BRUXELLES – “Il nostro uomo in Italia è Antonio Tajani“. È questa la scommessa dei Popolari europei. È sul coordinatore di Forza Italia che il Ppe, al momento il primo partito dell’Europarlamento, vuole puntare per le prossime elezioni italiane. E non solo come punto di riferimento. Ma come presidente del Consiglio.
Il suo nome è iniziato a circolare dallo scorso primo giugno. Ossia dal Congresso del Partito Popolare europeo che si è svolto a Rotterdam. In quell’occasione è stato eletto alla presidenza il tedesco Manfred Weber. E Tajani è stato confermato vicepresidente. L’intesa tra i due è forte. Weber è ancora capogruppo nell’aula di Strasburgo. I due si fidano vicendevolmente. E soprattutto hanno interessi comuni.
Il Ppe: no a Meloni premier
Nel caso specifico, il Ppe sa che la coalizione di centrodestra può diventare un problema se guidata, anche da Palazzo Chigi, dalla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, o dal leghista, Matteo Salvini. I popolari considerano il “lumbard” una sorta di “nemico”. In particolare per i suoi rapporti con Mosca e con il partito di Putin. La linea antieuropeista del Carroccio è fumo negli occhi. Non è un caso che intorno ai leghisti persiste una sorta di cordone sanitario che a Bruxelles li esclude da qualsiasi circuito decisionale.
Dell’esponente della destra, invece, non si fidano. Le sue radici post-fasciste non tranquillizzano i popolari che hanno già espulso di fatto l’ungherese Orban proprio per le sue visioni reazionarie. Hanno apprezzato la conversione atlantista e europeista. Ma guardano con diffidenza al gruppo dirigente di Fdi, ai legami con l’ultradestra in Italia e in Europa. Manca poi ancora quel fattore fondamentale nei rapporti politici e diplomatici: la fiducia e la confidenza. Il ragionamento che viene fatto dai vertici popolari è allora questo: “Dopo aver perso la Germania, dobbiamo riconquistare il governo in almeno uno dei grandi paesi europei. Al voto andranno presto Italia e Spagna. Va bene l’alleanza con la destra e anche con i sovranisti. Purché poi la guida del governo sia moderata”. E in Italia vuol dire che la soluzione migliore sarebbe appunto Tajani.
Il rapporto Tajani-Weber
Tra il rappresentante italiano e Weber esiste un rapporto di reale confidenza. Il 3 maggio scorso, ad esempio, durante il dibattitto a Strasburgo con il presidente del consiglio italiano, Mario Draghi, il capogruppo tedesco ha citato sostanzialmente una sola persona: proprio Tajani. Sottolineando il lavoro svolto dall'”Amico italiano” come presidente del Parlamento europeo dal 2017 al 2019. Ma c’è di più. L’intesa riguarda anche gli assetti di potere a Bruxelles. Sono stati loro due a condurre le trattative per eleggere Roberta Metsola nella battaglia per la successione a David Sassoli. “E’ una nostra amica e un’amica dell’Italia”, ripeteva Tajani in quei giorni. E anche in queste settimane sta emergendo un accordo tra loro due per nominare in autunno l’italiano Chiocchetti alla segreteria generale sempre del Parlamento europeo. Non si tratta di una casella secondaria. Il tedesco Klaus Welle, il segretario generale uscente, è stato potentissimo nell’ultimo decennio determinando vittorie e sconfitte nell’assemblea europea. Non si pensi che nell’Unione non si faccia attenzione a poltrone e incarichi. Anzi, sono l’indicatore più sincero dei rapporti di forza.
E l’intesa tra Tajani e Weber ha anche questo motivo. Al di là delle dichiarazioni formali, c’è un altro aspetto da considerare: il primo nemico di Weber a Bruxelles è un’alta esponente del Ppe, la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen. E’ in corso da mesi un regolamento di conti tra i due “tedeschi”. E per Weber avere eventualmente Tajani premier sarebbe l’arma migliore per candidarsi – se i popolari avranno un buon risultato alle elezioni europee del 2024 – al posto di Von Der Leyen o comunque rimuovere la sua “nemica” per promuovere Roberta Metsola.
Le carte di Tajani
In ogni caso il rappresentante italiano ha anche delle carte personali da giocare. E’ stato presidente del Parlamento europeo, e per sei anni Commissario. Insomma a Bruxelles è accolto e soprattutto è considerato un europeista. E non un pericolo come lo sarebbe Salvini o Meloni. Come ripete Weber (che in Germania chiamano “born Mep”, ossia nato membro del Parlamento europeo), “Antonio è uno dei nostri”.
Certo, la scelta ha già fatto scattare la discussione dentro il Ppe. Non sulla persona che, appunto, nei Palazzi di Bruxelles è comunque rassicurante. Quanto sull’alleanza con la destra sovranista. Alcuni, ad esempio i membri della componente austriaca, non sono per niente convinti che sia giusto “autorizzare” un patto con Lega e Fratelli d’Italia. Nemmeno con l’obiettivo di riconquistare spazi nell’Unione. Ma per il Ppe, ormai, è quasi una questione di vita o di morte. Nei prossimi due anni, prima delle urne, deve riguadagnare posizioni tra gli Stati membri. Per non correre il rischio di perdere la primazia dentro il Parlamento europeo e nelle principali istituzioni dell’Unione. Nella corsa alla premiership del centrodestra italiano, dunque, le puntate europee avranno un peso. E non da poco.