Credo che il dibattito delle “idee” che su questo giornale è partito dal giorno dopo la sconfitta del Partito democratico alle elezioni, e il dibattito che è presente anche su altri giornali, finiscano per raccontare probabilmente l’esatto contrario del problema che si pongono: non è una questione di persone, ma è una questione di idee — questo è il presupposto. Ma poiché le idee che vengono fuori sono tante, spesso contraddittorie, che raccontano di un territorio sterminato che va ancora percorso e occupato, allora forse le idee esistono già.
Quindi temo che quello a cui stiamo partecipando sia allo stesso tempo un tentativo di fermare dei concetti fondamentali, ma anche un teatrino dell’ipocrisia al quale forse bisognerebbe porre fine. Mi spiego: i problemi della sconfitta del Pd alle elezioni da molti anni sono senz’altro complessi e sfaccettati, e ognuno può scegliersi il motivo principale che ritiene decisivo. Ma non stiamo affrontando la questione più eclatante che sta accadendo all’interno del Pd dal giorno successivo alle elezioni. Sta succedendo, cioè, la cosa più scandalosa che si potesse immaginare; e se non ne parliamo, e parliamo delle idee, finiamo anche involontariamente per essere complici, tutti, anche i giornali, di questo scandalo.
Quello che sta succedendo si può sintetizzare così: niente.Non sta succedendo niente.
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Sta succedendo anzi che il gruppo dirigente del Partito democratico, che tutto intero porta il peso di molte sconfitte negli anni, si è asserragliato nella sede del Nazareno, e non ha intenzione di uscirne. Promette di farlo tra qualche mese. Ma è possibile che l’effetto di una crisi si possa affrontare qualche mese dopo? È possibile che le persone che hanno perso le elezioni e che se ne assumono anche la responsabilità, lealmente, continuino a essere lì, promettendo che se ne andranno? Ma questi mesi così, che senso hanno?Eccolo, il niente. E questo scandalo non è più sopportabile.
Il gruppo dirigente del Pd è costituito da persone serie, oneste, che nel tempo però hanno istituito correnti, quindi piccoli gruppi di potere, e abitudine a ruoli dirigenziali. E si sono chiusi dentro questa bolla di potere, discutibile. È successo sia con volontà, sia involontariamente — non importa. Faccio l’esempio di due persone tra le altre, che secondo il mio parere sono particolarmente stimabili: Enrico Letta, il segretario, ha provato a cercare una strada virtuosa per il partito, si è assunto responsabilità per il Paese così controproducenti per il partito (e questo ne sancisce l’onestà politica) da aver dichiarato, dopo la sconfitta, che il tempo della responsabilità deve finire; si può apprezzarlo o meno, ma non si può mettere in dubbio la sua serietà e anche la volontà politica. Dario Franceschini, altro esempio, è stato a lungo ministro della Cultura, per più governi e anche in periodi di emergenza estrema, ha dimostrato di essere uno dei migliori ministri che si siano avuti in quel dicastero. Anche su questo si può essere d’accordo o no, ma molti fatti parlano a suo favore.
Il problema è che questo gruppo dirigente, formato soprattutto da persone di valore, ha perso completamente il rapporto con la realtà fuori dal Nazareno. Qui fuori c’è un mondo, come è stato detto più volte, di elettori pazienti o altri elettori possibili di tutto l’arco del centrosinistra, che sono animati da una vitalità ancora intatta, da una voglia enorme di spendere energie; qui fuori ci sono giovani che hanno a cuore problemi che un partito di sinistra dovrebbe avere a cuore quanto loro. Lì dentro, asserragliate nel Nazareno, ci sono delle persone ormai incapaci di reagire e di costruire un partito rinnovato e vitale, che corrisponda, o almeno si avvicini, alla grande energia a disposizione che propongono i potenziali elettori, tutti coloro che, delusi e non (ma quasi tutti delusi) non aspettano altro che un rinnovamento di persone e di idee.
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In queste condizioni, parliamoci chiaro, è un’ipocrisia dire che è una questione di idee e basta. No. Le idee nuove possono portarle persone nuove. La generazione successiva che aspetta che il Nazareno venga liberato da chi lo occupa. Al limite, i dirigenti di oggi dovrebbero aiutare a individuare le persone giuste che possono interpretare idee rinnovate, e molte di quelle idee vengono espresse da ogni parte, e a volte indicate (anche su queste pagine) come idee elementari che è impossibile non aver preso in considerazione.
