Veleni a destra su Giustizia e Covid. Ergastolo ostativo, il faro del Colle

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Un debutto segnato dall’esigenza di “discontinuità”, parola d’ordine fatta filtrare da Giorgia Meloni, ma accompagnato dai malumori di Forza Italia. Oggi, alle 13, andrà in scena il primo Consiglio dei ministri del governo di destra. Tre i provvedimenti annunciati da Palazzo Chigi: ergastolo ostativo, rinvio della riforma Cartabia e abolizione dell’obbligo vaccinale per i medici. Ma l’elenco sarà più corposo: sul tavolo del Cdm anche il giro di vite sui megaraduni e i rave party del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Ma non cessano i borbottii dei forzisti, soprattutto dei “falchi“ dell’ala Ronzulli, che sabato hanno messo nel mirino proprio la norma anti-Covid: «Non credo che sia la pandemia il settore dove esercitare discontinuità», ha detto la senatrice. Non è escluso che sull’impianto della lotta al virus, anche dopo il monito di Mattarella, la linea del governo possa ammorbidirsi: è probabile che il ministro della Salute Orazio Schillaci, ad esempio, firmi un decreto che non abolisce del tutto – come annunciato – l’obbligo di mascherine in ospedali e Rsa. Mentre è in corso una riflessione sull’obbligo vaccinale per i camici bianchi, che è di competenza dell’intero Cdm. Ma difficilmente questa misura cambierà.

Forza Italia nelle ultime ore sfoga nelle chat interne il suo malessere anche nei confronti del provvedimento sull’ergastolo ostativo, che permette ai condannati per mafia che non collaborano con la giustizia di accedere ai benefici penitenziari solo se hanno riparato il danno alle vittime e dimostrano con “elementi specifici” di aver reciso i rapporti con i clan. Il fatto è che, per anticipare l’udienza della Consulta (che ha bacchettato il Parlamento per i ritardi e si appresta a riunirsi), il governo Meloni approverà oggi un decreto che contiene lo stesso testo sul quale FdI si era astenuta alla Camera a fine marzo. In un messaggio che circola fra i forzisti, un eletto si è preso la briga di verificare cosa disse in Aula il deputato meloniano Andrea Delmastro: «Noi non crediamo sia il caso di gargarismi garantistici contro la mafia».

Nello stesso whatsapp, si ricorda che «la presidente del Consiglio e i ministri di FdI si apprestano a votare un dl che contiene una normativa che hanno contestato e non votato in Parlamento. Sarebbe interessante sapere – è scritto – cosa risponderebbe la Signora (così viene definita Meloni) se nella conferenza stampa a Chigi le venisse chiesto se il dl sarà aperto a modifiche in sede parlamentare». FI rimprovera dunque alla premier una mancanza di coerenza. Ora, la vicenda è più complessa, perché il governo ha intenzione di approvare questo testo solo come base di discussione, non chiudendo a future modifiche. Ma qualora arrivassero in Parlamento correzioni al decreto in senso più rigoroso, ovvero che negassero ogni beneficio per chi non collabora – e Meloni ne ha parlato apertamente – Forza Italia sarebbe pronta a opporsi in ossequio alla sua linea garantista: «Quello trovato alla Camera mi sembra un valido compromesso», afferma l’azzurro Pietro Pittalis.

Querelle politica a parte, ce n’è una tecnica – di rilevantissimo conto – che incombe sulla partita del decreto: il primo del governo Meloni che certo non può andare incontro a un altolà del Quirinale. Sergio Mattarella è da sempre rigoroso nel vagliare i presupposti “di necessità e urgenza” dei decreti legge. In questo caso l’interrogativo sul tavolo del capo dello Stato è semplice: fino a che punto la prossima udienza della Consulta, fissata per l’8 novembre, peraltro nota da sei mesi (come non bastasse una proroga rispetto ai 12 mesi dati in precedenza), può costituire di per sé una causa di effettiva urgenza? O piuttosto il governo, nel ricorrere al decreto, cerca di prevenire, e quindi ostacolare, una decisione in chiave garantista della Corte che andrebbe contro il “Meloni pensiero” sul carcere duro?

Certo è che – come tante volte ha messo in chiaro il Quirinale – anche stavolta toccherà al governo motivare con ampiezza le ragioni d’urgenza che lo hanno spinto al decreto legge. Resta il giallo sulla posizione del Guardasigilli Carlo Nordio: non pochi si sono accorti del riserbo, in questa materia, del ministro. Fonti a lui vicine minimizzano: «Nordio commissariato? Non scherziamo. È un deputato di FdI che gode della piena stima di Meloni che lo ha voluto ministro». Ma l’Unione della camere penali boccia i primi provvedimenti sulla giustizia del governo e chiede un incontro a Nordio: «Il giudizio è drasticamente negativo».

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