Il governo pone la questione di fiducia sulla legge di bilancio all’esame del Senato. Identica mossa alla Camera dove è in discussione il decreto Rave da convertire entro il 30 dicembre pena la sua decadenza.
Va dunque di corsa il governo Meloni. Per necessità, ma anche per seguire obiettivi autoimposti. È infatti per evitare l’esercizio provvisorio, un’onta e un potenziale disastro sui mercati, modalità mai più accaduta dal 1988, che si è deciso di spingere sulla legge di bilancio. Ma l’urgenza è anche figlia di desiderata meno contingenti, come l’obiettivo mai dichiarato di arrivare prima di tre governi dell’ultima legislatura – nel 2018, nel 2020 e nel 2021 – che hanno fatto approvare la manovra il 30 dicembre. Arrivare addirittura prima del governo Draghi dunque, con l’attenuante di aver giurato non più di due mesi prima – il 22 ottobre scorso.
“È stata una corsa contro il tempo”, ha dichiarato la premier giusto un mese fa all’assemblea generale di Confindustria Veneto Est. “Ma la traiettoria è stata il più possibile nitida”, ha aggiunto. Un blitz, appena rallentato dall’opposizione che ieri ha occupato i banchi della commissione Bilancio al Senato, impedendo la ripresa dei lavori e facendo slittare l’ok finale. Appena un inciampo, che porterà la fiducia al Senato negli stessi minuti della conferenza di fine anno della premier.
Meno comprensibile l’urgenza sul decreto rave, che dovrà comunque resistere al dichiarato ostruzionismo delle opposizioni pronte a presentare decine di ordini del giorno per allungare i tempi fino al 30 dicembre. La chiama per la fiducia inizierà oggi alle 17.25 e la maggioranza potrebbe ricorrere all’extrema ratio della ‘ghigliottina’, usata dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini nel gennaio 2014 sul decreto Imu-Bankitalia. Decisiva sarà una riunione dei capigruppo convocata alle 14.30.