Dalla sua nascita, il Partito Democratico si è posto come punto di riferimento del centro sinistra italiano. Poi, nei suoi 15 anni di vita, la sua centralità è andata svanendo e i segni della crisi sono chiari. Ha avuto quattro segretari eletti con le primarie e nessuno di loro ha terminato il mandato. Anche Enrico Letta, eletto non alle primarie ma in assemblea, ha dovuto rinunciare a ricandidarsi.
È un caso? Non credo. In così breve tempo il Pd ha avuto non solo le quattro dimissioni di segretari eletti plebiscitariamente e la rinuncia di Letta, ma anche quattro scissioni, di cui quelle di Bersani e Renzi molto sanguinose. Tutto questo ci dice che la radice profonda della crisi del Pd va ricercata non nella persona dei suoi segretari, ma nella poca chiarezza della linea politica e in una forma partito superata. Non si fa politica senza far capire con nettezza quale parte della società si vuole rappresentare e come si intende farlo. Per un partito di sinistra tra le priorità ci sono il completamento del cammino dell’Europa, la divisione dei poteri, lo stato di diritto.
Ma, ancor prima, i poveri, i senza diritti, il ceto medio impoverito, i giovani e le donne. Più sanità, sicurezza, scuola e sviluppo economico. Non è poco, specie in tempi di governo della destra, di crisi economica, di guerra e di grandi rischi internazionali. Quando, cioè, alla sinistra sono richieste posizioni chiare.
La presidente Meloni da un lato e Giuseppe Conte dall’altro stanno cercando di impadronirsi della base sociale della sinistra. Non sono credibili, ma il Pd ha reagito con timidezza, in Parlamento si è sentito poco. Ogni volta che la sinistra dice di voler esser qualcosa che non corrisponde a quello che realmente è, sono pezzi di elettorato che se ne vanno via. Nel 40% che non è andato a votare ci sono molti elettori delusi dal Pd. E’ quello il primo campo largo della sinistra. Aveva ragione Emanuele Macaluso. Il Partito Democratico è nato in fretta, senza una chiara identità politica. Con il Pd si è voluto rimediare a una vistosa crisi elettorale dei due partiti fondatori, Ds e Margherita. Adesso vediamo gli effetti negativi della fusione fredda. In 15 anni nessun congresso ha affrontato il nodo politico e, conseguentemente, i problemi si sono via via dilatati. Da qui nasce non solo il malessere che serpeggia nel Pd, ma anche il suo isolamento parlamentare, il fallimento delle sue alleanze, lo stallo alle elezioni.
Essere di sinistra vuol dire produrre valore
di Giovanni Cominelli
Da pochi mesi i gruppi parlamentari del Pd hanno cambiato il nome. Da “Partito Democratico” in “Partito Democratico. Per un’Italia democratica e progressista”. Cambiare, senza una ragione visibile, un nome bello e completo, serve solo a confondere le idee. Su proposta di Enrico Letta, il prossimo congresso del Pd sarà Costituente, a conferma che eleggere un nuovo segretario non basta. La crisi politica del partito è così profonda che serve una sua vasta rifondazione, una vera rigenerazione da cui possa poi venire l’elezione del nuovo segretario. Nei loro alti e bassi elettorali, i grandi partiti storici da cui viene il Pd non hanno mai dimenticato la loro identità politica, il loro ruolo nel Paese. Oggi il Pd è chiamato a dimostrare di saper dare linea politica al suo pensiero. Se non dovesse farcela, l’elezione del nuovo segretario, chiunque verrà eletto, sarà decisamente insufficiente.
L’ultima direzione del Pd si è divisa tra chi sostiene l’urgente necessità di dare un leader al partito e chi pensa che definire la linea politica e la forma partito venga prima. Non è una divisione tattica o di potere, ma di sostanza politica. È difficile che in pochi mesi possa tenersi un congresso realmente Costituente. Un lavoro serio di ricostruzione di un grande partito implica preparazione, progettazione, approfondimento, ascolto attento della società, idee, tempi lunghi di riflessione e confronto, incompatibili con una battaglia congressuale. Il Pd può scegliere tra la veloce elezione del nuovo segretario e un congresso che sia realmente Costituente. L’esperienza dovrebbe aver insegnato che eleggere i segretari senza aver risolto nodi vecchi di 15 anni, non è la soluzione.
Per rifondare il Pd serve una costituente
di Gianni Cuperlo
Al Pd serve una Costituente che coinvolga il meglio del Paese, che indichi il senso della sua presenza nel sistema politico italiano e decida linea politica e perimetro delle alleanze. Una grande iniziativa di cultura politica, qualcosa di pensato e ragionato, che impedisca al Pd di avvitarsi nella spirale involutiva iniziata con le elezioni del 25 settembre e che, secondo i sondaggi, si starebbe aggravando.
Per questo delicato passaggio bisogna trovare un segretario-garante che, chiusa la Conferenza, non possa partecipare alle primarie per la segreteria. Che resti in carica un anno o poco più, indica subito la Conferenza Costituente, ne garantisca i lavori e le conclusioni, amministri il partito in forma collegiale, convochi il congresso per eleggere il nuovo segretario nell’autunno-inverno 2023. La storia politica dell’Italia aveva affidato ai partiti da cui il Pd è nato, il compito di guidare il centrosinistra. Per il Pd questa non è una rendita, ma una responsabilità che per essere esercitata ha bisogno di un partito forte con le idee chiare.
Il Pd deve cercare di colmare quel vuoto di pensiero che gli italiani hanno percepito quando hanno dato il loro voto al centro destra. A questo dovrebbe servire una grande Conferenza Costituente. A comprendere l’identità di un partito di sinistra in una moderna democrazia occidentale. Promuoviamola subito.
Il dibattito su RepubblicaSono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Pietro Ichino, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli
Bruno Simili: “Il Pd riparta dalle diseguaglianze”
di Eleonora Capelli