Evasione, quella relazione sul “nero” sparita. Le mani del governo Meloni sull’Agenzia delle Entrate

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ROMA – Le parole nette sull’evasione e il giudizio severo della premier Meloni sull’operato dell’Agenzia delle entrate, accusata di vessare i cittadini, sembrano preludere a una nuova stagione della lotta all’evasione. L’Italia sta per fare un passo indietro? Addio all’incrocio dei dati, ai controlli da remoto, digitalizzati, affidati al cervellone VeRa e all’intelligenza artificiale per abbattere un moloch da 100 miliardi? Croce nera sulle liste anonime di contribuenti infedeli per “non disturbare chi vuole fare”? Addio ai controlli sui Pos dei negozianti? Via libera al contante e al nero dei “piccoli”? Le premesse ci sono tutte. Con l’aggravante di mettere a rischio uno dei traguardi del Pnrr: la riduzione di tre punti entro il 2024 del tax gap, la differenza tra imposte dovute e incassate.

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04 Settembre 2022


Il Rapporto sull’evasione sparito

Il clima è decisamente cambiato. E prima ancora del discorso programmatico di Meloni per la fiducia, ce lo racconta un episodio inusuale e non trascurabile che segna l’inizio della nuova legislatura: la mancata pubblicazione e conseguente invio in parlamento del Rapporto sull’evasione che di solito accompagna a fine settembre l’uscita della Nadef, la nota di aggiornamento al Def. La Nadef è stata approvata dal Consiglio dei ministri presieduto da Draghi il 28 settembre, a tre giorni dalle urne che hanno consegnato il Paese al centrodestra, depurata però del quadro “programmatico” dell’economia italiana, lasciato in bianco perché legato all’azione del governo in carica.

E proprio una Nadef stringata, limitata solo al quadro “tendenziale” e dunque alla fotografia attuale dei conti italiani, avrebbe raccomandato un rinvio anche della Relazione sull’economia sommersa e l’evasione, lasciandola in eredità all’esecutivo Meloni. Contatti in tal senso ci sono stati tra il ministero dell’Economia guidato da Daniele Franco e lo staff della leader di FdI Giorgia Meloni. Eccesso di cortesia? Oppure l’inizio di una strategia fiscale che la futura premier avrebbe illustrato poi, alle Camere, da premier?

Quel Rapporto in realtà non ha niente di così segreto. Ma registra un fatto forse considerato scomodo per l’attuale maggioranza: la lotta all’evasione digitalizzata funziona in termini di riduzione del tax gap e di recupero di gettito, come pure danno frutti la dichiarazione precompilata, la fattura elettronica, i Pos, gli scontrini elettronici, l’incrocio delle banche dati.

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04 Settembre 2022


La battaglia contro il Grande Fratello Fiscale

Un problema per Meloni che a più riprese nella scorsa legislatura, dai banchi dell’opposizione e sui social (l’ultima volta in aprile) tuonava contro il “Grande fratello fiscale”, contro il “governo dei migliori” che vuole “controllare gli incassi commerciali tramite Pos, con la scusa dell’evasione fiscale”. Di qui l’attacco di martedì: serve una “nuova Agenzia delle entrate” per una “vera, serrata lotta all’evasione”. Non più “a caccia del gettito”, ma degli “evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva”. Implacabile con i “grandi”, morbida con i “piccoli”: la sua constituency elettorale. Ma chi sono i grandi e chi i piccoli?

“Ci sono falsi piccoli perché evadono tanto, spesso a reddito zero, e grandi contribuenti che non sono grandi evasori”, osserva Alessandro Santoro, già consigliere dell’ex ministro dell’Economia Franco e presidente della commissione che ha redatto il Rapporto sull’evasione sparito. “Noi l’abbiamo chiuso nei tempi, il resto dipende dalla politica. Mi sento solo di dire che rinunciare all’analisi del rischio evasione tramite l’incrocio dei dati farebbe fare un passo indietro all’Italia e di sicuro metterebbe a rischio l’obiettivo del Pnrr di ridurre il tax gap al 15,8% entro il 2024, dal 18,5% del 2019“.

Ci sono voluti due anni e mezzo, dalla finanziaria per il 2020 allo scorso giugno, per mettere in moto la macchina che consentirà – con l’ok della Privacy – di fare liste selettive anonime di contribuenti per cui non si spiegano in nessun modo (eredità, donazioni, vincite, vendite di immobili) gli scostamenti tra il saldo di inizio e fine anno dei conti correnti.

Il piano Meloni per l’Agenzia delle entrate: controlli solo ai grandi evasori. E la Lega vuole rialzare il tetto al contante a 10mila euro

di Valentina Conte

26 Ottobre 2022


Una “nuova Agenzia delle entrate” e la spinta al contante

Giorgia Meloni questo meccanismo non piace, specie se coinvolge esercenti, commercianti, partite Iva. Lo ha detto da leader d’opposizione, lo ripete da premier. E mette, erroneamente, nel mirino l’Agenzia delle entrate, rea di fare pesca a strascico con i controlli della Guardia di Finanza. “Vogliamo ancorare i risultati dell’Agenzia agli importi effettivamente incassati da recupero dell’evasione fiscale e non alle semplici contestazioni, come incredibilmente avvenuto finora”, ha detto martedì alla Camera.

In realtà non succede più dal 2009. Di qui lo stupore dell’Agenzia delle entrate, guidata da Ernesto Maria Ruffini, in sella col governo Renzi, Conte II e Draghi: “Ma se è stato proprio un governo di centrodestra a cambiare questa regola più di dieci anni fa!”. Se ne incaricò l’allora ministro dell’Economia Giulio Tremonti nel Berlusconi IV, l’esecutivo in cui Giorgia Meloni era ministro della gioventù.

La premier ora però punta ad altro. A sancire la fine della “transizione ordinata” con il governo Draghi. A dare un segnale a chi l’ha votata. E se l’idea di alzare la soglia del contante viene dalla Lega, è solo perché l’hanno bruciata sul tempo. Già nel governo Draghi la soglia fu portata da mille a 2 mila euro con un blitz notturno di Lega e Forza Italia (che erano in maggioranza), durante l’esame del decreto Milleproroghe e nonostante il parere contrario del governo Draghi. Ora l’affondo. E siamo solo all’inizio.

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