A una settimana esatta dallo strappo di Lega e Forza Italia al Senato che ha portato alle dimissioni di Mario Draghi e a meno di due mesi dalle elezioni, Giorgia Meloni, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini si incontrano oggi per il primo vertice che la coalizione, favorita nei sondaggi, tiene da mesi. L’ultimo incontro ufficiale risale al 17 maggio scorso. Ad Arcore, i tre si ritrovarono per la prima volta dopo la drammatica rottura consumata a fine gennaio sul Mattarella bis (FI e Lega a sorpresa votarono a favore, FdI contro). In quella occasione non bastarono i due quadri raffiguranti la Madonna regalati dal Cavaliere a portare la pace tra gli alleati, che alla fine si presentarono divisi in cinque capoluoghi di provincia alle amministrative, con FdI che protestava per il mancato accordo (che ancora non c’è, per la verità) sulla ricandidatura del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci.
Ma con il mancato voto di fiducia a Draghi di Lega e FI, lo scenario politico è cambiato radicalmente. I partiti del cosidetto “centrodestra di governo” – ci sono anche i centristi di Noi con l’Italia e Udc – si sono ricompattati con FdI, rimasta all’opposizione per tutti i 17 mesi di governo di unità nazionale. E il vertice di oggi deve essere quello decisivo per un accordo su alcuni punti fondamentali sui quali costruire l’alleanza per presentarsi alle elezioni del 25 settembre. I nodi da risolvere, anche spinosi, non mancano, ma a rinforzare la volontà di trovare un equilibrio ci sono soprattutto i risultati dei sondaggi che danno la coalizione intorno al 45% e risultati senza precedenti nell’attribuzione dei seggi. Secondo una ricerca dell’Istituto Cattaneo alla Camera su 147 seggi solo 42 andrebbero al Pd e alleati, senza il contributo del M5s, 18 al Senato su 74. La chiave è però in un centrodestra unito. Il vertice segnerà anche il ritorno di Berlusconi nei palazzi della politica, dai quali manca dalle consultazioni per la formazione del governo Draghi. La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha infatti preteso e ottenuto che l’incontro si tenesse in un “luogo istituzionale”, come è Palazzo Montecitorio, anzichè in una residenza privata di Berlusconi, come avviene da decenni. E anche questo è un segnale del nuovo corso che vuole dare a un’alleanza a chiaro traino FdI.
Premiership
È il principale tema di discussione tra alleati. Meloni chiede che sia mantenuta la regola che sia il partito che ha ottenuto più voti alle elezioni a dover indicare il nome del premier. E’ un principio storico del centrodestra, sancito quando Forza Italia era il primo partito. Da FdI, quindi, si chiede “pari dignità“. Dopo mesi di competizione interna per la leadership del centrodestra, con la Lega a più di dieci punti sotto FdI nei sondaggi, Salvini nei giorni scorsi si è detto d’accordo con Meloni nel rispetto della regola. Forza Italia, invece, cerca di prendere tempo. “Io non riesco ad appassionarmi a questo problema, e non credo appassioni gli italiani. Del resto non mi pare che i nostri avversari abbiano indicato un candidato premier. Perché questa pressione su di noi?”, ha detto infatti Berlusconi nei giorni scorsi.
Collegi uninominali
FdI chiede, come ha sottolineato il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida, di avere circa il 50% dei collegi. L’obiettivo è di replicare il metodo usato nel 2018, quando gli alleati si trovarono attorno a un tavolo, ognuno con il sondaggio commissionato a un istituto di fiducia e decisero le quote in base alla media dei tre studi. Una volta confermato il metodo – ha precisato FdI – non è escluso che da parte nostra non ci siano aperture, gesti di generosità per esempio su alcuni collegi da attribuire ai centristi. Nel 2018 si divisero i collegi in sei fasce in base alle possibilità di vittoria – ricorda un dirigente – e si ripropose la quota proporzionale di ogni partito in ciascuna fascia. Alla divisione dei collegi in proporzione ai sondaggi si oppongono, però, Lega e FI, che chiedono invece che si faccia una media tra i sondaggi e il dato storico di ciascun partito.
Il voto in Sicilia
In autunno si dovrebbe votare in Sicilia, e Nello Musumeci dovrà decidere nelle prossime ore se in election day con le politiche del 25 settembre. Manca ancora l’accordo di tutto il centrodestra sulla ricandidatura del governatore vicino a FdI ed è in particolare Forza Italia a frenare con il commissario Gianfranco Miccichè. Il partito di Meloni porrà anche questa questione sul tavolo del vertice di oggi. FdI ha più volte minacciato nei mesi scorsi che se gli alleati metteranno in discussione Musumeci, allora salterà il principio della ricandidatura degli uscenti, ponendo in dubbio il sostegno al leghista Attilio Fontana alle regionali lombarde in programma a primavera del 2023. Sulle regionali c’è molta tensione. In Lombardia alcuni esponenti del centrodestra spingono per lo scioglimento anticipato del Consiglio per consentire di votare in election day con le politiche. Ma Salvini e Fontana hanno smentito questa ipotesi. Mentre la vice di Fontana, Letizia Moratti, ha confermato di volersi candidare e pretende un “chiarimento” dai partiti del centrodestra.
Programma elettorale
Sembra questo, al momento, il punto meno divisivo della discussione, avendo i tre partiti molti punti programmatici in comune. Fanno eccezione alcune battaglie identitarie, come l’autonomia per i leghisti, che potrebbe incontrare resistenze in FdI. Berlusconi ha riferito di aver già scritto un “programma di governo avveniristico” da sottoporre agli alleati. Tra i punti citati, l’innalzamento delle pensioni minime a mille euro, la piantumanzione di un milione di alberi, oltre a temi tradizionali come la flat tax, il taglio del cuneo fiscale. Per i leghisti è fondamentale un’operazione di pace fiscale sulle cartelle esattoriali fino a 10mila euro. “C’è il tema dell’assetto istituzionale italiano e di una riforma in senso presidenziale: dal presidenzialismo e da un rapporto diretto tra governo e cittadini dipende anche la possibilità di fare tutte le altre grandi riforme”, ha risposto Meloni a chi le chiedeva le priorità di governo per FdI. “Poi ci sono i temi economici: sostegno all’economia reale, a chi vuole lavorare, alle aziende che assumono. E c’è ovviamente tutto il tema sociale che va dagli anziani, ai giovani, ai nuovi poveri. Ormai non esiste più un ceto medio e una forza sociale come la nostra non può fingere di non vedere”, ha detto la leader di FdI.
Europeismo e atlantismo
I tre principali partiti sono divisi su questo tema e hanno storicamente tre collocazioni diverse al Parlamento europeo. FdI co-presiede i Conservatori europei; la Lega aderisce al gruppo euroscettico Identità e democrazia; FI è da anni colonna del Popolari europei. Berlusconi ha più volte sottolineato che si farà garante del mantenimento della coalizione sui binari stretti dell’europeismo e dell’atlantismo. Ma i rapporti della Lega di Salvini con la Russia di Vladimir Putin, i legami di Salvini e Meloni con l’ungherese Viktor Orban, e i conservatori polacchi del Pis, saranno oggetto di una campagna elettorale che si presume vedrà correre contro il centrodestra una formazione costruita attorno all’agenda Draghi, europeista e anti-sovranista.