Qatargate, le valigie e il bebè nell’hotel di lusso. Ecco come venivano consegnate le mazzette dell’Euroscandalo

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BRUXELLES – La valigia. Nelle sue diverse declinazioni. Il trolley, la ventiquattrore, quella grande, quella piccola. È uno dei tratti distintivi delle indagini sul Qatargate. Il “veicolo” delle mazzette. Il “mezzo” per assicurare il passaggio dei soldi. Un sistema primitivo, precedente i conti correnti bancari nei paradisi fiscali e alle criptovalute. Eppure basta sfogliare i documenti che accompagnano e motivano i provvedimenti adottati dai magistrati di Bruxelles per capire che molto delle operazioni condotte da Antonio Panzeri, Francesco Giorgi e gli emissari del Qatar ruotasse proprio intorno alle valigie. Le foto e la sequenza di un incontro specifico tra i due italiani e il ministro del lavoro qatarino, Ali Ben Samikh al-Marri, ne sono una testimonianza. E a quel colloquio la procura di Bruxelles assegna una particolare importanza. Una delle prove di come circolassero le “mazzette”.

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È il 10 ottobre scorso. Mancano cinque settimane all’inizio dei Mondiali di calcio. La scena si svolge in uno degli hotel di maggior lusso della capitale belga. È lo Steigenberger Wiltcher’s. Un tempo apparteneva alla catena Conrad ed era il prescelto da Silvio Berlusconi quando, da presidente del consiglio, partecipava ai summit europei. Si trova in una delle zone più eleganti di Bruxelles, Avenue Louise. Facile capire perché i rappresentanti di un emirato ricco lo abbiano scelto. 

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Sono le 17,30 circa. Arrivano e parcheggiano tre Mercedes di colore nero nella piccola rotonda davanti all’albergo. Tutte intestate alla rappresentanza diplomatica del Qatar. Dalle vetture scende una delegazione governativa di Doha, guidata appunto dal ministro del lavoro. Con lui ci sono altri cinque uomini: scorta e – forse non a caso – un portavaligia. I magistrati belgi si sono fatti consegnare video e immagini dalla sicurezza dell’hotel. E tutto viene allegato agli atti.

Il 10 ottobre all’hotel Steigenberger Wiltcher’s di Bruxelles Antonio Panzeri arriva con una valigetta all’apparenza vuota, e che all’uscita, secondo gli inquirenti, sembrerà invece piena Questo albergo a cinque stelle sembra essere una sorta di dependance del governo qatarino. Basti pensare che anche l’8 dicembre scorso, data della festa nazionale del Qatar, sempre in quell’edificio le ambasciate dell’emirato hanno organizzato un gigantesco party con quasi trecento ospiti. Tra gli invitati moltissimi europarlamentari. E in quell’occasione molti avevano notato che non era presente Panzeri. Una scelta calcolata. Spesso l’ex europarlamentare spiegava: “In certe situazioni non mi faccio vedere”. Quell’edificio, però, lo conosceva bene.

Il 10 ottobre, dunque, il ministro del lavoro entra nell’hotel e viene accompagnato al quarto piano: lì c’è la sua suite. Poco dopo arrivano Panzeri e Giorgi. Le foto della sicurezza interna ritraggono l’ex eurodeputato italiano con una valigetta in mano. Una specie di ventiquattrore. All’apparenza vuota. O almeno questo è il commento degli inquirenti. Il suo ex assistente addirittura si presenta con la figlia di venti mesi. La madre è Eva Kaili, in quel momento ancora vicepresidente del Parlamento europeo. Spinge il passeggino. Come se nulla fosse. Due uomini della delegazione qatarina li accolgono e li accompagnano proprio al quarto piano. Ogni passaggio è provato da uno scatto o da una ripresa. 

Lungo il corridoio che conduce alla suite di Al Marri si intravede un altro uomo di Doha che, seguendo Panzeri, trascina un altro trolley. Tutto si svolge intorno alle ore 18. Dopo mezz’ora Giorgi lascia la camera. Scende nella hall. La figlia indica una persona che sembra conoscere bene. Il padre la lascia con quella persona. E risale immediatamente al quarto piano. Magari ha pensato che il colloquio stesse entrando nella fase più calda. 

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dal nostro inviato Luca De Vito

22 Dicembre 2022


Passa un’altra ora. L’incontro finisce. Panzeri lascia l’hotel con in mano la stessa valigetta che aveva all’ingresso. Ora, però, viene evidenziata dalla Procura con un bel cerchio rosso. Perché? “Sembra più piena”, scrivono gli uffici della magistratura di Bruxelles. Il sospetto dei magistrati, insomma, è che questo sia stato uno degli incontri in cui si organizzava la consegna del denaro in contanti. Da un trolley ad una ventiquattrore. Un sistema collaudato. Fatto, appunto, solo di denaro “fresco”. Perché come scrivono a più riprese i procuratori di Bruxelles “l’obiettivo della cricca era l'”argent””. Il denaro. 

Nel caso specifico, inoltre, quell’appuntamento non poteva essere casuale. Per due motivi. Il primo: solo dieci giorni dopo, ossia il 22 ottobre, sempre Panzeri in compagnia di Luca Visentini, il presidente del federazione mondiale dei sindacati, vola verso Doha. Prende un aereo della Qatar Airways da Parigi. Identico volo per Visentini. Una missione organizzata appositamente per dimostrare al sindacalista i presunti passi avanti compiuti dal Qatar nel rispetto dei diritti dei lavoratori. In particolare quelli impegnati nella costruzione degli stadi di calcio e nell’organizzazione dei Campionati mondiali, vinti dall’Argentina di Lionel Messi. Visentini ritorna a Bruxelles due giorni dopo, il 24 ottobre. Panzeri si trattiene e rimane fino al 26 ottobre. Gli inquirenti sottolineano un elemento: i biglietti aerei sono stati emessi da una agenzia di viaggio di Doha. Una circostanza che fa supporre che siano stati quindi pagati dal governo qatarino.

Il secondo motivo: il mese successivo, a novembre, la sessione plenaria del Parlamento europeo avrebbe dovuto votare le risoluzioni sul Qatar e sul rispetto dei diritti dei lavoratori. Appuntamento cui l’emirato attribuiva particolare importanza.

Forse anche per questo sempre Panzeri – secondo la ricostruzione fatta dai magistrati belgi – puntava a mettere insieme la sua Ong “Fight Impunity” con altre tre organizzazioni: la ICTJ, la Impunity Watch e la FIDH. “Per avere più peso nei circoli decisionali europei”. E forse per avere anche lui un peso maggiore. 

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