Sicilia, lo scoglio delle primarie. Può infrangersi il cantiere dell’alleanza

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È davvero finito il “campo largo” inventato da Enrico Letta, o il “fronte progressista” come preferisce chiamarlo Giuseppe Conte? Lo sapremo presto, prestissimo: entro stasera. E lo sapremo non da Roma ma da Palermo, dove domani sono in calendario le primarie indette da Pd, Movimento 5 Stelle e sinistra radicale per la scelta del candidato alla presidenza della Regione. Progettata come la grande festa democratica in cui si sarebbero fusi gli elettori dei tre partiti non di una città ma di un’intera regione, è diventata lo scoglio sul quale la nave Campo Largo può affondare subito dopo il varo.

Il cantiere è aperto da mesi, con un gran fermento che non riesce a nascondere i sospetti reciproci (il Pd non si fida dei cinquestelle, la sinistra-sinistra non si fida del Pd, i cinquestelle non si fidano della sinistra-sinistra). E dopo una laboriosa gestazione tre candidati sono arrivati alla sfida finale: Caterina Chinnici per il Pd, Claudio Fava per la sinistra radicale e Barbara Floridia per i cinquestelle. In realtà il candidato dei grillini doveva essere Giancarlo Cancelleri (battuto da Musumeci cinque anni fa) ma il veto di Grillo sull’eccezione alla regola dei due mandati lo ha tagliato fuori, aprendo la strada a Barbara Floridia. La sottosegretaria grillina all’Istruzione sarebbe al suo secondo mandato, avendo mancato clamorosamente il primo, quando si candidò a sindaco del piccolo comune di Venetico e arrivò quarta su quattro candidati (raccogliendo solo 53 preferenze come consigliere, quinta dei suoi, pur essendo capolista).

La grande novità di queste primarie siciliane – sempre che si svolgano davvero – sarà il sistema di voto: il Pd voleva i gazebo, i grillini pretendevano il voto online, alla fine si sono accordati su un ibrido che li permette entrambi, ma su prenotazione. Il risultato è che ieri sera si erano registrati quasi 40 mila elettori: nove su dieci hanno scelto il voto online. Si capisce la preoccupazione del Pd, che un mese fa alle primarie di Enna per due posti in lista ha portato ai gazebo 16 mila cittadini, e oggi scopre che a Corleone sono solo in tre a chiedere il voto in presenza, e che in tutta la Sicilia saranno allestiti solo una trentina di seggi con le schede cartacee. Si capisce anche che i grillini siano invece molto ottimisti, perché del voto online loro conoscono bene tutti i segreti.Ma i sospetti e le speranze oggi sono superati da un dubbio che scuote e tormenta la base del Pd: siamo sicuri di volerci ancora alleare con chi ha fatto cadere Draghi? Ovvero: che le facciamo a fare queste primarie? Il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, dice che bisogna continuare come se nulla fosse accaduto. “A Roma può succedere di tutto. Ma in Sicilia proseguiamo il percorso con la coalizione progressista”. Il vicesegretario nazionale Peppe Provenzano, però, senza nominare le primarie ha messo il Movimento 5 Stelle tra i colpevoli dell’affondamento del governo, “con irresponsabilità e con una certa viltà”. Un segnale che ha subito insospettito i grillini.

Il loro “referente regionale”, Nuccio Di Paola, è saltato sulla sedia: “Il Pd dica ora se vuole rompere o meno, senza aspettare il risultato delle primarie”, ha intimato agli alleati che forse non lo sono più. Messaggio implicito: non è che se vincete voi le primarie sono valide, e se invece vinciamo noi si annulla tutto.Domani si vota, poi sarà troppo tardi per tornare indietro. Il nodo del campo largo è arrivato al pettine, nella Sicilia dove ancora una volta le cose accadono prima che nel resto d’Italia. Entro stasera, dunque, sapremo se Letta taglierà di netto quel nodo che ancora lo unisce a Giuseppe Conte. <TB>

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