La Russia annette quattro regioni ucraine: ecco che cosa succede e che cosa cambia

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Oggi è il giorno dell’annessione dei quattro territori ucraini dove nei giorni scorsi si è tenuto il referendum giudicato una “farsa” da Kiev e dalla comunità internazionale. Con una solenne cerimonia nella Sala di San Giorgio del Grande Palazzo del Cremlino, il presidente russo Vladimir Putin siglerà i trattati di adesione alla Federazione russa delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e delle regioni di Kherson (Est Ucraina) e Zhaporizhzhia (Sud Ucraina). E in questa occasione terrà un “corposo discorso”, seguito da festeggiamenti in Piazza Rossa. Ecco come avverrà l’annessione e che cosa cambia.

Dodici giorni per la ratifica

Nella notte Vladimir Putin ha siglato i decreti che riconoscono “l’indipendenza” di Kherson e Zhaporizhzhia sulla scia di quelli siglati lo scorso febbraio che riconoscevano le Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Alle 15 di oggi, le 14 in Italia, insieme ai capi delle amministrazioni filorusse di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zhaporizhzhia, firmerà gli accordi per l’adesione alla Federazione Russa delle quattro regioni.

Durante la cerimonia al Cremlino è previsto un “corposo discorso” di Putin, ma “non sarà un messaggio all’Assemblea federale, ma un formato diverso”, ha affermato il portavoce Dmitrij Peskov.

Dopo la firma dei Trattati, Putin li invierà per la valutazione alla Corte Costituzionale, dopodiché li sottoporrà per la ratifica all’Assemblea Federale e contestualmente presenterà alla Duma un disegno di legge costituzionale sull’adesione di nuovi soggetti alla Federazione Russa. La Duma, la Camera bassa del Parlamento russo, ratificherà i trattati il 3 ottobre, mentre il Consiglio della Federazione, la Camera alta, il 4 ottobre. L’intera procedura richiederà 12 giorni dall’inizio dei “referendum”, ha notato Kommersant.

I confini

Le autorità russe devono ancora decidere se le regioni di Kherson e Zaporizhzhia saranno annesse alla Russia entro i “confini amministrativi”, ossia compresi i territori tuttora controllati dall’Ucraina. Lo scorso febbraio, Putin ha riconosciuto l’indipendenza di Donetsk e Lugansk entro i “confini amministrativi”. Prima dello svolgimento dei referendum, i capi filorussi delle due regioni sostenevano che sarebbe stato così anche per Kherson e Zhaporizhzhia.

Le quattro regioni costituiscono il 15 percento del territorio ucraino e in tutte e quattro sono in corso ostilità. La Russia controlla quasi completamente soltanto la Repubblica popolare di Lugansk. Stando a stime, la Russia controlla l’89% del territorio della regione di Kherson, il 74% di Zaporizhzhia esclusa la stessa città Zaporizhzhia che prima del 24 febbraio contava quasi la metà della popolazione e soltanto il 59% della Repubblica popolare di Donetsk.

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La minaccia nucleare

La Costituzione riformata vieta la cessione dei territori formalmente annessi alla Russia. Gli emendamenti approvati nel 2020 sembravano dovessero impedire a un futuro leader russo di cedere la penisola ucraina di Crimea annessa nel 2014, ma ora vieteranno anche la cessione di Kherson, Zhaporizhzhia, Donetsk e Lugansk.

Una volta sancita l’annessione, ogni attacco contro i quattro territori ucraini per il Cremlino rappresenterà un attacco contro il territorio russo e quindi un pretesto legale per minacciare l’uso di armi nucleari per proteggere il territorio russo. Lo ha ribadito anche il portavoce Dmitrij Peskov, anche se ha cercato di smorzare la minaccia nucleare.

Già il 21 settembre, nell’annunciare la “mobilitazione parziale” in Russia, Vladimir Putin aveva minacciato: “Quando l’integrità territoriale del nostro Paese sarà minacciata, useremo sicuramente tutti i mezzi a nostra disposizione per proteggere la Russia e il nostro popolo. Non è un bluff”, aveva detto, aggiungendo che “coloro che stanno cercando di ricattarci con armi nucleari dovrebbero sapere che la rosa dei venti può girare nella loro direzione”.

La dottrina nucleare russa firmata da Putin nel 2020 prevede soltanto due casi in cui le armi nucleari possono essere utilizzate: “un’aggressione contro la Federazione Russa con l’uso di armi convenzionali che minaccia l’esistenza stessa dello Stato” e “attacchi del nemico contro strutture statali e militari critiche”.

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I negoziati

Tutto ciò, ha scritto qualche giorno fa l’analista Tatjana Stanovaja, fondatrice di R. Politik – è un ultimatum inequivocabile a Ucraina e Occidente. O l’Ucraina si arrende o sarà guerra nuclare. Putin non vuole vincere sul campo di battaglia, ma costringere Kiev ad arrendersi senza combattere”.

Anche il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko oggi ha alluso a possibili negoziati, ma nessuno – né Kiev, né la comunità internazionale – è disposto ad accettare le condizioni di Mosca e a riconoscere i nuovi territori annessi. L’annessione della Russia segna perciò l’inizio di un’escalation senza ritorno che prolunga a oltranza l’offensiva in Ucraina e affonda ogni possibilità di negoziato. 

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