Il ritorno a sorpresa di Fini. Endorsement alla stampa estera in sostegno di Meloni

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ROMA – Ignazio La Russa, uno che lo conosce bene, è sicuro: Gianfranco Fini ha votato Meloni. “Si è anche congratulato della vittoria”, ha giurato davanti alle telecamere il co-fondatore di FdI. Lui, l’uomo della svolta di Fiuggi, ha schivato interviste e dichiarazioni. Nessuna presa di posizione, dribbling alle interviste, fedele alla linea tenuta negli ultimi anni, da quando ha lasciato le scene della politica nostrana. Fino a ieri.

Riecco Fini. I cronisti lo vedono a passeggio nel Tridente del potere romano, fra Palazzo Chigi e Montecitorio. Ma l’ex capo di Alleanza Nazionale non ha in agenda un faccia a faccia con la premier in pectore. È diretto alla sede della Stampa estera. Davanti ai giornalisti accreditati di mezza Europa parla naturalmente dell’ex pupilla che tra poco indosserà i galloni di capo del governo. Premette: “È tutto off the record, una chiacchierata informale. Non intervengo sulla politica italiana da anni”. Di Meloni, Fini parla bene. Si spende. Rassicura su tutti i temi sensibili, oggetto d’interesse oltre i confini: atlantismo, europeismo, le polemiche sul post-fascismo. L’unico momento di frizione con i corrispondenti è quando si tocca il tema della fiamma tricolore, mai rinnegata e incastonata nel logo di FdI. “Non c’entra col fascismo”, assicura. “Sul serio?”, incalzano i giornalisti esteri. “Sì, non c’entra nulla”.

La chiacchierata parte dalla svolta di Fiuggi. Anche Meloni, racconta Fini, ha sostenuto quel passaggio spartiacque per la destra italiana. “Non se n’è andata via, non ha mai preso una posizione contraria, anzi ha votato a favore”. E da quando la conosce, cioè da più di vent’anni, aggiunge, “non ha mai avuto atteggiamenti estremisti”.

Col tono del vecchio mentore, Fini ripercorre le tappe dell’ascesa di Meloni. Sintetizza il curriculum, lo interpreta. “Nel 2004 è diventata presidente di Azione Giovani, vincendo il congresso per qualità, tra le quali una notevole capacità di coinvolgere il mondo giovanile della destra”. Assicura di avere “sempre creduto in lei”. Da quando prese le redini del movimento giovanile di An “ho capito quanto fosse capace”. Fini sembra rivendicare una scommessa politica riuscita: “Le ho affidato io il ruolo istituzionale di vicepresidente della Camera. E in quel ruolo ha fatto bene”. Persino “un politico di sinistra come Fausto Bertinotti non ne parlerebbe male”, giura. Nell’amarcord finiano, dopo l’esperienza ai vertici di Montecitorio, Meloni “è stata un buon biglietto da visita nel governo Berlusconi”.

Naturalmente i corrispondenti non si accontentano del Cv. Chiedono cosa rappresenti Fratelli d’Italia oggi. A quali mondi ammicchi. Se l’atlantismo sposato dall’ex ministra da quando è scoppiato il conflitto ucraino sia sincero oppure di convenienza. “È assolutamente autentico”, garantisce Fini. E non da oggi: “Il MSI ha votato a favore della Nato”.

Capitolo post-fascismo. L’ex leader di An prova a fugare le ombre che hanno attirato l’attenzione di tanta stampa internazionale. “Noi abbiamo chiuso i conti con quel passato”. Ricorda di quando nel ’94 qualche ministro europeo era talmente diffidente da negargli la stretta di mano. “Ora è un’altra epoca”. Il fondatore di Futuro e libertà sposa la causa europea (altra rassicurazione). Anzi, si dice dispiaciuto del fatto che oggi sia ancora un progetto incompiuto. Dunque, sembra dire, non dubitate: “Meloni può piacere o meno, ma ha principi e coerenza. È tenace ed è cosciente delle difficoltà che abbiamo davanti”. Certo, concede, “non andiamo d’accordo proprio su tutto”. 

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