L’appunto di Berlusconi: Ronzulli ministro degli Anziani. L’avvertimento a Meloni: “La sfiducia a lei è sfiducia a me”

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“L’atto di sfiducia alla Ronzulli è un atto di sfiducia a me e a Forza Italia”. Silvio Berlusconi rilegge i suoi appunti, apre e richiude nervosamente la cartellina di pelle marrone che ha poggiato davanti a sé. E’ visibilmente irritato. Non fa nulla per nasconderlo a chi si avvicina al suo banco, il primo in basso a destra, mentre nell’Aula scorre lenta la chiama per l’elezione del presidente del Senato. Gesti bruschi, espressione corrucciata, il ‘vaffa’ a Ignazio La Russa involontariamente immortalato dalle telecamere della Rai. Berlusconi ascolta gli interlocutori, si guarda intorno, poi butta uno sguardo alla sua cartellina. Solleva una manciata di fogli bianchi, con sopra parole scritte al computer e appunti disordinati aggiunti a penna. Si sofferma sulla prima pagina, che in alto riporta la scritta: “Ministri Forza Italia”. Un elenco di nomi e possibili ministeri. Cinque, forse sei. Con una collocazione da trovare a Licia Ronzulli, per superare il veto di Giorgia Meloni. Affari europei, Turismo. Spunta anche, inedita, la delega agli Anziani. E in fondo al foglio si vedono poche frasi scritte a penna. Non sfuggono a occhi attenti. Perché hanno il tono del rimprovero, il sapore dello sfogo. “Chi comanda davvero nella coalizione… comando io e basta… mostri maturità…”, scrive il Cavaliere. “L’atto di sfiducia alla Ronzulli è un atto di sfiducia a me e a Forza Italia”.

Ecco il gran ritorno del Cavaliere. Un ritorno amaro, dopo nove anni. Nulla quadra, anche l’astensione decisa da Forza Italia come segnale di insofferenza a Meloni si rivela irrilevante, La Russa viene comunque eletto. Dietro l’insofferenza, dietro il nervosismo, come Berlusconi dichiarerà pubblicamente, c’è il problema del nascente governo. E’ quel che si capisce anche dagli appunti sbirciati da sguardi indiscreti quando la cartellina di pelle si apre. Sono forse le annotazioni che il leader di Forza Italia ha portato con sé all’incontro con Meloni, di primo mattino. La richiesta, così s’intuisce, è di cinque ministeri. Con l’aggiunta di un sesto per ripagare FI del fatto che non avrà la presidenza di una Camera.

Nella lista compaiono due (forse) certezze: Antonio Tajani agli Esteri e Anna Maria Bernini all’Università. C’è poi una richiesta che rischia di non essere accolta: la Giustizia per Elisabetta Casellati o Francesco Sisto, con la convinzione che la delega sarà data a Carlo Nordio di FdI. Gli altri nomi sono quelli di Licia Ronzulli, Maurizio Gasparri e Alessandro Cattaneo. E qui sembrano iniziare i problemi. Per Ronzulli, secondo lo schema berlusconiano, potrebbero andare: il turismo o le politiche europee. Ma dai fogli del Cavaliere emergono altre due ipotesi: la delega agli Anziani o, in subordine, alle Pari opportunità e la Famiglia. Per la fedelissima Berlusconi pare ipotizzare anche i Rapporti col Parlamento. Per Gasparri – ex dirigente di An mai approdato a FdI – vorrebbe la Pubblica amministrazione. Per Cattaneo l’Ambiente e transizione ecologica o i Rapporti col Parlamento.

Ma il governo è un cantiere ancora aperto. Gli appunti di Berlusconi tradiscono difficoltà. A margine compaiono punti interrogativi, sottolineature e parole cancellate. I nomi di Gilberto Pichetto Fratin e Giorgio Mulè. E anche l’ipotesi che il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria sia l’ex presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai Alberto Barachini. Come finirà, è storia ancora da scrivere. I rapporti con Meloni sono tesissimi. “Mostri maturità”, è il rimprovero che sembra frullare nella testa del Cavaliere. Chissà se nell’incontro mattutino negli uffici della Camera gliel’ha detto davvero.

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