Su queste colonne Linda Laura Sabbadini ha affermato che alla sinistra di questo paese “è mancato l’ascolto e la comprensione di chi soffre. È mancato lo studio della situazione reale. È mancata l’elaborazione alta per costruire soluzioni, proposte concrete e realizzabili. È mancata per anni una scelta delle priorità adeguate e conseguente”. Condivido completamente questa analisi. In questi anni non solo si è dovuto assistere ad una rappresentazione dei fenomeni sociali — come la povertà e l’immigrazione — sospesi tra la pietà e la forca, ma alla incapacità di declinare la questione dei diritti con coerenti politiche di inclusione, ignorando che sono un pezzo delle politiche di sviluppo.
Le forze progressiste hanno anche virato dalla retorica dei diritti verso un realismo cinico, una realpolitik deteriore. Farne l’elenco può essere doloroso, ma la soluzione libica al problema migratorio — senza uno straccio di politiche per il Mediterraneo — o il Reddito di inclusione del Governo Gentiloni, minimalista in termini di risorse nonostante le evidenze statistiche della esplosione della povertà, o, per arrivare ai giorni nostri, una commissione dedicata alla Riforma del Reddito di cittadinanza nominata dal Ministro Orlando, le cui conclusioni non sono servite a nulla, mentre infuriavano le polemiche sui divanisti e i percettori malavitosi, sono una incompleta rassegna delle occasioni mancate.
Ma per avviare processi di cambiamento non serve la catartica evocazione del Terzo settore e dei soggetti sociali, del ripartire dalle periferie. Innanzitutto perché non basta dirlo; e perché bisogna imparare a farlo, selezionando gli interlocutori credibili. Che sono molti, ma non tutti. Può suonare polemico ma soggetti sociali buoni solamente a esternalizzare servizi a basso costo, non cambiano le cose. Cambia le cose chi non solo ha i piedi nel fango — anche quando non è a favore di telecamera — ma ricostruisce la dignità e “riconosce” i diritti delle persone, offrendo veri percorsi di inclusione; progetta interventi pensandoli come politiche possibili e generando reti territoriali; sa realizzare alleanze insolite con i mondi della economia e della ricerca per fare proposte normative realistiche o modelli di sviluppo sostenibili.
Una forza politica che ha la presunzione di essere progressista non cerca solo “buone notizie”, ma pratiche sociali ed economiche alternative, conoscenza profonda dei territori e dei suoi drammi, competenze collettive in grado di contrastare processi di mutamento sociale inediti, che stanno gravando sui ceti meno abbienti del nostro Paese, realtà cioè capaci di generare cambiamento. Cerca, in concreto, reti territoriali che sanno spiegare — prima e insieme ai dati ufficiali — le tendenze in atto, come le Caritas diocesane con i loro Centri di ascolto, esperienze innovative come la Fondazione di Comunità di Messina che sperimenta modelli di intervento ispirati al capability approach in contesti periferici nel sud del paese, o coalizioni sociali di scopo come il Forum Disuguaglianze che mette insieme saperi sociali e competenze scientifiche per proporre politiche alternative al main-stream neoliberista.
Ma non per un aperitivo: per costruire alleanze durature, confronti serrati, proposte realistiche e incrementali. È forse inelegante fare dei nomi, ma se si vogliono fare politiche di cambiamento le vacche non sono tutte grigie. Bisogna scegliere e rischiare soprattutto mentre si governa, sia quando si sta all’opposizione, non costruendo generiche piattaforme ma proposte capaci di andare oltre il buon governo. E farlo con chi sa perché fa, e non perché continua a ripetere quello che si dovrebbe fare. Magari in un talk-show di tendenza.
Vogliamo fare qualche esempio di politiche possibili? Si vuole davvero rafforzare il Terzo Settore come fattore di cambiamento? Si elaborino passi ulteriori al Codice del Terzo Settore, ancora parzialmente attuato, per evitare che le parole coprogettazione e coprogrammazione tra soggetti sociali e amministrazioni pubbliche non siano strumenti gentilmente concessi da qualche politico locale illuminato.
Si vuole dare cittadinanza alle nuove generazioni di immigrati, cittadini di fatto del nostro paese? Si lavori ora per una coalizione sociale che sappia costruire una proposta normativa che il prossimo governo progressista — fosse pure tra mille anni — fa approvare nei primi cento giorni.
L’elenco potrebbe continuare sui temi ambientali, la questione energetica, le aree interne, una riforma della gestione dei beni confiscati… Si può costruire una agenda di lavoro di piccole riforme, che possono definire una strategia integrata di lotta alle disuguaglianze, di sviluppo dei territori, di rigenerazione delle comunità locali. Inventando un terreno e un metodo di lavoro comune — che oggi non c’è — ove sperimentare una nuova capacità di ascolto e costruzione di politiche possibili. Già da domani. Mettendo da parte i pop-corn.
Il dibattito su RobinsonSono intervenuti: Michele Serra, Francesco Piccolo, Stefano Massini, Massimo Recalcati, Chiara Saraceno, Emanuele Trevi (intervistato da Raffaella De Santis), Isaia Sales, Luciano Violante, Chiara Valerio, Gianni Riotta, Nichi Vendola, Luigi Manconi, Dario Olivero, Giacomo Papi, Daniela Hamaui, Michela Marzano, Linda Laura Sabbadini, François Hollande (intervistato da Anais Ginori), Carlo Galli, Emanuele Felice (intervistato da Eugenio Occorsio), Natalia Aspesi, Javier Cercas (intervistato da Alessandro Oppes), Roberto Esposito, Gianni Cuperlo, Bruno Simili (intervistato da Eleonora Capelli), Giorgio Tonini, Franco Lorenzoni, Paolo Di Paolo, Serenella Iovino, Giovanni Cominelli, Luigi Zanda, Michele Salvati, Giuseppe Laterza, Enrico Letta, Stefano Boeri, Anna Foa, Antonio Bassolino (intervistato da Conchita Sannino), Simona Colarizi, Giancarlo Bosetti, Nicola Zingaretti, Andrea Romano, Marc Lazar, Pina Picierno, Andrea Graziosi, Graziano Delrio, Daniele Vicari, Michael Walzer (intervistato da Paolo Mastrolilli), Marco Bentivogli, Marco Belpoliti, Cecilia D’Elia, Andrea Segrè, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, Luca Ricolfi, Adolfo Battaglia, Achille Occhetto, Laura Pennacchi, Matteo Lepore, Agostino Giovagnoli, Alessandro Genovesi, Diva Ricevuto, Paola De Micheli, Pietro Ichino, Miguel Gotor, Massimo Cacciari (intervistato da Concetto Vecchio), Karima Moual, Giorgio Vittadini, Lorenzo Guerini, Giulio Napolitano