A Birmingham in scena il disastro dei conservatori britannici. E qualcuno già parla di un ritorno di Boris Johnson

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BIRMINGHAM – Una conferenza disastrosa, per un partito conservatore che sembra essersi liquefatto dopo 12 lunghi e difficili anni al potere. Sembrano gli ultimi giorni di Roma. Raramente si era visto un flop del genere nella politica britannica, superiore al caos delle conferenze del partito laburista allora guidato da Jeremy Corbyn. Per diversi osservatori come l’ex caporedattore a Whitehall e corrispondente del Financial Times, James Blitz, abbiamo assistito a qualcosa “senza precedenti, “la conferenza di partito più caotica dei tempi recenti”.

Difficile dargli torto. A Birmingham, la “capitale” della rivoluzione industriale dove si è tenuta la conferenza annuale dei tory, siamo stati testimoni di scene rare. Non solo il discorso finale di Liz Truss, oggi interrotto dalle proteste di attivisti di Green Peace e dai cartelli “chi ha votato per tutto questo?”, con la prima ministra già nella bufera e a rischio dopo la catastrofe del fallito taglio alle tasse ai ricchi. Truss, arrivata sul palco sulle note di “Move on Up” di Curtis Mayfield, ha cercato di tirare su il morale: ha detto che “siamo stati distratti” dal caso della tentata rimozione dell’aliquota al 45%, ma che “abbiamo capito la lezione, ora concentriamoci sulla crescita, crescita, crescita!”, per poi passare ai suoi strali contro l’immigrazione e rassicurare tutti sulla guerra in Ucraina: “Kiev vincerà!”.

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Ma per Truss sarà difficile riacquisire credibilità, reputazione, e anche autorità all’interno di un partito e un esecutivo che in questi giorni a Birmingham sono stati preda di un’inarrestabile anarchia. Ministri e deputati che se ne sono dette di tutti i colori, con per esempio la nuova titolare dell’interno Suella Braverman che ha accusato lo storico parlamentare Michael Gove, che aveva fatto intendere di non votare il taglio di tasse ai ricchi, “di aver organizzato un golpe contro l’esecutivo”. A sostegno di Braverman è arrivato il sottosegretario al Tesoro, Simon Clarke, fedelissimo di Truss: “Suella ha assolutamente ragione”. Se non fosse che la ministra al Commercio Kemi Badenoch, ha preso immediatamente le difese di Gove: “Non si tratta così un nostro collega”.

Braverman ieri ha fatto di peggio. Non solo per un discorso alla platea molto duro contro l’immigrazione in cui ha annunciato lo stop alle richieste di asilo per i migranti irregolari, ma soprattutto per la sua performance durante un podcast con il giornalista del Telegraph, Christopher Hope: nel quale, Braverman ha detto che il suo sogno è quello di “vedere sulla prima pagina del giornale un aereo pieno di migranti con destinazione Ruanda”, il Paese dove vengono spediti i migranti illegali secondo il controverso piano annunciato da Boris Johnson mesi fa. Inutile dire la marea di critiche e sdegno che ha ricevuto Braverman online. Se non bastasse, un altro ministro e capo del vertice sul clima Cop26, Alok Sharma, ieri sera ha detto che re Carlo III – fervente ambientalista – dovrebbe esserci alla Cop27 di Sharm El Sheik, nonostante la stessa Truss lo abbia convinto negli ultimi giorni a non presentarsi.

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L’impressione è quella di un destino e un declino inevitabile per i tory, cui non basta più prendersela con i migranti e l’Ue per sfangarla, sebbene questi temi ancora infiammino la folla. Ma Londra ha lasciato definitivamente l’Europa due anni fa e il Labour, con il leader Starmer sempre più rassicurante e padrone del partito, è avanti di 33 punti nei sondaggi. Nadine Dorries, ex ministra pasionaria di Johnson e prima sostenitrice di Truss, già chiede nuove elezioni. “Ma non possiamo essere come  l’Italia”, ci dice un membro di governo. Eppure altri deputati conservatori stanno già fantasticando l’impossibile, o quasi: Truss non mangia il panettone, voto a dicembre e indovina chi viene poi a cena? Boris Johnson.

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