Accordo fragile sulle presidenze: La Russa al Senato, Camera alla Lega

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ROMA – Accordo, ma fragile ed esposto alla rabbia dei potenziali franchi tiratori. Intesa frutto di rapporti di forza schiaccianti, che spingono Forza Italia all’angolo. Oggi si apre la legislatura e il primo atto sarà il voto sulle presidenze delle Camere. Giorgia Meloni propone Ignazio La Russa per la guida di Palazzo Madama. E pensa di poterlo ottenere già oggi. Sul nome dell’ex missino strappa il via libera di Matteo Salvini, che riceve in cambio la presidenza della Camera per Riccardo Molinari. Silvio Berlusconi invece resta cauto. Silente e furioso. Sulla carta, dovrebbe votare anche lui per La Russa. Ma con il rischio che qualche scontento faccia scontare alla leader di FdI la scelta di escludere dall’esecutivo Licia Ronzulli.

È un giorno di passione, sospetti, piccoli passi. Meloni sente e vede Salvini più di una volta, perché ritiene utile chiudere un patto a due prima di provare a convincere Berlusconi a blindare un accordo sulle presidenze. Il risultato è che salta l’annunciato vertice a tre previsto a villa Grande, sostituito dai “bilaterali”. In compenso, il leghista riunisce il Consiglio federale e propone un’ipotesi di intesa. Prevede per il Carroccio la guida di Montecitorio e quattro ministeri: Interni, Affari Infrastrutture, Agricoltura e Affari Regionali. Via libera aGiancarlo Giorgettiall’Economia, richiesto direttamente da Meloni. L’incognita resta la volontà dello stesso Giorgetti, che ha manifestato preoccupazione per la complessità dell’incarico. “In ogni caso non sarà in quota Lega”, precisa Salvini. Che per favorire l’intesa in serata fa sapere di essere disposto a ritirare Roberto Calderoli dalla corsa per Palazzo Madama.

Il nodo principale, allora, si chiama Berlusconi. O meglio: Ronzulli. Meloni non la vuole in squadra, il leader insiste. Non la spunta. E il Cavaliere si scontra anche contro un “no” alla richiesta di avere Giustizia e Sviluppo economico. Nel faccia a faccia romano, i toni sono aspri. E soprattutto, non rappresentano il viatico migliore per il passaggio in Aula. A Montecitorio le prime due votazioni richiedono i due terzi: non sarà oggi, dunque, il giorno dell’eventuale elezione di Molinari. Al Senato invece nei primi due scrutini basta la maggioranza assoluta degli aventi diritto. Contando anche i senatori a vita, occorrono dunque 104 voti per “promuovere” La Russa. La maggioranza schiera 112 senatori, più altri tre considerati arruolabili (anche se non organici). Il rischio è che nel segreto dell’urna si sfoghi qualche malumore leghista, dove il “partito” che spingeva per affidare la Presidenza a Roberto Calderoli ha il suo peso. E, soprattutto, che prenda corpo la tensione interna a Forza Italia. Antonio Tajani è in costante contatto con Meloni, a scapito dell’ala capitanata da Ronzulli e nonostante il pressing del leader.

“E a noi cosa resta? Un cetriolo”, dice a sera con ruvida sintesi il forzista Giorgio Mulè. In effetti, lo schema di governo che regge l’intesa sulle presidenze prevede un solo ministero di peso per Forza Italia: gli Esteri per Tajani. All’Istruzione andrebbe Anna Maria Bernini, alle Riforme Maria Elisabetta Casellati. Salvini continua a reclamare il ministero dell’Interno, per sé in prima battuta o per un uomo da lui indicato (probabilmente il prefetto Matteo Piantedosi). Alla Difesa vanno registrate ottime chance per il meloniano Adolfo Urso. Alle Infrastrutture o all’Agricoltura andrà Salvini, visto che dovrà rinunciare al Viminale, mentre allo Sviluppo economico il nome in cima all’elenco è quello di Guido Crosetto, uno dei fondatori di Fdi. Gli Affari europei saranno garantiti a Raffaele Fitto. Dei tanto reclamati tecnici, in questo schema, appena l’ombra: il magistrato Carlo Nordio che Meloni vuole per la Giustizia. E ci sarà un esterno anche per la Salute: il direttore dell’Ema Guido Rasi, Guido Bertolaso o Alberto Zangrillo. Ma è una lista destinata a ritocchi, che la futura premier farà volentieri, se la sua maggioranza le sarà fedele a partire da oggi.

Per chiudere le caselle c’è ancora qualche giorno: le consultazioni dovrebbero iniziare non prima del 19 o 20 ottobre, dopo il 21 l’incarico a Meloni.

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