Mario Draghi è pronto a ripartire. Non era scontato fino all’altro giorno. È quindi disposto al bis, con un nuovo patto di fiducia con il Parlamento, ma deve essere “sincero e concreto” e “non di facciata”. Discorso di trentasei minuti, col giusto sentimento di ruolo, alcuni tratti di durezza e la rivendicazione delle cose fatte finora. “Un miracolo civile”, lo chiama, di cui sono stati protagonisti gli italiani, in un evocare la spinta che è venuta in questi giorni dal Paese: a continuare, a non disertare. “Sono qui perché gli italiani me lo hanno chiesto”. E lì – nel richiamo della piazza – l’algido banchiere tradisce la vanità che coglie prima o poi tutti i leader.
Ma allo stesso tempo ha indicato con chiarezza un perimetro nuovo, che può escludere di fatto il partito di Conte (basta leggere con attenzione i passaggi su superbonus, reddito di cittadinanza, armi all’Ucraina, interferenze russe, Nato). Non c’è chiusura, ma nemmeno vera apertura al massimalismo grillino. La maggioranza del Draghi bis quindi può essere un’altra, così si intuisce. Questa intenzione si è manifestata anche con le stoccate alla Lega. Non si può essere di lotta e di governo, com’è avvenuto con l’appoggio alle proteste dei tassisti. Non è possibile volere la sicurezza energetica e poi protestare per i rigassificatori. Anche se ormai l’istinto ribelle di Salvini è una cosa, la Lega di governo un’altra: al suo ingresso in aula Draghi si era trovato davanti l’amico Giorgetti e i due si erano scambiati un pugnetto che vale più di mille discorsi. Vediamo quale anima prevarrà.
Intanto Draghi è di nuovo in campo. Si è adattato alle circostanze, però, “alla maggioranza possibile”, come si diceva ai tempi della Dc. Non è quella, “la più alta possibile”, per cui era stato chiamato nel febbraio del 2021, ma questo impone il fatale realismo della politica. I cinque giorni concessi dal presidente Sergio Mattarella hanno favorito una ricomposizione, posto le premesse morali per un nuovo inizio. Ma serve un consenso ampio del Parlamento, “perché io non sono stato eletto”, e perché è soltanto qui – come aveva indicato il Capo dello Stato – che Draghi trae naturalmente la sua legittimazione. “L’Italia è forte quando è unita”, ha detto. Fino alla petizione finale senza perifrasi: “Siete pronti, parlamentari, a ricostruire, a ripartire?”, ha chiesto accorato. Sarà il dibattito parlamentare a rivelarci la disponibilità dei partiti, Lega in primis. Si annuncia una giornata nervosa, con Salvini ago della bilancia. Poi alle 16,30 Draghi replicherà in aula. E a quel punto sapremo se riterrà accolto il suo appello.