Debutta la riforma Cartabia, ecco come cambia il processo penale

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Da ieri le nuve norme sono operative. L’obiettivo è ridurre i processi, ma anche la loro durata del 25%. Il nuovo procedimento penale sarà più telematico, con possibili testimonianze a distanza e l’uso massiccio delle videoregistrazioni. Un intervento chiave per rispettare gli impegni presi con l’Europa sul Pnrr. 

Prescrizione, non più di due anni per il processo d’Appello 

È l’unica parte della riforma Cartabia già entrata in vigore nell’ottobre 2021. Ma è la più famosa, anche se finora non è mai stata applicata perché riguarda i reati commessi dopo il primo gennaio 2020. La Cassazione l’ha giudicata costituzionale. È anche la novità più discussa, come conferma l’ultimo odg Costa che sortirà una pdl per ripristinare la prescrizione che non muore mai. Con la Cartabia resta il blocco della prescrizione in primo grado, come prevede la legge Spazzacorrotti dell’ex ministro Bonafede. Il processo d’appello non può durare più di due anni e un anno quello in Cassazione. Poi il processo “muore”. Per i dibattimenti più complessi è possibile arrivare a tre anni in Appello e 18 mesi in Cassazione. La legge Orlando sospendeva la prescrizione per 36 mesi tra Appello e Cassazione. 

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Pene sostitutive, niente carcere sotto i 4 anni. Cella e lavoro per chi non paga 

In gergo giudici e avvocati li chiamano i “liberi sospesi”. Persone condannate a una pena detentiva fino a 4 anni che, dopo la sospensione automatica dell’ordine di carcerazione, chiedono una misura alternativa e restano liberi ma, appunto, sono “sospesi” in attesa di una decisione del tribunale di sorveglianza. D’ora in poi la pena potrà essere applicata subito dal giudice “di cognizione”. Scegliendo tra pena pecuniaria per condanne fino a un anno, lavoro di pubblica utilità per condanne fino a tre anni, detenzione domiciliare e semilibertà fino a 4 anni. Già oggi, in esecuzione penale esterna, ci sono 73mila persone contro 55mila detenuti. Chi non paga la pena pecuniaria entro 90 giorni finisce in semilibertà. Chi non può pagarla va al lavoro di pubblica utilità. Ma se pagano sono liberi. 

Idagini preliminari, i nuovi poteri del gip che ha più controllo sul pm 

Cambia il rapporto tra pm e gip. Il giudice avrà un maggior potere di controllo sul pm. Verificherà i tempi dell’iscrizione di una notizia di reato e potrà costringere il pm a retrodatarla, a vantaggio dell’indagato. Una volta scaduti i 6-18 mesi concessi per indagare a seconda della gravità del reato, il pm dovrà archiviare o procedere al rinvio a giudizio. Ma soprattutto potrà farlo se è già in grado di prevedere che le prove in suo possesso consentono “una ragionevole previsione di condanna”. Altrimenti dovrà archiviare, mentre oggi basta poter contare su elementi “idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Comunque, scaduti i suoi termini di indagine, se il pm resta inerte, dovrà procedere alla discovery degli atti. Saranno il gip o il procuratore generale ad affrontare l’inerzia o a concedere più tempo.

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La procedibilità, si allarga l’area dei reati perseguibili su querela 

Per reati come il furto o la violazione di domicilio, ma anche per le lesioni lievi o per le molestie, la violenza privata o il danneggiamento, il pm potrà far partire l’indagine soltanto se la vittima deciderà di presentare una querela. Altrimenti avrà le mani legate e dovrà fermarsi. La regola vale anche per i reati commessi prima dell’entrata in vigore della legge e la querela può essere presentata da ieri. Se invece il reato commesso è “tenue”, punito dalla legge con almeno due anni – a patto che non abbia a che fare con violenza sulle donne, stupefacenti o reati contro la Pa – potrà essere archiviato. Qualora il pm non dovesse farlo, potrà essere il giudice ad applicare la “tenuità del fatto”, tenendo anche conto del comportamento successivo al reato, come aver soccorso subito la propria vittima.

Giustizia riparativa, oltre il processo e la pena c’è la riparazione del danno 

Chi ha commesso un reato può “ripararlo”. Il reato non solo sarà perseguito penalmente e quindi punito, ma sarà “riparata” la ferita inferta alle vittime con il delitto stesso. L’imputato e la vittima, presso apposite strutture pubbliche (saranno previsti centri presso ogni Corte di Appello), su base volontaria, sotto la guida di mediatori, potranno partecipare a incontri per prendere le distanze dal reato e quindi riparare il danno. Se il reato è procedibile d’ufficio la pena potrà essere ridotta fino a un terzo. I detenuti, dopo gli incontri con le vittime, potranno essere assegnati al lavoro esterno, ottenere permessi premio e misure alternative alla detenzione, nonché la liberazione condizionale. Se invece il reato è procedibile a querela, partecipare al tavolo della giustizia riparativa chiude il processo.

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