ROMA – Giorgia Meloni è entrata al Quirinale con una 500 bianca e ne è uscita con un’Audi 6 dello Stato. È la prima donna premier nella storia d’Italia. Capeggia un governo di destra, che denomina il ministero della Famiglia anche “della natalità”, lo Sviluppo economico del “made in Italy” e quello dell’Agricoltura “della sovranità alimentare”. Meloni non pronuncia la parola Paese, dice nazione: “Dare alla nazione un nuovo governo nel minor tempo possibile”. E poi: “Lavoreremo spediti per rispondere alle emergenze della nazione”.
Quando, alle 17.54, il commesso le spalanca la porta della sala della loggia d’onore si trova dinanzi a un muro di giornalisti, molti dei quali stranieri, giunti fin quassù per sentirla leggere la lista dei ministri. È emozionata. E invertirà clamorosamente le cariche di due ministri (Gilberto Picchetto Fratin erroneamente è dato alla Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo all’Ambiente), seguirà rettifica, al punto da costringere in serata il Quirinale a modificare i decreti di nomina: uno scambio nella culla senza precedenti.
Tutto è inedito in questa giornata di ottobre. Inizia alle 10,35, quando la maxi delegazione di Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega, centristi incontra Sergio Mattarella, l’ultimo gruppo parlamentare a essere ricevuto nella seconda giornata delle consultazioni. L’incontro dura undici minuti. Parla a nome di tutti Meloni. Indica la maggioranza, l’unità d’intenti, garantisce sulla collocazione internazionale. Il presidente chiede ai dodici presenti se sono d’accordo. Annuiscono. Silvio Berlusconi saluta Mattarella e lo rassicura sulla sua lealtà occidentale, dopo gli audio filo Putin dei giorni scorsi.
Alle 11.48 la delegazione si presenta alla stampa. Dice Meloni: “La delegazione del centrodestra che ha incontrato il presidente ha convenuto sulla necessità di dare un nuovo governo nel minore tempo possibile perché le urgenze sono moltissime a livello nazionale e internazionale. Tutta la coalizione che non a caso si è presentata insieme alle consultazioni, ha dato indicazione unanime proponendo la sottoscritta”. Quando dice “unanime” Salvini e Berlusconi si scambiano un’occhiata ineffabile, entrambi alzano il sopracciglio. Berlusconi, di cui si temeva uno show, per il resto si limita fare ciao ciao con la mano.
Mattarella alle tre convoca Meloni per conferirle l’incarico. Lei entra alle 16,30, degli astanti le gridano “Daje Giorgia”. Riemerge dopo un’ora e venti minuti. Ha accettato l’incarico senza riserva, è solo la terza volta che succede dal dopoguerra. Ha con sé la lista dei ministri. Il Quirinale la conosce da giorni. I quattro ministeri chiave Interno, Difesa, Esteri, Economia, rispondono ai requisiti di compatibilità rispetto alla nostra collocazione atlantica. Al Viminale non ci va un segretario di partito, come suggerito dal Colle, ma il prefetto Matteo Piantedosi, che pure è stato capo di gabinetto di Salvini. Il Quirinale ha indicato soltanto un perimetro, i nomi sono stati scelti da Meloni. Alla Sanità, altro dicastero chiave in tempo di pandemia, ecco Orazio Schillaci, rettore di Tor Vergata, una figura autorevole: importante per il Colle era che non ci andasse un No Vax. I ministri sono 24. Nove di Fratelli d’Italia, cinque di Forza Italia, altrettanti alla Lega e cinque i tecnici. Nove i senatori, dato che crea qualche apprensione per la tenuta della maggioranza in Aula a Palazzo Madama.
È un governo identitario. Politico con tutti i crismi, meloniano a tutti gli effetti, con i fedelissimi dentro, da Guido Crosetto ai due capigruppo Francesco Lollobrigida (il cognato della premier) e Luca Ciriani. Una prova schiacciante di forza soprattutto nei confronti di Berlusconi, che invano chiederà sino all’ultimo la Giustizia e che viene risarcito con una delega pesante (l’Ambiente dal quale non viene sganciata l’Energia), in un clima di scontro interno fra Tajani e Ronzulli, reso plastico dall’arrivo differito al Quirinale: la senatrice, e il capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo, accompagnano il Cavaliere, il coordinatore si fa trovare già nel palazzo presidenziale.
Quindi una foto tutti insieme, con sorrisi forzati, e Berlusconi al centro seduto su una poltrona dorata che assomiglia a un trono. Un’armonia ostentata che fa a pugni con le liti sulle poltrone: Ronzulli alla fine incassa un ministro non sgradito – Zangrillo – mentre esce dalla lista Gloria Saccani, docente universitaria amica di Marta Fascina, moglie di Berlusconi. Anche il clamoroso scambio di deleghe serale con Gilberto Pichetto Fratin (uomo più vicino a Tajani) secondo alcune ricostruzioni sarebbe figlio di questa contrapposizione che lacera Fi.
Il governo nasce in questo clima, con un’accelerazione voluta da Meloni per allontanare gli effetti dello tsunami Berlusconi che ha fatto barcollare la maggioranza, con tempi compressi che non recano dispiacere a Mattarella e spazzano via le ultime indecisioni anche in casa FdI: Crosetto a lungo in corsa per lo Sviluppo economico va alla Difesa. La delega fortemente voluta dal partito viene blindata nel corso di un pranzo alla Camera alla presenza della premier incaricata.Mattarella ha fatto gli auguri di buon lavoro al nuovo governo, “con spirito di collaborazione. Questa volta non è passato nemmeno un mese dalla data delle elezioni, è stato possibile per la chiarezza dell’esito elettorale”. Oggi, alle 10, il giuramento: Meloni sarà nella pienezza delle sue funzioni. E la bandiera della destra sventolerà idealmente, per la prima volta, su Palazzo Chigi.