Meloni impone la linea: premier a chi ha più voti. A FdI vanno 98 collegi

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ROMA – Passa la linea Meloni: chi prende più voti indica il premier. Quattro ore di vertice del centrodestra ieri a Montecitorio. Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi riuniti per stabilire le regole per le prossime elezioni: come nel 2018 ogni coalizione si presenterà da sola, col proprio simbolo, all’estero invece ci sarà un’unica lista unitaria. Matteo Salvini ufficializza l’accordo al Tg5 delle 20, quando la riunione è ancora in corso. Va come voleva la leader di Fratelli d’Italia, che svetta nei sondaggi: “Non c’è alleanza se non c’è condivisione sul premier”, aveva minacciato nei giorni scorsi. È una sorta di incoronazione. Poi, nel corso della sera, lo scontro esplode sulla ripartizione dei collegi: l’altra partita. Berlusconi contesta la proposta – sostenuta da Fratelli d’Italia – di dividere i collegi uninominali in maniera proporzionale ai principali sondaggi. L’istinto del Cavaliere gli fa dire: “Ora i sondaggi mi danno al dieci per cento, ma con la campagna elettorale posso arrivare al venti”. Momenti di tensione. Alle ore 22 l’intesa: “A Fratelli d’Italia vanno 98 collegi, 70 alla Lega, 42 a Forza Italia, compreso l’Udc, e 11 a Noi con l’Italia più Coraggio Italia. “Trovata miracolosamente la quadra”, commenta Giancarlo Giorgetti.

Meloni pensa alla squadra

Giorgia Meloni pensa già alla squadra di palazzo Chigi. La sua idea è quella di proporre ministri presentabili in Europa, un governo di volti competenti. Ma allo stesso tempo punta a costruire un gruppo di parlamentari fedelissimi. Almeno cento uomini di partito legati a lei da antica consuetudine, comunanza di militanza e indefettibile fedeltà alla causa. Ed è con questa dicotomia che intende governare il Paese. Che la destra fiuti la vittoria si avverte anche nei toni usati alla Camera durante il blitz anti migranti tentato mentre si discute del decreto legge semplificazione: leghisti e meloniani alzano pesantemente i toni, antipasto di quel che attenderà verosimilmente il Paese.

Il vertice di centrodestra

Ore 17,10, Silvio Berlusconi è l’ultimo ad entrare alla Camera, su una macchina con i vetri oscurati. Con lui Antonio Tajani, Licia Ronzulli, e Sestino Giacomoni. Giorgia Meloni, accompagnata da Ignazio La Russa e dal capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, e Matteo Salvini, coadiuvato da Giancarlo Giorgetti e Roberto Calderoli, sono già lì. Nella sala Salvadori, sede dei gruppi della Lega, entrano anche il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, leader di Coraggio Italia; i centristi Maurizio Lupi e Alessandro Colucci di Noi con l’Italia; Antonio De Poli per l’Udc. Berlusconi non metteva piede a Montecitorio dal febbraio 2021, quando venne per incontrare Mario Draghi che si apprestava a chiedere la fiducia. È la prima volta che i leader si vedono in una sede istituzionale (lo ha chiesto Meloni), dopo che gli altri incontri si erano svolti Villa Grande, la magione sull’Appia di Berlusconi, un tempo di proprietà del regista Zeffirelli.Il clima nella prima parte è cordiale. Poi le divergenze sui collegi. A un certo punto la tensione è così alta che si decide una sospensione di mezz’ora. Non c’è l’accordo sull’algoritmo per la suddivisione dei posti e le quote da assegnare ai partiti, anche quelli più piccoli. Salvini se ne va alle 20. È il compleanno della fidanzata, Francesca Verdini. Alle 21 – il vertice dura da tre ore – anche Berlusconi toglie il disturbo, andandosene mano nella mano con Marta Fascina. Salvini indica quale sarà il programma: “Quota 41 sulle pensioni; flat tax al 15 per cento, estesa anche ai lavoratori dipendenti; bloccare gli sbarchi di migliaia di migranti che stanno arrivando: l’ho già fatto da ministro, lo farò ancora. I soldi per azzerare la Fornero ci sono, quelli della flat tax li prendiamo con la pace fiscale. Alle 22,15 la nota congiunta dà forma al patto: “La coalizione proporrà quale premier l’esponente indicato da chi avrà preso più voti. Trovata l’intesa per correre insieme nei 221 collegi uninominali”. “Oggi è un giorno importante per la politica italiana perché Berlusconi e Salvini hanno deciso di consegnarsi nelle mani della Meloni”, ha commentato Enrico Letta.

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