“La destra al 60%”: lo scenario da incubo che spaventa il centrosinistra

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ROMA – Più che proiezioni, uno scenario da incubo. Sta tutto in alcuni dati informali che circolano tra il Nazareno e le segreterie di Verdi, Sinistra Italiana, Articolo Uno e i centristi. Dicono che oggi, a bocce ferme e proiettando i numeri delle ultime tornate elettorali, il listone di Enrico Letta – senza alleanze con Calenda e i grillini – potrebbe conquistare tra i 19 e i 21 collegi dei 147 disponibili alla Camera. Undici su 74 al Senato. Significa che il centrodestra può ambire a conquistare l’85% dei seggi nell’uninominale. E significa anche che sommando questo bottino al 40% dei seggi della quota proporzionale – una cifra ben al di sotto delle stime degli attuali sondaggi – la coalizione sovranista potrebbe raccogliere il 56-57% del totale degli scranni in Parlamento.

Entriamo ancora meglio nel dettaglio, prima di spiegare come il Pd potrebbe ribaltare queste fosche proiezioni. Innanzitutto, come si arriva alla cifra del 57%? Prendiamo la Camera. Se i dem si fermano a 21 collegi (e l’Svp ne conquista altri due), la destra otterrà 124 deputati nell’uninominale. Con il 40% nel proporzionale, porterà a casa almeno altri 98 scranni sui 245 a disposizione. A questi vanno infine aggiunti 3 eletti all’estero (in tutto alla Camera sono 8). Si arriva così a 225 deputati su 400: il 56,25% del totale. La maggioranza assoluta. Un incubo, appunto. E questo non dando per buone le attuali rilevazioni demoscopiche, che attestano la destra attorno al 47%. In questo caso, conquisterebbe 115 nel plurinominale e 242 scranni in tutto: il 60,5%. Un’Italia dal sovranismo integrale.

Una parentesi, a questo punto: le stime si fondano, come detto, sui risultati delle ultime tornate elettorali. Alcune, come le politiche del 2018, appartengono a un’altra era geologica. E poi c’è il “vento”, quello che in campagna elettorale cambia repentinamente direzione e determina fortune e disfatte clamorose. Alcune circostanze, però, sembrano difficili da invertire. In diverse aree del Paese – in particolare nel Nord-Est leghista e al Sud i sovranisti partono con vantaggi importanti, spesso attorno al 15%. E però in molti altri contesti la partita non è chiusa.

Roberto Speranza leader di Articolo 1 Il listone del Pd, sempre secondo queste stime in mano alle segreterie – che divergono di poco da quelle pubblicate da YouTrend il 22 luglio – è capace di competere soprattutto nelle grandi città: Roma, Milano, Napoli, Firenze, Bologna, Genova, Torino. Qualcosa potrebbe raccogliere anche in provincia di Salerno, in alcune zone della Romagna, nel territorio di Reggio Emilia. Ma il salto in avanti potrebbe arrivare grazie all’alleanza conCarlo Calenda,Emma BoninoeBenedetto Della Vedova, di cui si parla in queste ore.

I numeri, di nuovo, per comprendere. L’eventuale accordo con Azione e +Europa avrebbe un triplice effetto. Primo: consoliderebbe i 21 collegi cittadini in cui il Pd parte in vantaggio, blindadoli grazie alla forza di Calenda nelle aree urbane. Secondo: permetterebbe la conquista di 5 ulteriori seggi uninominali alla Camera e 3 al Senato. Terzo: renderebbe seriamente contendibili altri 9 collegi a Montecitorio e 6 a Palazzo Madama. Dove? In alcune aree metropolitane, lungo la dorsale tosco-emiliana, in Liguria, forse in alcuni uninominali lombardi come Brescia. Da valutare invece se un patto del genere farà guadagnare consensi nella quota proporzionale di Pd, Azione e +Europa (oltreché complicare l’intesa con Verdi e Sinistra italiana). Di certo, accrescerebbe la percezione di competitività dell’alleanza, avvicinando l’obiettivo numero uno: evitare che la destra ottenga la maggioranza assoluta, o comunque permettere loro di superare la soglia dei 200 deputati solo di poche unità.

La battaglia del Sud, invece, sembra compromessa. E questo a causa della frattura insanabile con il Movimento. Il Pd alleato dei 5S – e senza Calenda – passerebbe secondo le stime da 21 a 45 collegi della Camera nel Mezzogiorno. Ma pagherebbe un prezzo per l’alleanza nel proporzionale. I grillini in solitaria, in ogni caso, sono accreditati oggi a un desolante zero nella quota uninominale. Allo stato, sarebbe contendibile soltanto un seggio pugliese nel tarantino e uno, forse, nel napoletano. Anche Calenda, d’altra parte, presentandosi da solo non raccoglierebbe neanche un seggio nel maggioritari

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