LE mucche della Pianura Padana hanno caldo. Per rendere al meglio avrebbero bisogno di una temperatura tra i 22 e i 24 gradi, mentre oggi il termometro sfiora i 40. Per questo, gli animali bevono molto e – fiaccati – producono meno latte. Nelle settimane dell’inflazione impazzita, l’effetto è che il prezioso alimento – il latte, appunto – costa sempre di più.
Intanto, nel Delta del Po, i pescatori di vongole si trasformano in spazzini delle acque. Il caldo folle ne sta aumentando la salinità. Il fenomeno favorisce la proliferazione delle alghe che, restassero al loro posto, soffocherebbero ogni forma di vita. Bisogna portare via le alghe, allora, per salvare le vongole della Sacca degli Scardovari.
E se in Puglia le pere e le pesche costano tra il 17 e il 19% in più dell’anno scorso, il riso piemontese non vuole essere da meno: si stima un aumento del prezzo del 20% a fronte di un calo vistoso della capacità produttiva. Di fronte a queste emergenze, la Coldiretti presenta un progetto, subito cantierabile, che creerebbe nel Paese una rete di invasi, di laghetti artificiali capace di raccogliere il 50% dell’acqua piovana.
Grazie al sistema di raccolta, studiato insieme all’Associazione Bonifiche (l’Anbi), l’Italia sarebbe in grado di aiutare le aziende agricole alle prossime e già annunciate siccità. Coldiretti avverte che mentre la guerra ha stravolto l’export del grano da Russia e Ucraina, il caldo sta buttando giù – tra le altre – le nostre produzioni di mais (-45%) e frumento duro per la pasta (-30%). (a.fon.)
In Piemonte. Riso amaro a causa della siccità. I dubbi sulla fioritura di agosto
Sono previsioni amare quelle che arrivano dai produttori di riso, di fronte ai 200 mila ettari di risaie che si estendono nella Pianura padana. I risicoltori stimano che quest’anno ci sarà «un rincaro del prodotto intorno al 20% — spiega Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte —
L’anno scorso i produttori lo vendevano a un prezzo che va dai 50 ai 100 euro al quintale, a seconda della qualità, ma quest’anno potrebbe esserci un notevole aumento, che naturalmente andrà a gravare su consumatori già provati dal caro vita».
Uno dei fattori che determina l’aumento del prezzo è la diminuzione della produzione, dovuta alla siccità. Il raccolto ci sarà in autunno, ma è la fioritura del riso — che avviene proprio in queste settimane — a determinare la quantità prodotta e dunque già ad agosto ci si farà un’idea. «Al momento le previsioni non sono buone — continua Allasia — e si pensa a una contrazione del 20% del raccolto».
Ma sui prezzi influiscono ovviamente anche i costi di produzione. «Il prezzo dei fertilizzanti è aumentato del 130% — conclude il presidente regionale di Confagricoltura — il costo del gasolio e dell’energia elettrica sono sotto gli occhi. I concimi azotati sono passati da 36 a 100 euro a quintale. Un rincaro del 300% è fuori controllo». (Federica Cravero)
In Lombardia. Anche le mucche soffrono l’afa e nelle stalle cala la produzione
Fa troppo caldo e con le temperature ormai vicine ai 40 gradi e anche oltre, in alcuni casi nella Pianura Padana, il calo della produzione di latte «è di oltre il 20 per cento rispetto al solito», dice Paolo Carra, vice presidente di Coldiretti Lombardia.
«Nonostante gli animali nelle stalle siano ventilati e rinfrescati dalle nebulizzazioni d’acqua, nelle fattorie le mucche sono stressate per il caldo e il calo della produzione del latte è il doppio rispetto a quanto stimavamo a metà giugno (- 10 per cento)».
Gli allevatori lombardi spiegano che per le mucche il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi e che oltre questo limite gli animali mangiano poco, bevono molto (anche oltre 140 litri d’acqua al giorno per ogni mucca, contro i 70 litri dei periodi meno caldi) e producono meno. Con questa situazione, i rincari del latte sono una certezza: «Sugli scaffali i prezzi sono già aumentati tra il 10 e il 15 per cento», conferma Coldiretti Lombardia «non c’è rischio di mancanza di approvvigionamenti ma i prezzi continueranno inevitabilmente a salire, se non già in agosto da settembre e fino a fine anno».
Spiega Paolo Carra: «Gli allevamenti sono messi a dura prova anche perché sono aumentati i costi delle materie prime: frumento, mais, cereali, oltre ai costi energetici». In Lombardia le maggiori filiere produttive coinvolte sono Granarolo, Latte Milano, Santangiolina e Sterilgarda. (Simone Bianchin)
In Emilia-Romagna. Troppe alghe e poco ossigeno. In laguna a rischio l’oro di Goro
Camminano trascinando le barche nella laguna limacciosa, in 1.700: strappano le alghe, le tirano su col rastrello, 100 chili a testa a fine giornata. Da pescatori a spazzini del mare per salvare le vongole nella Sacca degli Scardovari, uno dei paesaggi più suggestivi del Delta del Po.
Un tentativo estremo per non perdere l’oro di Goro, nella laguna ferrarese, la prima realtà produttiva di vongole in Europa. Si stima un danno di milioni di euro, con rincari nell’ordine del 40% (20 euro un chilo di vongole veraci) e consumi in calo del 50% secondo PescAgri-Cia.
Il caldo e le alghe che così proliferano soffocano i molluschi bivalvi, dice Fedagripesca-Confcooperative Emilia-Romagna. Che spiega come la siccità abbia fatto aumentare la salinità delle acque della laguna, passata dal 22 per mille (22 grammi di sale per ogni litro d’acqua) al 30 per mille avvicinandosi molto a quella del mare. In queste condizioni le alghe si moltiplicano, assorbono ossigeno e causano anossia soffocando tutte le forme di vita.
«Il 25 di giugno la centralina fuori Porto Garibaldi segnalava una salinità al 38,84 per mille: incredibile» osserva Vadis Paesanti, pescatore di Goro e vice presidente Fedagripesca. Scuote la testa: «Continuiamo a togliere alghe, per fortuna ora iniziano le giornate della luna e di marea favorevole, che ossigena un po’ di più. Ma viviamo notti insonni: si rischia di perdere tutto». (Ilaria Venturi)
In Puglia. Ortaggi e frutta di stagione. Sul banco rincari a doppia cifra
Il gran caldo, con temperature percepite intorno ai 40 gradi in tutta la Puglia, e la siccità che spacca i campi. La domanda di ortofrutta che sale, e l’inflazione che zavorra i conti dei produttori. Risultato: da queste parti (e non solo) i prezzi di frutta e verdura sono schizzati in media del 20 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
A certificarlo sono i calcoli della Coldiretti regionale. Se in cima alla classifica dei rincari ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole – che risente della guerra in Ucraina, rimarcano dall’organizzazione – sono pomodori, pesche e pere a far registrare un rialzo dei prezzi a doppia cifra fra i prodotti ortofrutticoli.
Qualche esempio: per le tasche dei consumatori le pesche costano il 19 per cento in più. Stesso balzo in avanti per i pomodori, mentre il prezzo delle pere segna un più 17 per cento, finendo comunque nella top ten dei prodotti con i rincari maggiori. «Ma l’aumento dei costi dovuti all’inflazione colpisce l’intera filiera agroalimentare, a partire dalle campagne, dove – sostiene Coldiretti Puglia – più di un’azienda su due rischia di cessare l’attività». (Cenzio Di Zanni)