Ormai non sembrano esserci più dubbi. La pandemia di Covid-19 – che ha finora provocato 567 milioni di casi e oltre 6,3 milioni di decessi – ha avuto origine nel mercato ittico di Wuhan. Nessuna manipolazione e fuga di Sars-CoV-2 dai laboratori di ricerca. L’ipotesi più accreditata trova un’ulteriore conferma in uno studio pubblicato su Science da un gruppo di ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla. “Analizzando le prove disponibili abbiamo avuto conferma che il salto di specie con cui il virus si è fatto largo nell’uomo è avvenuto a partire da animali in vendita al mercato di Wuhan negli ultimi giorni di novembre del 2019”, afferma Kristian Andersen, docente di immunologia e microbiologia e coordinatore dei due studi pubblicati sulla rivista, con cui si fa luce sull’origine della pandemia. In maniera, questa volta, definitiva.
L’inizio della pandemia nel mercato di Wuhan
I ricercatori – il loro studio era stato anticipato già a febbraio – sono giunti a questa conclusione dopo aver ricostruito le coordinate geografiche di 155 dei primi 174 casi censiti e riportati anche nel primo rapporto sulla pandemia stilato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Sebbene i primi contagi siano stati attribuiti a Wuhan, oltre 11 milioni di abitanti distribuiti su una superficie di quasi 8.500 chilometri quadrati, Sars-CoV-2 ha iniziato a circolare in un’area molto più ristretta della città: a ridosso del mercato di Huanan, considerato fin dall’inizio un possibile ‘detonatore’ della pandemia.
Coinvolgendo anche persone che non lo avevano visitato: segno di un passaggio del virus avvenuto da uomo a uomo. Da qui, con il passare delle settimane, Sars-CoV-2 si sarebbe poi diffuso nei quartieri a più alta densità abitativa della metropoli. Un percorso sostenuto dai dati ricavati dal social network Sina Weibo, in quella fase utilizzato dai cinesi esclusivamente per aggiornarsi sull’andamento della pandemia.
All’origine del salto di specie
A dare il la ai contagi, con ogni probabilità, il contatto con alcuni animali venduti vivi nell’area sudoccidentale del mercato di Huanan: come le volpi rosse (Vulpes vulpes), i tassi del maiale settentrionale (Arctonyx albogularis) e i cani procioni comuni (Nyctereutes procyonoides). Mancano i riscontri del contagio sugli animali. Ma le tracce del virus sono state rilevate in una bancarella e in diversi campioni di acqua proveniente da quest’area del mercato. Segno che il passaggio di Sars-CoV-2 nell’uomo è avvenuto qui: a questo punto senza ulteriori dubbi.
Mentre “per andare a fondo dell’origine del coronavirus”, per dirla con Andersen, “occorre definire cosa è accaduto prima che queste specie arrivassero nel mercato di Huanan”. Un passaggio che “non può prescindere da una stretta collaborazione e cooperazione tra i ricercatori di tutto il mondo”, necessaria per trovare conferma all’ipotesi che il microrganismo causa di Covid-19 sia passato dai pipistrelli agli selvatici: per un contatto in natura o in allevamento. E da qui, all’uomo.
Due i lignaggi “iniziali” di Sars-CoV-2
I salti di specie, in realtà, sarebbero stati due. A confermarlo un altro lavoro apparso sempre su Science e firmato da un gruppo di virologi e biologi evoluzionisti. Analizzando i dati genomici relativi ai primi casi di infezione, i ricercatori sono giunti alla conclusione che i primi contagi siano in realtà da attribuire a due diversi lignaggi di Sars-CoV-2. Un primo salto di specie avrebbe coinvolto il lignaggio B: nel periodo compreso tra il 23 ottobre e l’8 dicembre 2019. Il passaggio nell’uomo del lignaggio A, invece, si sarebbe registrato poche settimane più tardi. Ovvero alla vigilia della chiusura del mercato ittico di Wuhan, avvenuta il primo gennaio 2020. Risultati che, secondo gli autori del lavoro, portano a ritenere “improbabile che il coronavirus circolasse già tra gli esseri umani prima di queste date”. E da cui si evince che “la pandemia è con ogni probabilità il risultato di diversi eventi zoonotici registrati a breve distanza di tempo”.