Massimo Cacciari: “Il Pd deve ritrovare il contatto con le masse”

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Professor Massimo Cacciari, come si salva la sinistra? “Solo se affronta sul serio la questione sociale. Dovrebbe essere il cuore del suo agire”. 

Tra operai che votano a destra e astensionisti ci sarebbe una prateria da conquistare. “Come hanno capito tutti quelli che negli ultimi vent’anni sono passati rapidamente dal 5 al 30 per cento. Ma per farlo bisogna essere credibili nelle proposte. E costruirvi attorno un radicamento sociale e territoriale frutto delle lotte che si compiono, non di quelle fatte per portare le borse al capocorrente di turno. Invece vedo che nel Pd la discussione congressuale gira ancora su chi ha più immagine per fare il segretario”. 

Manca umiltà? “Questa è una cosa che a destra hanno capito. Giorgia Meloni cerca di essere umile, perché percepisce la delegittimazione che investe il sistema politico. Invece a sinistra tutti professori, e più perdono e più diventano arroganti”. 

La sinistra però non è in crisi ovunque? “Il Welfare del dopoguerra fondava le sue fortune anche su uno scambio iniquo tra i Paesi ricchi e quelli in via di sviluppo e la politica delle socialdemocrazie era quella dello Stato sociale. Rappresentavano settori sociali relativamente omogenei, classi organizzate da potenti sindacati. Il venir meno di questi fattori spiega le ragioni oggettive della crisi delle socialdemocrazie”. 

Quel mondo non c’è più da tempo. “Sì, è crollato. Ci aggiunga che la ricchezza ha smesso di crescere negli ultimi vent’anni in tutta Europa. Un terremoto. Ma cosa si fa dopo un terremoto? Si può piangere, accucciarsi sulle macerie o provare a pianificare nuovi paesi e città”. 

La sinistra non ha fatto lo sforzo necessario per compiere un nuovo inizio? “No. Non era facile, ma bisognava almeno provarci. Ciò presupponeva un’analisi sociale, politico-culturale e geopolitica. Un’indagine sul mutamento avvenuto. Invece si è preferito subire i processi, adeguandosi alle politiche neoconservatrici”. 

E lì che la sinistra smarrisce il suo popolo? “Non c’è stato alcun tentativo di rappresentare quei settori sociali che nella globalizzazione perdevano peso economico, sindacale e politico. Le misure adottate sono state poco più che pannicelli caldi, assistenziali. I vincoli, come il pareggio di bilancio, son diventati obbiettivi. L’austerità il discorso dominante, come se fosse neutrale e colpisse tutti allo stesso modo”. 

La destra ha offerto risposte più efficaci? “Una destra sociale c’è sempre stata. Le destre, anche quelle storiche, totalitarie, che non esisteranno mai più, vanno affrontate su questo terreno: occupazione, reddito, politiche redistributive. La sinistra accusava la destra di non farlo o di fingere di farlo, di essere “serva dei padroni”. Il confronto assolutamente primario avveniva su questo terreno”. 

E oggi? “Oggi la destra, persa la carica anti istituzionale, guadagna proprio dove la sinistra ha ‘sbaraccato'”. 

Qual è il rischio che corre il Pd? 

“Di diventare una sorta di Partito d’Azione o di Partito radicale. Ho molta riconoscenza per le battaglie di un Pannella, ma non può essere quello il destino di un partito di massa”. 

È troppo concentrato sui diritti? “I diritti vanno bene, per carità, ma devono essere sempre affrontati in relazione a quelli sociali, previsti non a caso dalla Costituzione. Le disuguaglianze, la precarietà, il lavoro femminile, di cosa credete che discutono le masse?”. 

Chi sceglie tra Bonaccini e Schlein? “Non mi appassiono alla contesa. Trovo sbagliato il metodo. Servirebbe una discussione radicale, che prendesse atto della svolta epocale avvenuta con la nuova forma della globalizzazione, con il dominio del capitale finanziario”. 

Il comitato degli 87 non sta facendo questo? “Per carità! Una cosa ridicola. Le pare che i valori si scrivano a tavolino? E tra “saggi” scelti da chi? Da un gruppo dirigente come l’attuale del Pd?”. 

Quindi la colpa della sinistra è di essere stata gregaria? “Sì, non ha una posizione autonoma, ha subito i processi. Non è stata parte, non ha saputo rappresentare una posizione autonoma su nessuno dei grandi temi che la globalizzazione impone. La globalizzazione è irreversibile, ma non conduce da sé alla Repubblica universale di Kant. Crea disuguaglianze, ridistribuisce poteri. Su questo occorre confrontarsi e anche combattere”. 

Un altro esempio di questa sudditanza? “L’Occidente. È giusto essere da questa parte, naturalmente, mica si può stare con Putin o con la Cina. Ma con l’ambizione di riformarne le istituzioni e la linea politica, non piegati interamente sui Biden di turno”.  

Il Pd è stato troppo al potere? “Il Pd si è trasformato in partito ministeriale. Mutamento che viene da molto lontano”.  

Ma alla fine chi dovrebbe rappresentare? “I giovani, quasi tutti precari. Le donne, che sono le peggio trattate in Europa. La classe media impoverita. C’è chi parla di nuova plebe. A ragione. E allora occorrono i tribuni: tribuni capaci di far politica e governare. Non demagoghi che durano un mattino”. 

Nel concreto?“Serve un partito che organizzi, rappresenti e difenda con radicalità questi interessi e solo così si salverà anche la democrazia, se non si vuole ridurre alla più vuota delle procedure”. 

Il dibattito sulle nostre pagine

Sono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli, Luigi Zanda, Michele Salvati, Giuseppe Laterza, Enrico Letta, Stefano Boeri, Anna Foa, Antonio Bassolino (intervistato da Conchita Sannino), Simona Colarizi, Giancarlo Bosetti, Nicola Zingaretti, Andrea Romano, Marc Lazar, Pina Picierno,  Andrea Graziosi, Graziano Delrio, Daniele Vicari, Michael Walzer (intervistato da Paolo Mastrolilli),  Marco Bentivogli, Marco Belpoliti, Cecilia D’Elia, Andrea Segrè, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, Luca Ricolfi, Adolfo Battaglia, Achille Occhetto, Laura Pennacchi, Matteo Lepore, Agostino Giovagnoli, Alessandro Genovesi, Diva Ricevuto, Paola De Micheli, Pietro Ichino, Miguel Gotor.

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