Emma Bonino: “Non basta sommare i voti, il Pd aderisca al patto repubblicano”

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Senatrice Bonino, il segretario del Pd ha chiamato alla grande alleanza contro la destra. +Europa e Azione risponderanno all’appello?“Le sante alleanze fatte contro qualcuno non mi sono mai piaciute. Vede, battere nelle urne lo schieramento sovranista e reazionario degli amici di Orban e di Putin è il mio obiettivo, ma non basterà la semplice logica del ‘sennò vincono loro’ a sconfiggerli”.

E allora quale dovrebbe essere la logica? E quale il perimetro di un’eventuale coalizione?“Prima del perimetro, bisogna capire obiettivi e contenuti. Se metti tutto insieme con il solo scopo di prevalere sugli altri, poi la gente non capisce bene cosa vuoi fare e pensa che, ancora una volta, ci sarebbe una coalizione che se vince si sfalda un minuto dopo e si torna daccapo”.

Teme il ricrearsi dell’Unione?“Non so cosa abbia in mente esattamente Letta, mi permetto di consigliargli che non è il numero degli alleati ma la chiarezza degli obiettivi di governo e la credibilità dei leader che possono attrarre voti anche da delusi e indecisi, non una sommatoria dove la proposta politica rischia di scolorire. E se posso vorrei ricordargli che nel 2018 in molti collegi uninominali tra quelli strappati a M5s e Centrodestra furono decisivi i voti della sola +Europa, che si concentrarono nelle grandi città del Centro-Nord”.

Oltre a lei e a Calenda, l’idea è coinvolgere tutte le forze che hanno sostenuto il governo, inclusi gli ex ministri di FI, è d’accordo?“Non vorrei essere maleducata, ma ci si deve capire: fino a dieci giorni fa noi, insieme a Calenda, lavoravamo piuttosto isolati a un progetto politico ed elettorale alternativo ai sovranisti, ai populisti e ai loro alleati, che valorizzasse il lavoro di Draghi. Il Pd ha fatto le primarie in Sicilia con il M5S perché, mi spiegavano, dovevano sommare i voti. E io dicevo: superiamo l’aritmetica e parliamo di politica. Va bene che ora le cose sono cambiate, ma noi intanto ci siamo portati avanti”.

Significa che vi proporrete come Terzo Polo e non in alleanza con i democratici e progressisti?“Oggi presenteremo come federazione +Europa/Azione un manifesto per un patto repubblicano su cui far convergere forze politiche ed energie: a partire da questo, se sarà possibile, siamo pronti velocemente ad aprire un confronto. Siamo in contatto anche noi con ministri di Forza Italia che hanno lasciato Berlusconi dopo che il Cav ha scelto di diventare ruota di scorta dei leader più sovranisti e meno liberali d’Europa”.

Se il confronto col Pd darà esito positivo, l’agenda Draghi sarà solo “un punto di partenza”, come sostiene Letta, o dovrà essere il programma della coalizione?“L’agenda Draghi per noi era quella dei prossimi cinque mesi ma anche dei prossimi cinque anni: europeismo e atlantismo, riforme per la produttività, a partire da giustizia e concorrenza, attenzione ai conti pubblici, cioè consapevolezza che gli interventi sociali necessari non possono consistere unicamente in nuovo debito scaricato sui più giovani; salario minimo nel contesto della direttiva europea, autonomia energetica e riconversione ecologica, digitalizzazione, efficienza della Pubblica amministrazione. Mi sembra abbastanza, no?”.

E i diritti?“Draghi si è rifiutato, giustamente, di seguire Salvini nella crociata contro i diritti Lgbti+, Ius scholae e cannabis, ribadendo che sono temi parlamentari: saranno, insieme al fine vita, le battaglie degli eletti di +Europa nella prossima legislatura”.

Ha ragione chi dice che in Senato Draghi abbia fatto un discorso di rottura per farsi mandare via?“Ma va là. Draghi ha detto che era pronto a continuare a fare quello per cui era stato chiamato e stava facendo. Populisti e sovranisti, Salvini, Conte e Berlusconi, hanno fatto calcoli di bottega elettorale e hanno deciso a tavolino di cacciarlo prima del tempo. Spero che gli elettori se ne ricordino”.

A far cadere il governo sono stati i tre partiti più filo-Putin: M5S, Lega e Fi. È un caso o c’è una manina?

“Non so dirle se ci sia una manina. Certamente però non è un caso: tenere a Palazzo Chigi uno dei leader più efficaci nell’opposizione alle derive imperialiste di Putin doveva essere una ragione sufficiente ad arrivare in fondo alla legislatura. A meno che, appunto, si consideri Putin un interlocutore e non un nemico della Ue e dell’Italia”.

Fra voi c’è chi vagheggia il ritorno di Draghi a Chigi. È possibile?“Oggi non ha senso tirare in ballo Draghi per il prossimo governo, rispettiamolo e ringraziamolo per quello che ha fatto e lasciamolo alla guida per gli affari correnti. Diciamo che se +Europa e Azione avranno la possibilità non avranno dubbi sul nome da indicare a Mattarella”.

L’eventuale successo di Giorgia Meloni terrorizza le cancellerie di mezzo mondo, per il New York Times è un pericolo. Condivide?

“Un governo Meloni, l’amica di Orban, della destra spagnola di Vox, nemica di Macron e alleata di Salvini, l’amico di Orban e Putin che diceva di stare meglio a Mosca che nelle capitali europee, sarebbe un cambio drammatico di posizione dell’Italia in Europa. E sia chiaro, non sto demonizzando, sto solo parlando delle politiche esibite e rivendicate, che non potranno essere cancellate da una campagna elettorale in cui cercheranno di parlare d’altro e di dare una immagine diversa”.

Si aspettava che Berlusconi affondasse il governo?“Si è acconciato a fare da junior partner alla Meloni. Su una cosa però sono d’accordo con Letta: la vittoria del duo Salvini-Meloni è tutt’altro che certa. Ma non saranno i minestroni a sconfiggerli”.

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