In Forza Italia qualcuno lo chiama il pendolo di Berlusconi. Ma non c’entra Foucault, e nemmeno Umberto Eco. Descrive quell’oscillazione che ormai da qualche anno governa gli istinti politici del Cavaliere e funziona così: lo chiama Gianni Letta e, con il garbo che è proprio dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, cerca di rimetterlo in contatto con il principio di realtà. Berlusconi ringrazia l’amico dei consigli, della cui bontà pare convinto al momento in cui chiude la conversazione. Poi lo chiama Licia Ronzulli, talvolta Antonio Tajani, e all’ex premier viene offerta una lettura solitamente opposta a quella di Letta. Infine l’ultima parola, sempre a supporto delle tesi di Ronzulli, sta alla quasi consorte Marta Fascina. Non c’è bisogno di aggiungere quale linea prevalga alla fine.
È successo anche con la caduta di Mario Draghi, il quale capì che il governo era davvero finito la mattina in cui, dopo essere intervenuto in Senato proponendo alla maggioranza di andare avanti, telefonò a Berlusconi e si sentì dire che non potevano passarglielo. Letta, ovviamente, aveva suggerito al Cavaliere di non mandare all’aria al governo. Resta da capire se andrà così anche stavolta, dato che Gianni Letta ha chiamato e Berlusconi al telefono con lui, forse per la prima volta, si è reso conto fino in fondo di quanto sia stato disastroso il suo ritorno al Senato. Letta è stato diplomatico ma non vago: doveva essere la tua festa e si è trasformata in una disfatta, ti hanno lasciato solo e non ti hanno aiutato a capire cosa stava succedendo. Il riferimento è anche all’elezione di Ignazio La Russa, con quei voti clandestini, arrivati quasi certamente dai senatori renziani e da qualche dem di supporto all’operazione, che hanno messo Forza Italia in scacco e Berlusconi in ridicolo. Renzi l’ha messa così: “Dispiace che un uomo come Berlusconi, che ho sempre combattuto, debba tornare in Parlamento e sia costretto a fare questa figuracce, non credo non se lo meriti. Detto questo, affari loro”.Il Cavaliere è davvero solo. Organismi dirigenti, il partito non ne ha più, non che ne abbia mai avuti di seri. Padri nobili, tutti lontani o passati a miglior vita. Intellettuali di riferimento, lasciamo stare. Consiglieri, soltanto familiari e pochi vecchi amici. Della figlia Marina, da sempre la più attenta alle vicende politiche del padre, si dice sia inviperita per le scene dell’altro giorno in Senato e irritata con Ronzulli. Anche se ormai è chiaro che il problema non è più l’ingresso di “Licia” nella lista dei ministri. Lo scontro ormai è tutto con Meloni, è personale, è psicologico. A Vittorio Sgarbi il Cavaliere ha confidato più volte i suoi dubbi sulla leader di FdI. In estate, quando probabilmente ancora pensava di tenerla sotto controllo o addirittura riuscire a mandare altri a Palazzo Chigi, disse a Sgarbi: “Non è adatta, troppo di destra”. Fedele Confalonieri è stato invece nei mesi scorsi il più meloniano e non pare aver cambiato idea: il governo deve partire. Ma a quale prezzo ormai? Se Berlusconi abbassa la testa, Forza Italia si avvia a consumare i suoi ultimi anni come partito contadino di Fratelli d’Italia. Se la tiene alta, forse il partito non c’è proprio più.I nuovi gruppi parlamentari sono stati nominati per metà da Ronzulli, dunque per la linea dura a oltranza, e per metà da Antonio Tajani, ministro degli Esteri in pectore, quindi per la pace a ogni costo. “Tajani studia da Alfano”, dicono di lui i detrattori interni, e non si riferiscono all’ipotesi che si ritiri dalla politica bensì alla convinzione che la Farnesina vale un patto con Giorgia. Anche quei pochi parlamentari reclutati diversamente non hanno intenzione di seguire Berlusconi nel burrone. L’altro giorno Claudio Lotito, senatore del Molise, diffidava tutti dal sentirsi proporre Ronzulli come capogruppo: “Che me faccio comandà da lei? Nun esiste…”, ha spiegato a un gruppo di divertiti colleghi. Il presidente della Lazio è considerato il transfuga numero uno verso Meloni se la situazione dovesse precipitare. Maria Elisabetta Alberti Casellati, ancora speranzosa di entrare nella lista dei ministri, ha più recriminazioni che nomi. Del potente senatore Claudio Fazzone si dice che potrebbe aprire la transumanza verso Renzi. Persino l’ex segretario dell’Udc Lorenzo Cesa è diventato un pericolo, perché con il suo gruppo parlamentare di centristi potrebbe dare asilo ad altri scontenti, cioè i nuovi “responsabili” decisi a far partire il governo Meloni anche se il sostegno forzista dovesse venire meno.Visto da Arcore, dove Berlusconi trascorre il fine settimana, il bivio che lo aspetta sembra il peggiore : o cede lui o cede mezzo partito a Meloni. In ogni caso, per Forza Italia il capolinea non è lontano dal bivio