Kiev: “Con i referendum-farsa mai più negoziati con Mosca”. E chiede missili a lungo raggio

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KRAMATORSK – “Per noi i referendum farsa per l’annessione non cambieranno nulla”, dice l’ufficiale delle forze ucraine, “andrà avanti tutto come prima, come se non fossero successi. Del resto qui adesso secondo Putin saremmo in Russia, no?”. Siamo a Kramatorsk, capitale del Donbass non occupato dai soldati russi che – se il referendum sull’annessione fosse preso sul serio – tra una settimana diventerà una regione russa, sulle mappe di Mosca.

L’ufficiale ucraino comanda un reparto impegnato in modo attivo sul fronte di Lugansk e preferisce non pubblicare nome e cognome perché non è stato autorizzato a fare dichiarazioni, ma tanto quello che dice è in linea con la posizione del governo e dell’esercito di Kiev. Per gli ucraini la guerra contro gli invasori russi continua e l’annuncio di finti referendum – illegali secondo la legge internazionale e secondo quella ucraina – non conta. Anche perché si sono già abituati da anni a considerare le conquiste russe come occupazioni temporanee che prima o poi saranno raddrizzate, dalla Crimea annessa nel 2014 ai territori del Donbass nelle mani dai separatisti.

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Racconta l’ufficiale che, quando dieci giorni fa il fronte russo è crollato nella regione di Kharkiv, anche i soldati russi nel Donbass si sono fatti prendere dal panico e hanno abbandonato per un giorno le loro postazioni, ma la sbandata non ha avuto conseguenze perché i soldati ucraini non potevano allungarsi così tanto. Può essere che il Cremlino adesso tema di perdere il Donbass e il Sud e voglia con urgenza i referendum – gli stessi referendum che sono stati annullati dieci giorni fa perché considerati infattibili.

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“Se questi referendum ci saranno, anche le chance minime di negoziato con la Russia che ancora esistono adesso non esisteranno più”, annuncia Serhiy Nykyforov, portavoce del presidente Zelensky. “Senza referendum ci sono ancora, con i referendum spariranno”. Il consigliere del presidente Mikhailo Podolyak scrive che la reazione dei governi alleati ai referendum farsa annunciati dai russi dovrebbe essere un aumento delle sanzioni e l’invio di armi all’Ucraina, inclusi i missili americani Atacms a lungo raggio che permetterebbero di colpire bersagli russi a trecento chilometri di distanza.

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Una settimana fa la viceministra alla Difesa, Hanna Malyar, aveva detto aRepubblicache gli Atacms di fatto facevano parte di un pacchetto di contromisure da opporre ai russi per dissuaderli dall’alzare il livello del conflitto. In pratica se i russi tentassero una svolta aggressiva nel conflitto gli Usa darebbero agli ucraini gli Atacms, versione a lunghissimo raggio dei missili Himars.

Si parla molto di una possibile mobilitazione – che forse Putin stava per annunciare nel discorso di ieri sera poi annullato – ma non ribalterà la situazione sul campo, secondo l’ufficiale ucraino a Kramatorsk, perché non risolve i problemi strutturali che affliggono l’esercito di Mosca: “La mobilitazione non crea per miracolo altri carri armati e altri mezzi militari (che ora sono troppo pochi e troppo vecchi, ndr). non motiva i coscritti ad affrontare l’inverno che sta arrivando, non protegge dai missili Himars”.

I soldati ucraini in Donbass distinguono i nemici russi in “carne”, che sarebbero gli inesperti capitati sul campo di battaglia senza addestramento e qualità e destinati a durare poco, e “professionisti”, i soldati bene addestrati e equipaggiati. “La mobilitazione ordinata da Putin aggiungerà soltanto altra carne”, dice l’ufficiale ucraino.

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