ROMA – Sarà la prima bega politica da affrontare nel 2023. L’autonomia differenziata – cioè quel federalismo à la carte che consentirà alle Regioni in modo diverso (differenziato appunto) di “regnare” sul proprio territorio prendendosi maggiori competenze su scuola, beni culturali, infrastrutture e trasporti, sanità – innesca lo scontro dell’ultimo dell’anno.
Il Pd denuncia l’irritualità con cui Roberto Calderoli, il “caterpillar” leghista, ministro degli Affari regionali e dell’Autonomia, ha mantenuto la promessa che aveva fatto ai governatori di Veneto, Lombardia e Piemonte: ovvero presentare il disegno di legge del governo entro il 31 dicembre.
La bozza dei mesi scorsi
Detto e fatto. Il ddl è depositato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l’altroieri: è poco diverso rispetto alla bozza circolata nei mesi scorsi. Calderoli conferma l’iter imminente: “I passaggi sono chiari: esame preliminare della proposta di legge in Consiglio dei ministri, poi conferenza unificata per il relativo parere, approvazione definitiva in Cdm, e quindi viene inviata alle Camere per l’esame”.
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Dell’invito pressante dei Dem ad andare subito in aula a Palazzo Madama per spiegare passaggi, obiettivi e offrire garanzie, non se ne parla. Nella calza della Befana potrebbe già esserci un passaggio dell’autonomia differenziata all’esame del governo. Calderoli è per la linea: chi ha tempo, non aspetti tempo.
Ma il federalismo à la carte – detto anche “regionalismo sovranista” da parte di chi lo avversa in ogni modo – rappresenta un cambiamento radicale dal punto di vista istituzionale nell’assetto dello Stato. Francesco Boccia, responsabile degli Enti locali del Pd, ammette: “Sono preoccupato. Il ministro Calderoli venga al più presto in aula a chiarire. Fermeremo Calderoli e Salvini che spaccano l’Italia”.
La legge di Bilancio
Cosa è successo in queste ore. Afferma Boccia: “Approvata la manovra, Calderoli ha inviato il testo al Consiglio dei ministri commettendo una scorrettezza istituzionale. L’articolo 143 della legge di Bilancio, infatti, prevedeva l’istituzione di una cabina di regia per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), che devono essere definiti in Parlamento, con una legge ordinaria. Solo così assicuri che quei criteri non vengano cambiati a seconda delle convenienze politiche”.
“Si tratta della vita delle persone, dopo tutto. Invece Calderoli ha inviato il disegno di legge attuativo della Autonomia differenziata al Consiglio dei ministri, senza passare per la conferenza Stato-Regioni e calpestando e umiliando le prerogative delle Regioni e degli Enti Locali. Non a caso hanno reagito in tanti, dai sindacati al vicepresidente della Conferenza delle Regioni, Michele Emiliano”.
I governatori leghisti
Reazioni che però non ci sono state affatto da parte dei governatori leghisti, che vogliono si realizza l’autonomia entro il 2023. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, il governtaore leghista del Friuli Venezia Giulia, non è intervenuto. Sempre Boccia: “Noi incalzeremo il governo per avere spiegazioni in aula”. Gennaio si aprirà con scontri su più fronti: sul Covid e le politiche di tutela della salute, ma anche per quanto riguarda le riforme istituzionali.
Nel congresso del Pd in corso (e che culminerà nelle primarie del 19 febbraio) entra anche l’autonomia differenziata, perché Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna e candidato alla segreteria, ha mostrato aperture sul federalismo.
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Però boccia la proposta di Calderoli: “L’autonomia buona per le Regioni e i Comuni è quella che libera potenzialità, riduce la burocrazia e semplifica la vita di cittadini e imprese, nel rispetto della Costituzione. Ed è una autonomia che non penalizza il Sud, perché non tocca la spesa. E’ una autonomia che non spacca il Paese come invece quella che sta proponendo il governo: una forzatura che mette a rischio la tenuta sociale delle nostre terre”.
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Comunque gennaio sarà un mese cruciale per il governo anche in fatto di riforme, dal momento che dovrebbe essere pronta la bozza sul presidenzialismo, che è la riforma a cui sta lavorando la ministra Elisabetta Casellati e che prevede la modifica della Costituzione.
L’intreccio tra federalismo à la carte e presidenzialismo sarà un nodo difficile da sciogliere: sul presidenzialismo punta Fratelli d’Italia e la premier Giorgia Meloni, mentre l’autonomia differenziata è la bandiera leghista. Meloni ha ribaditop iù volte che non ci sarà autonomia senza presidenzialismo.