A tre ore dall’intervento di Mario Draghi, nel gruppo del Movimento 5 Stelle al Senato monta l’insofferenza. “Se è così, la fiducia non possiamo votarla”, confida più di un senatore, mentre Giuseppe Conte è in riunione permanente proprio a Palazzo Madama con i vicepresidenti e la delegazione dei ministri.
Una decisione non è ancora stata presa (si aspettano anche le mosse della Lega, altrettanto turbata, classico gioco del cerino). Ma l’umore del grosso dei senatori 5 Stelle lo rivela più di tante frasi pronunciate a mezza bocca una battuta fatta da Danilo Toninelli alla buvette: “Mi sono messo la cravatta nera. Quella del funerale. È il giorno giusto, no?”.
I senatori M5S, subito dopo l’intervento di Draghi, hanno chiesto copia del discorso. Evidenziatore alla mano, hanno preso a sottolineare i passaggi più sentiti. Super bonus, reddito di cittadinanza, salario minimo. Sull’interpretazione delle parole del premier si ripresenta la spaccatura tra l’ala dura (nettamente maggioritaria) e i governisti.
I primi in sostanza ragionano così: sull’agenda sociale non è arrivata nessuna vera novità. Sul Super bonus è stato vago. E a far imbufalire i parlamentari tendenza strappo c’è stato anche il passaggio sulle armi. I governisti invece la pensano all’opposto: Draghi ha citato i nostri temi, le aperture ci sono state.
Visioni diametralmente opposte. La sensazione – in attesa della decisione di Conte, che si tradurrà nell’intervento della capogruppo Mariolina Castellone atteso nel primo pomeriggio – è che la scissione sia a un passo. Conte per ora chiede a tutti di tenere le bocche cucite. Chi doveva parlare del Movimento (per esempio Vito Crimi) ha rinunciato, a parte Ettore Licheri, perché non sanno cosa dire.