MILANO – Giorgia Meloni parlando in direzione nazionale, ieri, ha avvertito tutti: “Se qualcuno pensa di potere avere comportamenti sotto le nostre insegne che consentono alla sinistra di dipingerci come nostalgici da operetta quando noi stiamo costruendo un grande partito conservatore, sappia che ha sbagliato casa e che lo tratteremo come merita: uno che fa gli interessi della sinistra, e dunque un traditore della nostra causa”. Un messaggio in realtà rivolto sia all’esterno sia all’interno. La leader di Fratelli d’Italia si appresta a portare in Parlamento una “falange” di fedelissimi, gente affidabile e mediamente accorta, che l’ha seguita sin da quando FdI era il partito minore del centrodestra. Persone che adesso hanno ben chiaro in mente qual è la partita in gioco e quindi coscienti che occorrerà rigare dritto, specie su tematiche sensibili come il rapporto con una certa nostalgia. Il riferimento alla categoria del “tradimento”, peraltro, richiama anch’essa retoriche e liturgie del passato, ma questo è un altro discorso.
Intanto, va detto che sono sei le persone che contano davvero nel partito. Dopo lei, ovviamente. E che in questi giorni si occuperanno (anche) delle candidature, vagliando nome per nome e anche storia per storia i papabili. Non in ordine di importanza, ma alfabetico, sono Guido Crosetto, che fu il primo coordinatore nazionale del partito, un ex democristiano diventato il volto rassicurante – perlomeno, questa è la fama – del melonismo; Giovanni Donzelli, deputato fiorentino, agitatore e polemista di professione, si era fatto le ossa come capo della juniores del Popolo della Libertà, Giovane Italia, oggi responsabile dell’organizzazione; Giovanbattista Fazzolari, senatore, responsabile del programma di FdI, già capo della segreteria di Meloni quando lei era ministro della Gioventù con Silvio Berlusconi; Ignazio La Russa, unico colonnello di An rimasto in sella, un mastino delle trattative con gli alleati, conoscitore di pregi e difetti dei colleghi di coalizione; Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera, cognato di Meloni (è sposato con Arianna Meloni) e legato alla presidente del partito da una lunga militanza; infine Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera dei deputati, ai tempi animatore della “eretica” comunità dei Gabbiani, sezione missina di Colle Oppio, laddove crebbe politicamente e non solo Meloni.
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Del vecchio Msi-An, FdI ha ereditato quel minimo di radicamento territoriale e ideale oggi fondamentale per (ri)portare in Parlamento eletti dalla comprovata fedeltà. Dal Piemonte: Andrea Del Mastro, avvocato e responsabile Giustizia del partito, segretario della fondazione An; poi la deputata Augusta Montaruli, fan di Evita Peron, e gli assessori regionali Maurizio Marrone (ex marito di Montaruli) ed Elena Chiorino. In Lombardia ci sarebbe l’eurodeputato Carlo Fidanza, persona di grande fiducia di Meloni, però l’anno scorso è incappato nel caso delle braccia tese e quindi lasciato a bagnomaria negli ultimi mesi. Senza dimenticare Daniela Santanché, e i deputati Marco Osnato (cognato di Romano La Russa, fratello di Ignazio) e Paola Frassinetti. Nel nordest in quota fedelissimi ci sono i deputati Luca De Carlo e Ciro Maschio, il consigliere regionale Raffaele Speranzon, oltre a Federico Sboarina, l’ex sindaco di Verona andato a sbattere il mese scorso contro il centrosinistra. In Liguria scalpitano il coordinatore regionale Matteo Rosso e l’assessore Gianni Berrino. In Emilia-Romagna l’uomo di riferimento è Galeazzo Bignami, incappato anni fa nello spiacevole episodio di un suo travestimento da nazista, svastica al braccio, foto poi finita sui social. I presidenti di Regione della fiamma tricolore Francesco Acquaroli (Marche) e Marco Marsilio (Abruzzo) avranno modo di dire la loro e indicare nomi, mentre nel Lazio c’è il cuore pulsante della storia e del presente di FdI. Isabella Rauti, Mauro Rotelli, Paolo Trancassini deputato e rinomato ristoratore, la consigliera regionale del Lazio Chiara Colosimo, solo per citare qualcuno. In Campania ci si azzuffa un po’, la certezza però è Edmondo Cirielli. In Puglia Raffaele Fitto – presidente del gruppo Ecr, i conservatori europei – e Marcello Gemmato. In Calabria Wanda Ferro e di sponda il deputato europeo Vincenzo Sofo, coniugato Marion Maréchal (Le Pen) e arrivato con una certa previdenza dalla Lega. In Sardegna il riferimento è Salvatore Deidda. In Sicilia l’assessore regionale Manlio Messina, Salvo Pogliese sindaco di Catania e Carolina Varchi vicesindaca di Palermo. Pretoriani nei tempi di magra e di ostracismo, a maggior ragione oggi che le cose vanno decisamente bene.