La sinistra ricominci dalla cura dei ragazzi

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La sinistra o è lungimirante e visionaria o non è. O è capace di mettere in pratica e rendere concreti e sperimentabili qui e ora alcuni frammenti di un futuro più giusto e capace di contrastare le discriminazioni, o non è credibile e non raccoglierà attorno a sé i diversi bisogni e desideri di cambiamento, che costituiscono l’unica leva capace di agitare e muovere la storia.

Maestre e maestri di nidi, scuole dell’infanzia e primarie, che in questi anni hanno accolto e si sono cimentate a rendere ospitali le nostre scuole a centinaia di migliaia di figlie e figli di famiglie immigrate hanno fatto politica – talvolta inconsapevolmente – e hanno fatto politica di sinistra, perché stavano prefigurando un mondo migliore di quello che c’è intorno alla scuola, sempre più impregnato di umori discriminatori.I progressi civili sono sempre legati a un allargamento del noi. Promuovere questo allargamento è cosa di sinistra.

Le tante associazioni e gruppi del volontariato sociale e del terzo settore che si arrabattano tra bandi, incertezze economiche e precariato, per prendersi cura di chi abita nei territori più disgregati e abbandonati, riescono a dare dignità e speranza a chi è escluso perché tessono relazioni affrontando problemi concreti.

Paradossalmente, nel tempo del metaverso, la sinistra potrebbe trovare linfa nell’accorgersi che nei territori più sofferenti da tempo si stanno sviluppando forme di socialità e sostegno reciproco che richiamano le società di mutuo soccorso dell’Ottocento. Queste piccole comunità, assai diverse tra loro, rispondono a un bisogno di militanza, che ha forme del tutto differenti da quelle vissute nei partiti nel ‘900, eppure incarnano ciò che è alla radice della sinistra, che sta nel non accontentarsi del presente, non tollerare l’ingiustizia sociale e contrastare ogni discriminazione.

Ho la sensazione che non ci si renda conto a sufficienza del grado di sofferenza in cui vivono ragazze e ragazzi nel dopo pandemia, incupito dalla presenza incombente di una guerra vicina. Sono cresciuti a dismisura i tentativi di suicidio, le forme di autolesionismo o isolamento e il moltiplicarsi di aggressività distruttive.

E allora penso che la sinistra abbia un ottimo laboratorio per ripensare a se stessa, se riesce a mettere al centro della propria riflessione e azione la sofferenza infantile e adolescenziale, insieme ai due milioni di giovani che non studiano e non lavorano. 

Il fatto che una porzione così consistente delle nuove generazioni venga espulsa dalla scuola o non abbia trovato modo di credere alla conoscenza come luogo di scoperta di sé e preparazione alla vita rappresenta una sconfitta per i docenti, le famiglie, la società tutta.

C’è stato un tempo in cui la sinistra, non potendo governare il paese, nelle città che amministrava faceva a gara per costruire le scuole dell’infanzia più belle e innovative, perché erano le uniche di competenza comunale. Diego Novelli, primo sindaco comunista nella città della Fiat, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, promosse con Fiorenzo Alfieri un progetto di “città educativa” fondato su una partecipazione attiva delle più diverse professioni e mestieri, chiamate ad aprire la città a studentesse e studenti. 

Tutto è cambiato da allora, ma per superare le discriminazioni di partenza e uscire da nicchie antropologiche asfissianti, c’è bisogno di una scuola ripensata a fondo e di una città capace di aprirsi e rigenerarsi, ampliando la qualità culturale dei territori che dovrebbero essere ravvivati da spazi sociali e biblioteche, luoghi di produzione e fruizione artistica, piazze vivibili e verde curato e, soprattutto, da laboratori di formazione e sperimentazione di nuovi mestieri, tutti da inventare, perché ci aspetta almeno un decennio da dedicare alla cura. Cura del Pianeta e cura delle relazioni reciproche. 

Le crisi provocano sconvolgimenti inaspettati che dipendono dalle forze in campo, ma anche dalle idee che circolano. Dalla crisi degli anni Trenta è sorto il New Deal, ma anche il nazismo. E non riesco a capire perché una critica radicale alla distruttività sociale e ambientale dell’economia finanziaria e capitalista che ci governa sembra la possa fare solo un Papa argentino.

A ispirare la sinistra mi piacerebbe fossero anche due ragazze che sono state capaci di ribellarsi a leggi ingiuste e pratiche distruttive. Malala Yousafzai e Greta Thunberg, con le loro scelte radicali e la nitidezza delle loro parole, hanno posto due questioni chiave che ci accompagneranno a lungo: la libertà di studiare e forgiare il proprio destino a prescindere dal genere e dalla provenienza; la cura degli equilibri del Pianeta, da attuare attraverso una conversione ecologica capace di mettere in causa scelte economiche e comportamenti individuali.

Franco Lorenzoni Franco Lorenzoni è un maestro elementare e insegna a Giove, in Umbria

Sono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Cappelli), Giorgio Tonini

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