SENIGALLIA (ANCONA) – Giovanni Legnini, lei è commissario per le quattro regioni che nel 2016 subirono un devastante terremoto. Tra queste, le Marche. Che cosa l’ha colpita, oggi, dell’alluvione nelle province di Ancona e Pesaro?
«Sono tornato a riflettere sul perché fenomeni naturali antichissimi oggi si siano fatti così minacciosi e producano effetti disastrosi».
Perché, quindi, oggi le alluvioni fanno più vittime e più danni?
«I cambiamenti climatici accrescono notevolmente il livello e la frequenza del rischio. È diventato obbligatorio un approccio di governo nuovo rispetto a queste tragedie. La parola chiave è prevenzione».
Prevenzione e mitigazione del rischio. La Procura di Ancona sta indagando proprio su questo: il grande ritardo dei lavori sul torrente Misa non ha consentito di prevenire né di mitigare.
«La lentezza dei lavori è la grande questione delle opere pubbliche in questo Paese. Il ciclo che va dall’idea al finanziamento, quindi al progetto, all’assegnazione dei lavori, al collaudo è insostenibilmente lunghissimo. Quando questa lentezza si misura con un’alluvione si trasforma in tragedia. I fiumi devono tornare a fare i fiumi e non i portatori di morte».
Giovanni Legnini
Molti lavori sono contestati per il loro impatto.
«Si può intervenire con un’ingegneria ambientale avanzata, si può coniugare rispetto e messa in sicurezza e fermare una volta per tutte il conflitto tra la cultura ambientalista e quella interventista».
Come?«Il primo passo è fermare l’urbanizzazione dei territori. Si è costruito dove non si doveva, dobbiamo iniziare a spostare attività produttive ed edifici residenziali. In molti territori delocalizzare è una necessità. L’ultimo rapporto Ispra ci indica non solo i Comuni italiani a rischio e con quale grado, ma la situazione edificio per edificio. È possibile programmare un’importante opera di prevenzione. Il prossimo governo deve finanziare una grande delocalizzazione programmata».
I primi a non volersi spostare sono i proprietari di case cresciute sopra territori a rischio.
«È il problema più importante. Le persone devono essere informate con precisione, spesso non sono consapevoli del pericolo che corrono. E poi devi aiutarle a trasferirsi senza costi. Sono operazioni dolorose e costose, ma necessarie. Noi lo stiamo facendo a Pescara del Tronto, nelle frazioni di Accumoli, in diversi comuni marchigiani terremotati. Si delocalizza e punto».
Intende virare il superbonus su questo progetto di sicurezza del territorio italiano?
«Il bonus sisma e l’ecobonus sono state felici intuizioni, adesso il nuovo Parlamento dovrà fare del superbonus, il “110 per cento”, il cardine di un’operazione nazionale di messa in sicurezza dei fabbricati ad alto rischio sismico e alluvionale. Sostenere il cittadino in pericolo per ricollocarlo altrove. La nostra pratica sulla ricostruzione post-terremoto ci dice che è possibile».
Lei ha poteri speciali.
«Certo, e per gli interventi per la sicurezza del territorio serviranno procedure speciali, è inutili girarci intorno. Parlo di strumenti derogatori, non di commissari, che ce ne sono già troppi. Senza togliere a soprintendenze e istituti di tutela ambientale le loro prerogative, bisogna concentrare le decisioni in riunioni che tengono tutti dentro e chiedere pareri motivati in tempi certi. Si può accorciare a dodici mesi il tempo che trascorre tra l’idea e il cantiere. Lo si fa già per attuare il Pnrr. L’ho scoperto sulla mia pelle: ho fatto 36 ordinanze in deroga, metà volano, altre, contestate, hanno tempi simili a quelle ordinarie. Sono riuscito a far partire lavori dopo il terremoto di Ischia che, per vincoli e abusivismo diffuso, avrebbero atteso anni e anni».
Il palinsesto elettorale non sta offrendo visibilità all’ambiente.
«La questione ambientale è la priorità, ha così tante ed evidenti declinazioni che la politica non potrà più prescinderne. I fatti ci porteranno lì».
Diversi cittadini con i loro comportamenti irresponsabili contribuiscono a far crescere il livello delle tragedie.
«Non me la sento di colpevolizzare i comportamenti individuali, ma, certo, chi decide di correre un rischio su un piano normativo non deve essere messo alla pari di chi quel rischio contribuisce a evitarlo».