Da qui, da Sharm, dal luogo dove in questi giorni le nazioni e le comunità internazionali discutono di come rallentare la deriva accelerata del surriscaldamento globale (ahi… quanto ci manca la voce stridente di Greta ad aprire una breccia nel brusio delle diplomazie), la politica italiana e la sua sinistra appaiono lontanissime. Ma non si tratta di una questione di distanze spaziali o geografiche; è piuttosto una questione di tempo.
Quando si ragiona sui cambiamenti climatici, sul calore proiettato sulla Terra da un’atmosfera colma di anidride carbonica, sui milioni di migranti in fuga dai territori in via di desertificazione, sulla progressive estinzione di migliaia di specie vegetali e animali, si ragiona sui prossimi decenni, addirittura sui secoli. E insieme si discute sull’urgenza di azioni immediate (ancora insufficienti, ancora in ritardo, ancora non coordinate) per invertire tendenze in corso da almeno 150 anni. Il “senso del tempo” che in questi giorni circola nei corridoi e nelle sale della zona blu del summit di Sharm è quello di un “futuro istantaneo”: fare subito cose che possano avere effetti evidenti tra dieci, venti, cinquant’anni. Sapendo che non farle significa abbandonarsi ad un destino già scritto.
Al cospetto di questa sorta di brusco ma salutare corto circuito temporale, che ci invita ad agire subito per cambiare un futuro lontano, il pensiero “presentista” della nostra politica e delle nostre forze progressiste appare come una sorta di palude. Immobile – anche se vibrante di tattiche elettorali, di “scelte di campo”, di “equilibri tra correnti” che si misurano inevitabilmente sugli anni delle dita di una mano. Che tuttavia il futuro sia diventato instantaneo, cioè – seppur lontano – tremendamente condizionato dagli eventi presenti, lo dovremmo avere imparato. Negli ultimi venti anni (ce lo hanno spiegato bene Chiara Giaccardi e Mauro Magatti) siamo stati vittime di 4 grandi shock globali – terrorismo integralista, crisi finanziaria, pandemia, guerra in Ucraina esplosi a partire da eventi imprevisti e per alcuni aspetti ancora indecifrabili.
Quattro “esplosioni” (11/9, crollo dei titoli sub-prime del 2008, spillover a Hu Wan nel 2019, aggressione russa pochi mesi fa) che hanno lacerato un presente ordinario di certezze e previsioni portando nelle nostre vite un enorme carico di inquietante incertezza. Una fragilità tanto più profonda se pensiamo a come questi eventi improvvisi e carichi di effetti futuri, perché accompagnati dal “basso continuo” del cambiamento climatico, abbiano saputo intaccare la convinzione più profonda delle nostre vite: la certezza della sopravvivenza della nostra specie sul nostro pianeta. Ma di questo, nella politica italiana, non si discute mai.
Viene da chiedersi se la potente amnesia della politica e della sinistra verso gli scenari della nostra vita futura in quanto specie egemone sulla Terra, sia frutto di arroganza o di paura. Di chi pensa di conoscere tutto, di essere comodamente nel giusto, di poter gradualmente conquistare grazie ad un pensiero razionale i territori dell’ignoto. Di chi a tutti i costi vuole vivere il presente come una condizione permanente e di breve respiro, che si alimenta e riproduce contando i mesi che ci separano dalle elezioni, dalle primarie, dal prossimo sondaggio o congresso.
O se invece questa amnesia verso il futuro nasca dalla paura di un “Ignoto” (quello che non sappiamo di non sapere) che è entrato prepotentemente nella vita di tutti. Lo capiamo guardando quel cielo che pensavamo di conoscere e che oggi si presenta popolato da miliardi di galassie; ma anche cercando di decifrare l’imprevista moltitudine di popolazioni batteriche che oggi scopriamo abitare i nostri corpi; o le migliaia di chilometri di materia che stanno sotto i nostri piedi quando calpestiamo un pianeta di cui conosciamo a malapena la buccia.
La verità è che se il futuro, se i futuri possibili, sono oggi così dipendenti dalle nostre scelte istantanee, è anche perché abbiamo capito che non ci basteranno gli equilibri politici, gli algoritmi e le statistiche previsionali a schiarire le nebbie di un mistero che si è ampliato al punto da non rappresentare più solo la parte opposta, la faccia oscura del mondo conosciuto ed esplorato, ma che ci avvolge tutti. La geografia del mistero non è più infatti solo un tema di conquista graduale, ma di tolleranza, di sua accettazione come presenza costante nella nostra vita.
E il “futuro istantaneo” (così caro a un pensatore come Franco Bolelli) è esattamente quello che ci serve per muoversi in un mondo di incertezze e imprevisti. Perché, pur accettando l’ignoto davanti a noi, non c’è nessuno dei grandi affreschi sul futuro della nostra specie nel mondo che non sia potente nell’indicarci quali debbano essere le scelte da fare, oggi, per una politica progressista. Vale per il cambiamento climatico, che dovrebbe indicarci la strada della transizione ecologica non come variabile opzionale ma come unico modello di sviluppo economico; vale per la desertificazione delle parti abitabili del pianeta, che dovrebbe portare le politiche sulla biodiversità e sull’acqua – bene prezioso e scarso – al centro delle politiche nazionali; ma anche per l’accelerazione esponenziale dei flussi migratori, che dovremmo cominciare a intercettare ed accogliere, piuttosto che esorcizzare impauriti.
E non ci può stupire il fatto che solo da chi sa come trattare la sfera del mistero e dunque di un presente che si interroga di continuo sul futuro della vita – la Chiesa cattolica – vengano oggi le risposte più lucide, più chiare e progressiste, come è stato per la straordinaria Laudato si’ di Papa Francesco.
La sinistra italiana vista da Sharm è un anziano signore impaurito e fermo che si guarda la punta delle scarpe, quando invece basterebbe alzare lo sguardo per capire in quale direzione muoversi e perché sarebbe in fondo facile farsi seguire.
Camminando a testa alta anche se nella nebbia, per evitare le buche sul marciapiede.
Il dibattito su RepubblicaSono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Pietro Ichino, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli, Luigi Zanda, Michele Salvati, Giuseppe Laterza, Enrico Letta