Una mano ha aperto il rubinetto umano della Cirenaica. Dalle coste della Libia sotto il controllo delle milizie del generale Haftar supportate dai mercenari russi del Gruppo Wagner stanno partendo molti più migranti rispetto agli ultimi due anni. Salpano da due zone in particolare – i litorali nei pressi dei porti di Derna e di Tobruk – che erano “dormienti”. Sembravano blindati e, invece, come raccontano i profughi a chi li soccorre in mare, sono tornati a essere hub per i trafficanti. “La Libia – ragiona con Repubblica una fonte qualificata dei nostri apparati di sicurezza – è un cannone puntato sulla campagna elettorale: l’immigrazione è forse l’arma più potente per chi ha interesse a destabilizzare e, dunque, a interferire sul voto di settembre”.
I nostri servizi di intelligence avevano lanciato il primo alert già poche settimane dopo l’inizio della guerra in Ucraina: il Cremlino può utilizzare la sua influenza in Cirenaica per aumentare le partenze dei richiedenti asilo. A giugno un nuovo alert, più circostanziato. Negli ultimi giorni, in concomitanza con la crisi del governo Draghi, i segnali raccolti dal terreno non hanno lasciato più dubbi. Il rubinetto è stato aperto. E a beneficiarne sarà chi cerca il consenso sventolando di fronte agli elettori lo spauracchio dell’invasione dei migranti: in primis, Matteo Salvini.
Dalla Cirenaica, la regione orientale del Paese nordafricano, hanno ricominciato a partire i barconi, vecchi pescherecci di legno che galleggiano a malapena caricati con cinquecento-seicento persone alla volta. A fare rotta verso le coste siciliane non è soltanto la disperazione di chi fugge da conflitti, fame e persecuzioni, ma anche la volontà politica di chi, attraverso quei barconi, intende mettere sotto pressione l’Italia e l’Europa. La Russia di Putin, di sicuro: con almeno duemila mercenari (secondo alcune fonti non ufficiali, gli uomini della Wagner in Libia sono cinquemila) presidia quattro basi militari nel territorio del governo non riconosciuto di Tobruk (Brak al Shati, Jufrah, Qardabiyah e Al-Khadim) e consente ad Haftar di rimanere saldo al potere. Ma, vedremo, non solo la Russia.
“Una faccia, una razza”. FdI e il patto di ferro con i franchisti di Vox
di
Paolo Berizzi
Gli sbarchi in Italia dall’inizio dell’anno sono 38.778, contro i 27.771 di tutto il 2021 e i 12.999 del 2020 in piena pandemia. Dopo i dati in ribasso di febbraio e marzo scorsi, l’impennata sospetta ad aprile e maggio, proseguita a giugno e luglio. “Siamo partiti da un porticciolo vicino al confine con l’Egitto”, ha riferito sei giorni fa un ragazzo soccorso su un barcone, individuato a 124 miglia dalla Calabria dalla Guardia costiera italiana. Con lui c’erano 674 profughi: siriani, egiziani e palestinesi. Cinque erano morti di stenti e di sete. A Lampedusa, tra domenica e martedì sono arrivati 72 gommoni dalla Libia e dalla Tunisia. E sulla rotta est, dalla Turchia, si contano sinora diecimila ingressi. In aumento.
A complicare la situazione sul terreno libico è ciò che vi sta sotto: giacimenti di petrolio tra i più ricchi al mondo. Insieme con l’Egitto, nell’ultimo biennio la Russia ha potuto garantire, complice il Covid, flussi migratori ridotti in uscita dalle zone orientali. La crisi in Ucraina, tuttavia, ha cambiato le carte in tavola. Dopo mesi di muro contro muro, per la prima volta c’è stato l’avvicinamento tra il primo ministro insediato a Tripoli, Abdul Hamid Dbeibah, e il generale Haftar, propiziato – spiegano gli analisti – dalla convenienza a gestire insieme la National Oil Corporation (Noc), la società che possiede i pozzi. Nel giro di quattro giorni la produzione quotidiana è più che raddoppiata: da quattrocentomila a un milione e centomila barili. Che relazione ha questo con l’Italia?
Da un lato una parte dei miliziani di Haftar vede l’avvicinamento con le autorità di Tripoli come fumo negli occhi e ha reagito allentando la stretta sui porti di partenza dei migranti. Dall’altro, c’è chi negli apparati di sicurezza libici non ha preso bene le ultime mosse del Partito democratico. In Parlamento, mercoledì, il Pd ha votato contro il rinnovo dei finanziamenti per il monitoraggio dei confini marittimi, poco meno di 12 milioni di euro fino al 31 dicembre 2022. Una notizia passata quasi sotto silenzio in Italia ma che ha avuto grande eco oltre mare, soprattutto tra chi fa affidamento su quel denaro. In sostanza, e in sintesi: un governo di destra in Italia, oggi, fa comodo non solo al Cremlino, ma anche al nuovo assetto di potere che si sta costruendo in Libia. Dove, forse per la prima volta, il nostro Paese non ha più un ruolo: la partita la stanno giocando la Russia di Putin, la Turchia di Erdogan, l’Egitto di Sisi e, in sordina, la Francia di Macron.