ROMA – Settanta minuti dopo, uscendo da via della Scrofa, Silvio Berlusconi si regge al braccio di un uomo della scorta. “Giorgia mi ha detto che darà la Giustizia a Forza Italia. Le ho detto che almeno questo ce lo deve, che serve a garantirci pari dignità con la Lega…”. E invece, il Cavaliere non otterrà neanche questo: né il Guardasigilli, né il ministero dello Sviluppo economico e neanche la Sanità. A via Arenula andrà Carlo Nordio, o comunque non un berlusconiano. La sconfitta del leader azzurro è totale, la vendetta per adesso neanche promessa o minacciata. La futura presidente del Consiglio sembra aver scollinato Arcore. E si prepara a chiudere prestissimo, “vogliamo fare in fretta”. Potrebbe ricevere l’incarico già venerdì pomeriggio, al rientro di Mario Draghi dal Consiglio europeo di Bruxelles. E presentare subito dopo la lista dei ministri, tanto da non poter escludere il giuramento della squadra di governo – se il Colle vorrà – già domenica mattina.
Meloni e Berlusconi, il disgelo dopo le tensioni
Nessuno accompagna il leader nella tana dell’alleato che ha deciso di archiviarlo, ad eccezione del neo deputato Paolo Emilio Russo. E però nel palazzo spunta comunque una faccia amica: è quella di Sestino Giacomoni, per un ventennio vicinissimo al leader e adesso fuori dal Parlamento come diversi altri storici dirigenti. Vive a via della Scrofa, incrocia il capo, fotogramma di quel che è stato e adesso non è più. Poi la porta si chiude alle spalle del Cavaliere.C’è da chiarire innanzitutto l’incidente di venerdì scorso, quel foglietto che definiva Meloni “supponente, arrogante, prepotente”. “Giorgia, quegli appunti erano stati raccolti durante la riunione dei senatori. Sai, c’è molto malcontento tra i miei parlamentari, la spartizione dei collegi non è stata equa e ci ha penalizzato, quindi loro…”. La presidente di FdI lo stoppa, anche se non con il tono spietato con cui aveva stroncato l’alleato ricordandogli di non essere ricattabile: “Silvio, non serve riparlarne. Ti propongo di guardare avanti, c’è un governo da fare”. L’unico possibile in questa legislatura, aggiunge la Presidente di Fratelli d’Italia, tanto per mettere in chiaro la prospettiva.
Toto-ministri, il nodo Giustizia
Accettano entrambi di guardare avanti. Alla fine, però, Berlusconi scopre di non avere in mano nulla o quasi di quanto chiedeva. Non la Giustizia, che per Meloni non potrà finire in mano a Forza Italia. “Il mio nome è Nordio”. L’ex premier insiste, propone Maria Elisabetta Casellati, frenata però dalla foto del 2013 sulla scalinata del Tribunale di Milano durante il processo Ruby. Rischia l’esclusione dall’esecutivo anche Anna Maria Bernini, sulla quale pende il veto di Fratelli d’Italia: non ha votato per Ignazio La Russa al Senato, sarebbe meglio evitare. “Giorgia, così però non può andare, dammi il tempo di ragionarci, ti dirò nei prossimi giorni se accetto”.
Berlusconi perde la Sanità
Non è l’unica porta in faccia che riceve il fondatore azzurro. Perde su tutta la linea anche sulla poltrona della Sanità, per la quale propone Guido Bertolaso, ma non la spunta. Sullo Sviluppo economico, perché Meloni neanche lo lascia parlare: “Penso a una persona che conosci bene, il ministro sarà Guido”, nel senso di Crosetto, ex azzurro e co-fondatore del partito con la fiamma nel simbolo.
La sconfitta politica di Berlusconi è totale. Certo, Meloni concede a Forza Italia cinque ministeri, lo stesso pacchetto garantito alla Lega. E un vicepremier, come al Carroccio. Il potere sarà però concentrato nelle mani di Antonio Tajani, che con la prossima presidente del Consiglio ha legato parecchio. E non sarà in squadra Licia Ronzulli. Peggio: adesso le colombe del partito ne mettono in dubbio anche la promozione a capogruppo al Senato.
Finisce con qualche battuta che serve a digerire l’amaro calice. E con Meloni che pensa di non aver concesso poco. O, comunque, qualcosa in più di quanto sarebbe accaduto in altri tempi, a parti invertite. Quando il Cavaliere decideva le sorti del centrodestra e i consigli “diplomatici” dei figli e di Gianni Letta duravano solo fino al predellino successivo.