Berlusconi va da Meloni il disgelo è più vicino. Ronzulli: “Uniti al Colle”

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ROMA – “Il mio caso non è mai esistito o non esiste più”. A tarda ora pure Licia Ronzulli, la donna al centro dell’anello di fuoco della maggioranza, fa un passo indietro. Ricorda di essere figlia di un carabiniere che le ha insegnato che “servire la Patria è il primo dovere”, dice che “l’Italia ha bisogno di un governo al più presto, con una squadra di alto profilo sostenuta da una coalizione unita” e che Forza Italia “dovrà svolgere il ruolo importante conferito dal consenso degli elettori”.

Ma soprattutto la senatrice, responsabile di FI per il rapporto con gli alleati, benedice la leadership di Giorgia Meloni, ovvero di colei che le ha sbarrato la strada per il governo, escludendo l’ipotesi che FI andrà in autonomia alle consultazioni al Quirinale: “Il centrodestra si presenterà unito al Colle per proporre al Presidente della Repubblica di conferire l’incarico all’onorevole Meloni, che ha il diritto-dovere di portare il Paese fuori dalla crisi”. Una nota che giunge dopo un lungo travaglio: “D’ora in poi nessuno potrà più pensare che sono io il problema”, racconta Ronzulli a chi le sta vicino.

Ed è il viatico all’incontro di oggi fra Meloni e Silvio Berlusconi, nella sede di FdI in via della Scrofa. Un vertice per tentare un accordo sul nuovo governo con la futura premier, dopo la mancata partecipazione dei senatori forzisti alla votazione su Ignazio La Russa e gli epiteti nei confronti dell’alleata vergati dal Cavaliere in un foglietto inquadrato da fotografi e telecamere. Il lavoro dei pontieri Gianni Letta e La Russa, il pressing di Piersilvio e Marina Berlusconi (“Inconcepibile che i proprietari di Mediaset entrino in una trattativa politica”, tuona il Pd), hanno alla fine prodotto almeno una distensione.

Ieri, alle sei del pomeriggio, ha squillato il telefono di Arcore. I due litiganti si sono sentiti, il disgelo è cominciato. Un colloquio di pochi minuti, il tempo di promettersi disponibilità a lavorare per il bene della coalizione e del Paese. Il resto è rimandato al chiarimento diretto. Berlusconi parlerà del clima acceso nel partito determinato dai “veti” ricevuti da Meloni sui ministri proposti da FI, dirà che non c’è alcuna questione personale con la futura premier e che le aspre considerazioni da lui messe per iscritto sono figlie di osservazioni fatte nella riunione dei senatori. Ma chiederà di fare un passo avanti nella trattativa sul governo. Ovvero, “compensazioni” per un partito che – dopo il no a Ronzulli per la Salute – si sente sottostimato nella lista che Meloni ha in mente.

Insomma, il Cavaliere chiederà che si vada oltre le quattro caselle sinora assegnate a Forza Italia: gli Esteri per Antonio Tajani, la Pubblica amministrazione per Maria Elisabetta Casellati, Anna Maria Bernini per l’Istruzione (anche se la senatrice viene reputata “rea” del mancato appoggio a La Russa) e Gilberto Pichetto Fratin per la Transizione ecologica. Il tentativo sarà quello di insistere sulla Giustizia, alla quale Berlusconi tiene particolarmente ma che Meloni ha opzionato per l’ex magistrato Carlo Nordio. Le alternative sono complesse. C’è in ballo lo Sviluppo economico, altro ministero nel core business politico ma anche aziendale della famiglia Berlusconi: però pure su quella postazione la leader della Destra ha posto un diritto di prelazione, a favore di Guido Crosetto. Oppure l’Interno, che però Matteo Salvini non ha intenzione di far sottrarre alla Lega. Il punto è che, senza avere una presidenza della Camera e a parità di consensi, FI vuole un ministero in più del Carroccio. Berlusconi comunque fa trapelare fiducia: “Sono abbastanza ottimista che si possa risolvere tutto già nei prossimi giorni”.

L’intesa non è semplice ma va trovata in fretta, visto che mercoledì si voteranno gli uffici di presidenza delle Camere. E nel frattempo Berlusconi dovrà cercare un’altra pace, quella fra le anime del suo partito, con l’elezione dei capogruppo. Quella di Ronzulli al Senato, dove non tutti i parlamentari sono entusiasti per lo scontro di giovedì, e quella di Paolo Barelli o Giorgio Mulé alla Camera. Meloni tiene il punto: la sua volontà è quella di avere ministri di alto profilo e chiudere con un timing ristretto, entro il 25 ottobre.

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