Soccorsi sì, porti aperti no. La strategia di Piantedosi per smarcarsi da Salvini

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Roma – Sui banchi del governo al Senato siedono accanto e parlottano spesso. Ma Salvini vorrebbe subito la prova muscolare, Piantedosi persegue la strada delle quote di flussi regolari. Se fosse per il leader della Lega, il divieto di ingresso in acque territoriali alla Ocean Viking e alla Humanity 1, le due navi umanitarie che hanno a bordo 414 migranti, sarebbe già stato firmato. Ma adesso il pallino non è più nelle sue mani come tre anni fa e al Viminale su quella che fu la poltrona di Salvini siede Matteo Piantedosi. Che sarà pure un tecnico che ha accettato di far parte di un governo politico di cui condivide l’orientamento, ma che intende far valere il suo ruolo. Che non è più quello di capo di gabinetto ma di ministro che oggi presiederà il suo primo Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica (ci sarà anche la Guardia costiera e l’Intelligence) da cui potrebbero già venir fuori le prime misure da portare in Consiglio dei ministri.

(ansa)

La strategia di Piantedosi

«Per il futuro la linea sarà puntare a che non ci siano navi che trasportano migranti nel Mediterraneo. Faremo una forte azione di intesa con i Paesi di origine dei transiti per governare i flussi. Significa fare in modo che siano gli Stati, quelli di origine e destinazione, a governarli concedendo a questi Paesi delle quote di flussi di ingresso regolare. Si farà questo tipo di azione. Verrà proposta ai Paesi di origine, che sono la Tunisia, la Libia, l’Egitto, l’Algeria». Per porre un freno agli sbarchi, che ieri hanno superato quota 80mila da inizio anno, Piantedosi ha una strategia condensata in due parole: «Rigore e umanità». Rigore è la linea che ha deciso di adottare nei confronti della flotta umanitaria. Per adesso solo l’adozione di una direttiva e l’invio, di concerto con la Farnesina, di una nota verbale agli Stati di bandiera delle navi, che suona come un avvertimento: la musica è cambiata, le navi taxi del mare non sono gradite, gli Stati di bandiera se ne facciano carico, in Italia si entra con i canali umanitari o con i flussi legali. D’altra parte – ha sottolineato Piantedosi da subito – salvare vite in mare è una priorità. Come la Guardia costiera italiana continua a fare anche se solo in zona Sar italiana e non oltre.

I salvataggi della Guardia costiera

E certo suona quasi come una beffa per il governo che proprio le navi della Guardia costiera abbiano sbarcato nei porti italiani ben 3.000 migranti in tre giorni, gli ultimi 1.200 soccorsi ieri a bordo di due barconi partiti dalla Cirenaica, grandi come non se ne vedevano da tempo. Soccorsi sui quali, ma già con il governo precedente, la Guardia costiera tiene un basso profilo (comunicati scarni e in ritardo, niente foto e video). Tremila, dunque, i migranti già sbarcati a fronte dei 380 a bordo delle due navi umanitarie che si preparano a una lunghissima attesa in mare. A bordo della Ocean Viking e della Humanity 1 non è arrivata alcuna comunicazione, nè dall’Italia nè dai rispettivi Stati di bandiera ma i capimissione sanno già che appena chiederanno il porto dall’Italia riceveranno silenzio o diniego. E comincerà il braccio di ferro perchè (vale ricordarlo) anche con Salvini al Viminale, alla fine – dopo attese più o meno lunghe – tutti i migranti sono sempre stati fatti sbarcare anche per ordine della magistratura.

(ansa)

Le denunce delle Ong

Quel che è certo è che nel Mediterraneo la tensione è destinata ad alzarsi ulteriormente. In area Sar sta tornando anche la Geo Barents di Msf mentre la Sea Watch denuncia che la Guardia costiera libica avrebbe minacciato di sparare contro l’areo Seabird della Ong. Lo stesso aereo che ha scattato delle foto che costituiscono l’ennesima prova della complicità tra la Guardia costiera libica e i trafficanti: un barchino intercettato l’8 ottobre, i migranti riportati indietro, lo stesso barchino (identificato da un numero sulla fiancata) fotografato tre giorni dopo con altri migranti, prova che la Guardia costiera invece di distruggere l’imbarcazione l’ha riconsegnata ai trafficanti. Foto imbarazzanti alla vigilia del rinnovo degli accordi Italia-Libia di cui ieri 40 associazioni a Roma hanno chiesto una improbabile revoca al governo che invece intende rafforzare il patto con Tripoli. 

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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