma come una fetta minoritaria della grande holding Delfin, cassaforte di tutti i suoi beni. Proprio lo statuto di Delfin, tra i pochi documenti pubblici – e in attesa di aprire il testamento – mostra anzi che il fondatore di Luxottica, più che mettere in sicurezza le aziende di famiglia, abbia voluto metterle al riparo “dalla famiglia”. Molte saghe familiari, non solo nei romanzi dell’Ottocento ma anche e più nella vita reale, sono lì a dire quanto sia difficile mettere d’accordo gli eredi quando ci sono attività colossali da gestire e miliardi che volano.

Chi eredita l’impero di Leonardo Del Vecchio: moglie e figli del patron di Luxottica

28 Giugno 2022

Consulenti e manager blindati nella cassaforte

Leonardo Del Vecchio non ha mai guardato con favore all’ingresso di figli e familiari – per quanto da lui molto amati – nelle numerose e solide attività di imprenditore. “Un manager lo puoi licenziare, anche se costa caro, un figlio no”, era uno dei suoi motti. Per questo aveva già disposto, con i legali di fiducia dello studio BonelliErede, che al momento della scomparsa, o della sopraggiunta incapacità, nella cassaforte Delfin fosse “automaticamente sostituito con la persona da lui precedentemente designata in una dichiarazione scritta indirizzata al cda”. Il nome dovrebbe trovarsi in una lettera destinata ai cinque consiglieri della finanziaria, anch’essi inamovibili dagli azionisti-familiari. E i più dicono che sarà Francesco Milleri, ex consulente informatico ed ex vicino di casa, poi per anni braccio destro di Del Vecchio fino alla nomina come ad di EssilorLuxottica. Dovrebbe toccare a lui la sintesi dell’impero e dei nuovi proprietari nei prossimi anni. Lo si saprà dopo il funerale, previsto giovedì mattina ad Agordo, e dopo la lettura delle carte. Ma ci vorrà più tempo, forse anni, per testare la stabilità degli assetti studiati dal fondatore.

I tre rami degli eredi nella nuova Delfin

Il ruolo di perno operativo e strategico di Milleri poggia anche sui suoi ottimi rapporti con Nicoletta Zampillo, che il patron sposò due volte, nel 1997 e nel 2010. Proprio alla moglie milanese Del Vecchio ha assegnato la parte maggiore (25%) delle azioni Delfin, ricapitalizzandola apposta nel 2014 grazie a una norma italiana che prevede che al coniuge, in presenza di due o più figli, vada un quarto del patrimonio. La vedova Del Vecchio può contare anche sul 12,5% dell’unico figlio Leonardo Maria, detto Leonardino. E’ pure l’unico Del Vecchio a lavorare in un’azienda del gruppo, a capo della catena di negozi Salmoiraghi & Viganò, e seduto in una scrivania dell’ufficio milanese allo stesso piano di quella che era del fondatore, e vicina a quella di Milleri. L’altra fazione forte, che se contata insieme assomma un identico 37,5% di azioni Delfin, è quella dei tre figli che Del Vecchio ebbe dalla prima unione con Luciana Nervo. Claudio, Marisa e Paola, nati alla fine degli anni ’50, azionisti con un 12,5% a testa della finanziaria e in rapporti, si racconta, formalmente cordiali con l’asse ereditario principale. Infine ci sono Luca e Clemente, figli di Sabina Grossi, nati nel 2001 e nel 2004, più defilati finora, anche per motivi di età, rispetto alla stanza dei bottoni.  

Nicoletta Zampillo: per Del Vecchio moglie e compagna di una vita, ora ha ereditato un quarto dell’impero

di
Sara Bennewitz

28 Giugno 2022

Dividendi e colossi da scalare

E’ presto per dire come interagiranno le tre fazioni ora che è venuto a mancare il carisma del patron, dotato di grande forza centripeta, anche perché della famiglia Del Vecchio aveva il culto. Di solito le successioni familiari realizzate tramite holding che assiepano vari eredi ed attività funzionano quando tutti vanno d’accordo. E tutti vanno d’accordo finché ci sono due catalizzatori: una governance che disciplini ruoli e funzioni di chi gestisce e chi controlla, e una redditività che tiene buoni tutti gli azionisti, anche i più silenti ed estromessi. Le nuove maggioranze nella Delfin degli eredi prevedono, per le decisioni più strategiche come l’erogazione di cedole e la sostituzione di amministratori, un quorum dell’88%, che è come dire il placet di sette eredi su sette. E finora Delfin, grazie ai dividendi incassati a sua volta dalle quote di controllo in EssiLux (occhialeria) e Covivio (immobiliare), e alle partecipazioni rilevanti in Unicredit (2%), Mediobanca (19,5%), Generali (9,9%), di solito non tratta male i soci.

Leonardo Maria, l’unico dei sei figli di Del Vecchio a lavorare in Essilux

di
Sara Bennewitz

28 Giugno 2022

Nei quattro esercizi fino al 2020, ultimo bilancio disponibile, il suo utile netto annuale è oscillato tra 208 e 369 milioni, con quote crescenti restituite al patron, finora usufruttuario unico. Remunerare i figli, specie i cadetti, potrebbe rivelarsi un domani più difficile per i manager di Delfin: specie in assenza di clausole per liquidare i pacchetti, e per il fatto che la cassaforte non è quotata. Anche le battaglie per conquistare i vertici di Generali e Mediobanca, in corso da tre anni e incompiute, potrebbero essere affrontate con animo più laico dagli eredi Del Vecchio (ma non certo da Milleri, dice chi lo conosce). Anche su questo punto, il tempo che passa rischia di avere più voce dell’ex Martinitt Del Vecchio, che ha lavorato settant’anni senza guardare mai indietro per diventare il più grande imprenditore italiano.

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