ROMA – Vogliono riscrivere il Piano nazionale di ripresa e resilienza di Draghi. Riorientare alcune scelte, accantonare investimenti che arrancano, chiedere di finanziare più infrastrutture energetiche, anche a costo di rallentare un po’ la transizione verde. Ecco la grande sfida del centrodestra a trazione FdI: il progetto dichiarato di presentare alla Commissione europea una proposta “per la revisione del Pnrr in funzione delle mutate condizioni, necessità e priorità”. Non vuol dire buttare a mare il piano ma aggiustarlo, assicurano dal partito di Giorgia Meloni. Il “pieno utilizzo” degli oltre duecento miliardi europei è un proposito scritto nero su bianco nel programma di centrodestra. Gli spazi per intervenire, nella serrata tabella di marcia del contratto firmato con l’Ue, sono però assai stretti. «È una follia pensare di riscrivere il piano», dice chi ha seguito il dossier per il governo uscente e verificato la pignoleria degli interlocutori a Bruxelles. «È un errore, una follia, ci vorrebbero almeno quattro se non sei mesi», dichiara il Dem Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari Ue. Si rischiano 20 miliardi a semestre.
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Sono 55 gli obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre per ottenere 21,8 miliardi dall’Ue, 27 entro il 30 giugno 2023 per incassare altri 18,4 miliardi, ben 69 nella seconda metà del prossimo anno per 20,7 miliardi. E così via, di semestre in semestre, fino a fine 2026. Il Pnrr è in gran parte ancora da conquistare: incluso l’anticipo, finora Bruxelles ha staccato assegni per 66,9 miliardi su 191,5. Il premierMario Draghiha detto di voler portare a termine prima del passaggio di consegne tutti i 55 obiettivi previsti entro dicembre, per evitare che nel cambio di governo si possa restare indietro. È un lavoro enorme: vorrebbe dire ad esempio scrivere tutti i decreti attuativi della riforma della concorrenza, inclusa la delega sulle concessioni balneari con le regole, indigeste al centrodestra, per far partire le gare nel 2024 e fissare gli indennizzi. Il leghistaGian Marco Centinaioha già auspicato che sia il prossimo governo a scrivere decreti “friendly” per i gestori, magari spostando le gare. «Vedremo, gli uffici stanno lavorando — dice il sottosegretario Fi Gilberto Pichetto Fratin — su alcuni aspetti servirà ancora confronto».
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Ma il partito di Meloni, che sul Pnrr di Draghi si è astenuto e sui balneari ha votato contro, già guarda al dopo. «Abbiamo le idee chiare — ha detto la senatrice Isabella Rauti — recuperare i ritardi accumulati e rispettare l’attuazione delle riforme richieste, ma insieme rivedere il Recovery plan alla luce dell’aumento del costo della vita e del caro energia». I ritardi sono già realtà, non un rischio, secondo i meloniani: «Al 31 dicembre 2021 risultavano spesi 5 miliardi su 15 e l’Ance dice che oltre il 70% dei progetti non è più adeguato ai costi delle materie prime», non si stanca di ripetere l’eurodeputatoRaffaele Fitto. In casa FdI sono però bene attenti a dire che non è loro intenzione «buttare tutto al macero». Aggiustare le riforme, non bloccarle. Rivedere gli investimenti. «Niente di eversivo — spiega Fitto — la proposta lanciata da Meloni si basa sui regolamenti europei, sull’articolo 21», che permette di presentare alla Commissione richiesta motivata di modificare o sostituire gli obiettivi del piano. «Ma sui costi delle materie prime siamo già intervenuti — obietta Amendola — e se vogliono cambiare il piano devono rinnegare quello di Draghi, firmato da Lega e FI, aprire un negoziato con la Commissione e, in caso di accordo, ottenere il via libera del Consiglio. In quei mesi, l’Italia si esporrebbe a perdere le rate programmate». Ma non solo. Anche il nuovo scudo anti-spread della Bce è condizionato al rispetto della road map Pnrr.I meloniani ribattono che non ci saranno problemi, che sui ritardi il regolamento Ue dà un margine di sei mesi. E non hanno dubbi: la revisione s’ha da fare. In concreto non anticipano dettagli, spiegano, per non aprire fin d’ora una discussione assai delicata. Si limitano a dire che il Pnrr è nato in tempo di Covid e poi è arrivata la guerra: le emergenze ora sono energia e inflazione. L’idea ricorrente, come conferma anche Pichetto Fratin, è destinare risorse alle infrastrutture energetiche, non previste in principio dal Pnrr. E ridiscutere le priorità, anche se potrebbe andare a discapito di alcuni investimenti in Transizione verde e digitale, per le quali il Pnrr fissa quote precise. Ma sul percorso Ue di svolta Green in casa centrodestra hanno molte riserve, non è un mistero: il pacchetto Fit for 55 per il passaggio alle auto elettriche — è la tesi — rischia di favorire la Cina, il Paese più inquinante. Più in generale già ad aprile dalla convention FdI di Milano Meloni aveva invitato Draghi a ridiscutere le priorità Pnrr per «tenere in equilibrio la sostenibilità ambientale con quella sociale». Che sia possibile farlo senza perdere decine di miliardi, è la tesi tutta da dimostrare.