Il piano Meloni per l’Agenzia delle entrate: controlli solo ai grandi evasori

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ROMA – Il “nuovo patto fiscale” di Giorgia Meloni parte da una “nuova Agenzia delle entrate”. Lo ha fatto capire bene la premier nel suo discorso sulla fiducia. Non solo “tregua fiscale” sulle cartelle che dovrà trovare una traduzione: rottamazione, saldo e stralcio, condono. Ma anche un riposizionamento radicale dell’istituzione che per missione deve recuperare le tasse non pagate. Non più “caccia al gettito”, ma “vera lotta all’evasione“.

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Lotta vera all’evasione

Vera e “serrata”: a partire “da evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva”. Accompagnata – insiste ancora la premier – “da una modifica dei criteri di valutazione dei risultati dell’Agenzia delle entrate, che vogliamo ancorare agli importi effettivamente incassati e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora”. Il riferimento di Meloni è a una parte residuale dei criteri in base ai quali viene valutata l’azione dell’Agenzia.

E cioè ai controlli spuri condotti dalla Guardia di Finanza negli esercizi commerciali, come effetto deterrente, per le verifiche su scontrini e Pos. E che a volte possono sfociare in contestazioni. Controlli finiti spesso nel mirino degli esercenti che si sentono vessati e che attribuiscono questo zelo solo a un’esigenza di budget dell’Agenzia, anche quando l’evasione non c’è. Esercenti che Fratelli d’Italia e anche Lega considerano lo zoccolo duro dei propri elettori.

In realtà la valutazione dell’Agenzia delle entrate da parte del ministero dell’Economia, con cui stipula una convenzione, dipende solo in modo residuale dai controlli e molto di più dai servizi erogati ai contribuenti, dagli indici di contenzioso, dalle lettere di compliance che portano agli adempimenti spontanei. E soprattutto è legata agli incassi da recupero effettivo dell’evasione fiscale e contributiva che in Italia è pari a quasi 100 miliardi.

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Non disturbare chi vuole fare

Ma il messaggio della premier Meloni è chiaro e più politico che tecnico. Non solo perché ha messo nel mirino il posto ricoperto da Ernesto Maria Ruffini, l’attuale direttore dell’Agenzia, che potrebbe saltare, secondo le regole dello spoil system e della turnazione post-elettorale a ogni cambio di guardia di Palazzo Chigi. Ma anche per una questione di filosofia politica, improntata al laissez faire: libertà di intrapresa senza intromissioni dello Stato.

“Le imprese chiedono meno burocrazia, regole chiare e certe, risposte celeri e trasparenti”, dice Meloni. Anzi “serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia”, per centrare tutti gli obiettivi di crescita. “Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto. Perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto. E allora il nostro motto sarà ‘non disturbare chi vuole fare‘ “.

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In arrivo nuova rottamazione e stralcio delle cartelle

Questo “non disturbare chi vuole fare” sembra dunque tradursi in una nuova Agenzia delle entrate, in linea con la Melanomics (l’economia sotto la guida della premier Meloni) tutta dedita “alla grande evasione” e che chiude un occhio sulla piccola. Nel frattempo il governo Meloni metterà mano a un’altra tornata di rottamazione e stralcio delle cartelle.

Il governo Conte II era arrivato alla rottamazione ter – ancora in corso (si estinguono i debiti iscritti a ruolo versando le somme dovute senza sanzioni e interessi) – delle cartelle fino al 31 dicembre 2017. Il governo Draghi aveva aggiunto lo stralcio – cioè la definitiva cancellazione, quindi un condono – di vecchi debiti fino a 5 mila euro (ruoli fino al 2010) ma solo per redditi fino a 30 mila euro.

Ora si studia una sanatoria per ruoli fino al 2015, con un tetto di importo a 2 mila euro. E una rottamazione quater con debiti più grandi fino a giugno 2022, sanzioni e interessi al 5% e 5 anni di rate.

 

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