La fotostoria: i 17 mesi di Draghi, l’uomo solido che non tradisce emozioni

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Anche quando non indossa giacca e cravatta, quando è in maglioncino come nel treno diretto a Kiev insieme a Olaf Scholz e Emmanuel Macron, Mario Draghi porta una sorta di invisibile armatura, qualcosa che fa di lui un uomo solido, prima ancora che potente e armato. Ha evidentemente imparato la postura di chi sa come ci si rapporta con gli altri. Serietà? Impassibilità? Forza? Riservatezza? Tutte e quattro queste cose, per cui Draghi appare come una sorta di statua anche quando distende il viso in qualcosa che somiglia a un sorriso.

A qualcuno il suo può sembrare un volto di pietra, che non tradisce emozioni. Delle quattro immagini che definiscono la sua breve ma efficace e unica stagione da Presidente in capo, quella che forse lo racconta meglio è quella che gli è stata scattata al Prado, seduto di spalle su una panchina in uno dei musei più belli del mondo. Dietro di lui in piedi il capannello dei grandi del mondo i quali conversano, commentano, interloquiscono, discorrono, volgono le spalle alla quadreria del Prado, mentre sulla destra tre meravigliosi ritratti solitari – uno è il San Tommaso di Rubens, il santo che non crede se non tocca. E Draghi? Lui è seduto sulla panchina, quella dove si riposano i visitatori, volge la schiena a quelli che gli sono dietro: una piccola folla. La sua posizione è perfetta, non sorride, sembra distaccato, solo un poco preoccupato. Si capisce che la conversazione che sta intrattenendo è una di quelle importanti, cui si deve prestare la massima attenzione.

Mario Draghi sorpreso al telefono seduto su una panchina del museo di Madrid, mentre gli altri invitati del summit Nato guardano i quadri: 30 giugno 2022 

Non si perde una sillaba di quanto gli sta dicendo il suo interlocutore – il Presidente della Repubblica, Giuseppe Conte o un altro ancora, da Roma probabilmente, che lo chiama al suo cellulare. Il punctum dell’immagine è quella mano poggiata sulla gamba sinistra. Perfetta. Anche in questa contingenza non perde il suo aplomb. Draghi è sempre a piombo, tutto cade giù dritto come un fuso: la cravatta, la giacca, la piega dei calzoni. Persino quando siede con la moglie in attesa di ricevere il vaccino accavalla le gambe in modo elegante e piega leggermente il capo per parlare con la mascherina sul viso, con la moglie Serena. Nomen omen, che poi significa: “il nome è un presagio”.

Mario Draghi e la moglie, Maria Serenella Cappello, nell’hub della stazione Termini  a Roma per la vaccinazione anti-Covid con Astra-Zeneca (30 marzo 2021) 

Tutto nell’ex banchiere centrale è un presagio, un presentimento di quello che l’attende. Le fotografie lo raccontano, anche nei momenti di festa – la vittoria agli Europei del calcio nel luglio del 2021 – non tradiscono mai nulla che esorbiti dal quel suo presentire, una forma che lo pone tra i pochi eredi dei grandi leader del passato, un passato che è già trascorso: Moro, Andreotti, Rumor.

Draghi accoglie a Palazzo Chigi Leonardo Bonucci (a sinistra) e Giorgio Chiellini (a destra) con la nazionale italiana di calcio dopo la vittoria agli Europei: 12 luglio 2021 L’eredità che porta inscritta nel viso, così perfetto come se fosse stato inciso nel marmo, eppure vivo di carne e di sangue, lo fa appartenere a un’altra stagione della storia repubblicana. Sembra uscito da una delle fotografie ufficiali dei Presidenti, quelle appese nelle stanze dei commissariati, nelle presidenze delle scuole, nei tribunali e in ogni luogo dove l’ufficialità è di casa, e a suo modo eternamente immobile. L’immobilità è il suo karma. Mario Draghi è sempre in posa perché la posa è ciò che lo connota in ogni punto della sua vita, anche quando in un’altra foto lo avevano colto, dopo l’abbandono della Banca Centrale, mentre faceva la spesa al supermercato insieme a Serena. Gente comune, sì ma anche fuori dal comune proprio per il suo posare, che è una parola latina che significa “fondarsi”. Anche se il voto lo affonda – oppure invece no – lui è sempre fondato. Poggia su qualcosa che noi non vediamo, ma che c’è.

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