ROMA – Un vicepremier che si muove come un premier. Non è che non avessero previsto il suo attivismo sopra le righe, in via della Scrofa e dintorni, ma la rapidità con cui Matteo Salvini è passato dall’intenzione all’azione ha sorpreso anche i meloniani più disincantati. “Vedrete, è solo l’inizio”, è lo sfogo amaro nelle ore che precedono il discorso alle Camere.Il giorno dopo aver ricevuto i galloni di numero due del governo (assieme a Tajani), il leader della Lega ha cominciato a dettare l’agenda. In materie non strettamente legate al suo ministero: dall’immigrazione clandestina all’economia. “Mi occupo di terra e di mare”, dice davanti alle telecamere di “Porta a Porta” a metà pomeriggio.
A qualcuno ricorda il Berlusconi mistico degli inizi, l’Unto dal Signore, a molti più prosaicamente il Salvini stesso che nel Conte I faceva ombra all’avvocato che sedeva a Palazzo Chigi. “Mi occupo di terra e di mare”, appunto. Una frase dettata per eliminare i dubbi sulle competenze, se qualcuno li avesse ancora in casa Fdi: i porti sono affar suo, stanno sotto la giurisdizione del ministero delle Infrastrutture e non del nuovo dicastero del Mare affidato a Nello Musumeci. Salvini mette le mani avanti, mentre l’ex governatore siciliano è ancora in attesa di ricevere le deleghe. Ma non è questo in discussione: non c’è un braccio di ferro, garantiscono gli interessati. “Sulle coste e i porti lo scontro è alimentato solo dai giornalisti, quelle competenze spettano al ministro delle Infrastrutture”, taglia corto mentre sta per prendere un volo per Roma l’ex governatore siciliano.
Il problema sta proprio nello “sconfinamento” politico del ministro che vuole difendere i confini, che utilizza il suo nuovo ruolo per riprendere la vecchia battaglia per controllare i flussi migratori. “Chissà che ne pensa il collega che sta al Viminale”, sibila un ministro di Fratelli d’Italia. E va bene che il collega è l’ormai ex prefetto di Roma Matteo Piantedosi, che di Salvini è stato capo di gabinetto, ma la sortita del leader della Lega – che come primo atto incontra il comandante generale della Guardia costiera – non può che creare imbarazzo pure nel capo dell’esecutivo. Emma Bonino riassume così la questione: “Salvini sta tentando di forzare la mano a Meloni, portandosi avanti con il lavoro: fa impressione – dice a Metropolis – che si comporti come un presidente del Consiglio”. Bonino parla dall’opposizione radicale ma centra un tema che ieri ha imperversato nei dialoghi del centrodestra. In un solo giorno, e proprio alla vigilia del discorso della premier in parlamento che avrà la forma di un “manifesto” dell’esecutivo della destra, Salvini annuncia in totale autonomia misure rigide anti-immigrazione, rilancia il Ponte sullo Stretto (che la presidente di Fdi ha accettato senza entusiasmo di inserire nel programma del centrodestra) e soprattutto mette sul tavolo il pacchetto economico della Lega. Ecco subito la richiesta di una flat tax al 15 per cento e del superamento della Fornero con l’introduzione di quota 41. Non rappresentano novità ma sono obiettivi riproposti con forza, mentre Meloni e i suoi consiglieri si interrogano su dove reperire le risorse della Finanziaria, senza un aiuto dell’Europa, visto che per far fronte agli aiuti contro la crisi energetica se ne vanno 5 miliardi al mese. Ma anche sul piano delle entrate Salvini ha trovato la soluzione: “Giungeranno da una grande operazione di pace fiscale”. Concordata con chi?
Il tutto mentre Roberto Calderoli, ministro degli Affari regionali, ha sentito i governatori della Lega che hanno fatto subito una fuga in avanti sull’autonomia, totem da opporre al presidenzialismo caro a Fdi. Quel che trapela in serata dal fortino della destra è l’irritazione per un atteggiamento che viene definito perlomeno irrituale. C’è chi pensa che sia solo il modo con cui si punta a rovinare la festa alla premier, di occupare la scena. Di certo, è una ripartenza chiassosa, tre anni dopo l’addio a Conte, tre anni dopo il Papeete, per il “capitano” pronto ora a salire perfino sulle motovedette della Guardia costiera, pur di non passare per gregario.