Invece, il gruppo dirigente sconfitto a queste elezioni — e più ampiamente, il gruppo dirigente che ha costruito il Partito democratico e ha fallito nella maggior parte dei suoi obiettivi politici per tutti gli anni Duemila — non ha nessuna intenzione di uscire dal Nazareno e di rinunciare al potere che ha.
Le dimissioni di Letta promesse per un tempo che ormai sembra lunghissimo (e non si capisce come non sembri lunghissimo soprattutto a lui, adesso) stanno diventando paradossali. Il distopico congresso virtuale che dura mesi e di cui nessun essere umano può essere a conoscenza, non si sa cos’è, dov’è e in cosa consiste. Il gesto poi più eclatante dell’asserragliamento è stata la conferma dei capigruppo del Partito alla Camera e al Senato: Debora Serracchiani e Simona Malpezzi sono le stesse della precedente legislatura, come se nulla fosse successo. È chiaro che nessuno vuole rinunciare a quello che ha conquistato individualmente, e in politica è un errore gravissimo agli occhi degli elettori.
Quindi, forse bisognerebbe scuotere questo addormentamento, questa che ormai appare una lunga estenuante melina per uscire dal momento difficile e arrivare a un tempo il più lontano possibile per cercare di salvare quello che c’è ora. Lo dico con affetto per un partito che dovrebbe essere il grande partito del centrosinistra italiano: è una situazione ridicola, ed è incredibile che persone intelligenti non se ne rendano conto.
Bisogna che questo gruppo dirigente, che le persone serie e consapevoli (proprio perché serie e consapevoli) smettano di essere asserragliate nella sede del Pd aspettando che il tempo passi. È l’errore più grande che si possa commettere, ed è diventato un errore più grande degli errori fatti in campagna elettorale. È quello che sta succedendo adesso che è grave: tutti qui fuori si fanno mille domande su cosa si possa fare, e lì dentro sono silenziosi, attendono pazientemente che passi la tempesta, non lasciano spazio.
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Si tratta di questo ormai: di una reazione mancata alla sconfitta. Un fatto gravissimo, che fa pensare addirittura a un’indifferenza per gli esiti che gli elettori italiani hanno indicato. E a un’indifferenza alle idee che fuori in molti cercano di individuare per un rinnovamento. Lì dentro, chiusi, non si rinnovano, cercano di conservare ciò che hanno ottenuto, anche se è un bottino gramo.
Credo quindi che in un partito serio si dovrebbe procedere altrimenti. La prima cosa da fare, se le capigruppo alle Camere hanno a cuore il destino del partito e non quello personale, è dimettersi subito dalle cariche aprendo una crisi evidente e conclamata. Il gruppo dirigente dovrebbe dimettersi, Enrico Letta dovrebbe dimettersi ora, non a marzo, e bisognerebbe aprire le porte del Nazareno, far uscire tutti, liberarlo, e ricominciare da capo. Con idee e persone nuove.
Ma non penso che questa cosa debbano pensarla solo quelli che stanno qui fuori o scrivono sui giornali o intervengono nelle trasmissioni televisive. Penso che debbano essere loro lì dentro per primi a pensarlo: Letta, Cuppi, Serracchiani, Malpezzi, e tutti gli altri, soprattutto coloro che sono protagonisti da anni. Molti di loro saranno in Parlamento per i prossimi cinque anni, ma non significa che debbano occupare il Partito nonostante tutto.
Insomma, i padri fondatori e la generazione che ha costruito il Partito democratico è arrivato il tempo che si faccia da parte. Io sogno (ma è un sogno, lo so) che nessuno più vada a intervistare Goffredo Bettini, Pier Luigi Bersani e Massimo D’Alema (gli ultimi due si erano diabolicamente sfilati dal partito); anzi, poiché gli intervistatori cercano chi gli pare, sogno allora che siano loro tre a rispondere: basta, noi andiamo in pensione, non cercateci più, ci saranno altri che cercheranno di fare meglio.
Perché di questo possiamo essere sicuri: si può fare meglio. E quindi bisogna lasciare spazio a chi può fare meglio. È una richiesta che fanno molti elettori del Pd: smettetela di essere asserragliati nel Nazareno. Uscite da lì.
Il dibattito su RepubblicaSono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Pietro Ichino, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli, Luigi Zanda