Saman Abbas, la telefonata del padre: “Ho ucciso mia figlia”

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REGGIO EMILIA – Poco più di un mese dopo la scomparsa di Saman, il padre confessò il delitto durante una telefonata a un parente in Italia. “Ho ucciso mia figlia”, diceva Shabbar Abbas l’8 giugno 2021, quando ormai era fuggito in Pakistan. La ragazza pachistana, 18 anni, per la procura di Reggio Emilia è stata assassinata la notte tra il 30 aprile e il primo maggio di un anno fa a Novellara. Il motivo? Atroce: aver rifiutato un matrimonio combinato.

La conversazione è agli atti del processo che inizierà a febbraio a carico dei familiari. Gli inquirenti, Procura e carabinieri di Reggio Emilia, sono sicuri sia stata assassinata, perché rifiutava di sposare un cugino in patria e voleva andarsene di casa. Il suo corpo non è mai stato ritrovato, nonostante mesi di ricerche nell’azienza agricola e nei terreni circostanti dove Saman viveva e dove il padre lavorava.

Il processo è cominciato a maggio scorso a carico di cinque familiari rinviati a giudizio: lo zio della ragazza, Danish Hasnain e i due cugini, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, arrestati nei mesi scorsi all’estero – Francia e Spagna – dove erano fuggiti; i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, padre e madre ancora latitanti in Pakistan.

La telefonata: “L’Ho uccisa per il mio onore”

“Per me la dignità degli altri non è più importante della mia (…) – diceva Shabbar al parente nella telefonata intercettata – Io ho lasciato mio figlio in Italia (il fratello minorenne di Saman ora affidato a una comunità protetta, ndr). Ho ucciso mia figlia e sono venuto, non me ne frega nulla di nessuno”.

Lo stesso familiare, sentito dai carabinieri il 25 giugno di quell’anno, ha riferito che il padre di Saman lo aveva chiamato per intimargli di non parlare di lui. “Io sono già rovinato – le parole di Abbas nel racconto del parente – avete parlato di me in giro, non lascerò in pace la vostra famiglia”. E ancora: “Io sono già morto, l’ho uccisa io, l’ho uccisa per la mia dignità e per il mio onore. Noi l’abbiamo uccisa”, senza fare nomi specifici, ma intendendo con ‘noi’, ha spiegato sempre il parente ai carabinieri, il contesto familiare.

Il giallo della scomparsa

Saman Abbas, diciott’anni, è scomparsa poco più di un anno fa nelle campagne emiliane del reggiano. L’ultima immagine: un video, da poco pubblicato, in cui la si vede allontarsi coi genitori verso i campi nove minuti dopo la mezzanotte. Scarpe da ginnastica e felpa lei, niqab fino ai piedi la madre Nazia che l’accompagnava a morire.

Saman Abbas, in un video del Tgr Emilia Romagna agli atti i suoi ultimi minuti di vita

Le telecamere dell’azienda agricola dove la famiglia viveva e lavorava hanno ripreso quella strana passeggiata notturna dalla quale la ragazzina non tornerà più: lo zaino che aveva in spalla sì, in mano al padre di rientro cinque minuti dopo. Le stesse telecamere, nei giorni precedenti, avevano registrato un via vai inequivocabile dei cugini e dello zio con piedi di porco e pale. E quattro giorni dopo anche un rito funebre.

La testimonianza chiave del fratello

Le fasi precedenti e successive al delitto sono state ricostruite grazie alla testimonianza del fratello minore della ragazza che sentito dai magistrati ha svelato i retroscena della scomparsa della sorella. Tanti gli elementi a supporto della colpevolezza dello zio in concorso con gli altri famigliari. Tra cui anche il racconto della riunione che ci sarebbe stata il pomeriggio del 30 aprile per stabilire come assassinare Saman. Durante l’incontro – ha riferito il 16enne – uno dei partecipanti disse: “Io faccio piccoli pezzi e se volete la porto anch’io a Guastalla, e la buttiamo là, perché così non va bene”.

Saman Abbas, il video che incastra lo zio e due cugini accusati del suo omicidio

La fuga dei genitori, la cattura di zio e cugini

Dopo la morte di Saman il padre e la madre sono fuggiti in aereo con un volo in partenza da Milano e diretto in Pakistan. Il ministero della Giustizia ha inoltrato la domanda di estradizione. Lo zio e i cugini hanno cercato di far perdere le loro tracce qualche giorno dopo l’omicidio portando con loro il fratello minore (fermato e condotto in comunità). Una volta scattate le ricerche, il primo ad essere arrestato è stato Ikram Ijaz, fermato in Francia mentre si trovava su un autobus che lo avrebbe portato in Spagna. Per gli altri protagonisti della vicenda le ricerche sono proseguite sia per l’accusa di omicidio aggravato sia per occultamento di cadavere.

Lo zio Danish Hasnain, 34 anni, è stato poi fermato a Parigi il 22 settembre ed estradato dalla Francia lo scorso 20 gennaio. La pala e il piede di porco, si era giustificato, servivano a fare lavoretti nell’orto. Di notte. E’ tutto un complotto – s’èìera difeso – per incastrarlo: i genitori, con cui è comproprietario di terreni in patria, trarrebbero solo vantaggi dalla sua condanna. E la nipote? Scappata all’estero per essere libera. Il delitto sarebbe stato commesso materialmente appunto dallo zio Hasnain, con l’autorizzazione dei genitori della vittima Shabbar Abbas e Nazia Shaheen e la complicità dei cugini della ragazza Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. Contro di lui c’è la testimonianza del fratello minorenne della ragazza: “Secondo me l’ha uccisa strangolandola, anche perché quando è venuto a casa non aveva nulla in mano”. E in una chat a una persona a lui vicina, Hasnain, 33 anni, aveva scritto: “Abbiamo fatto un lavoro fatto bene”.

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