Il fuoco covava già da mesi sotto la cenere, ma adesso sul regionalismo differenziato sembra arrivato il momento della resa dei conti, non solo tra maggioranza e opposizione o tra Nord e Sud, ma anche all’interno dello schieramento che sostiene il governo Meloni. Il principale sponsor della riforma, il ministro leghista degli Affari regionali Roberto Calderoli, perde le staffe: attacca la stampa e minaccia di querelare chi lo accusa di voler dividere il Paese. Gli risponde a tono il Pd, mentre un esponente di spicco dell’esecutivo come il ministro degli Esteri Antonio Tajani, di Forza Italia, avverte: “In consiglio dei ministri si discute e si approva un progetto condiviso”.
A dare fuoco alle polveri sono le parole di Calderoli: ” Adesso basta. Sono stato paziente per settimane, ma adesso si è passato il limite, sono stanco di leggere sui quotidiani Il Mattino o il Messaggero frasi tipo lo ” spacca Italia” del ministro ” , afferma l’esponente della Lega. E aggiunge: “Ho giurato sulla Costituzione che sancisce l’unità nazionale, per cui scrivere che voglio spaccare l’Italia significa darmi dello spergiuro.Questa è diffamazione, forse calunnia ” . Frasi forti che hanno l’effetto di far deflagrare la polemica. A Calderoli replicano i comitati di redazione dei due quotidiani che parlano di “attacco scomposto e assolutamente non adatto al ruolo istituzionale coperto”.
Ma è nei palazzi della politica che il caso esplode. Mara Carfagna, di Azione, bacchetta il ministro: ” La stampa fa il suo dovere, Calderoli accetti le critiche, si confronti nel merito e lasci perdere le querele. Cerchi un percorso condiviso sull’autonomia, per una riforma che riduca le disuguaglianze e non le accresca e tenga ben presente le parole chiare dette dal presidente Sergio Mattarella” . E si schiera il Pd anche con un suo dirigente da sempre favorevole all’autonomia differenziata come Stefano Bonaccini. Dopo aver ribadito che “essere contro a prescindere è un errore ma il punto è che sia fatta bene ” , il presidente dell’Emilia Romagna prima mette in guardia il ministro: ” Consiglio a Calderoli di non portare in Cdm una bozza senza prima averla discussa con le Regioni” e poi gli rivolge ” una domanda maliziosa: ma non è che lo vuole fare prima della elezioni in Lombardia?”.
Ancora più netto Francesco Boccia, commissario straordinario del Pd campano e responsabile Regioni ed Enti locali del partito: “Parlare di autonomia differenziata senza mai dire preventivamente quante e quali risorse saranno destinate al Sud sarebbe l’ennesima presa in giro al Mezzogiorno. Definire i livelli essenziali delle prestazioni attraverso la cabina di regia con un decreto del presidente del Consiglio è inaccettabile, la vita delle persone non può essere definita con un provvedimento amministrativo. Auspico che i compagni di maggioranza del Mezzogiorno di Calderoli sappiano farsi valere, invece di essere conniventi con la riforma ” . Ai parlamentari di entrambi gli schieramenti si rivolge Stefano Graziano, capogruppo dem in commissione Difesa della Camera: “Calderoli ritiri subito la sua bozza di riforma. Diversamente, faccio appello a tutti i parlamentari meridionali di ogni schieramento di fare fronte comune per fermarlo e salvare il Mezzogiorno e l’unità del Paese “.
Un altro parlamentare del Pd eletto in Campania, Piero De Luca, vicepresidente del gruppo a Montecitorio ( nonché figlio del presidente della Regione) affonda: ” Calderoli dovrebbe spiegare agli italiani perché ha inviato il testo del disegno di legge sull’autonomia alla presidenza del Consiglio senza trasmetterlo prima in Conferenza Stato-Regioni. E dovrebbe chiarire perché sulla definizione dei livelli essenziali è stato completamente esautorato il Parlamento e non sono state previste le risorse adeguate per colmare i divari tra Nord e Sud nei servizi come scuola, sanità, assistenza, trasporto pubblico. Il ministro dovrebbe poi assicurare formalmente che non ci sarà alcuna ipotesi di residuo fiscale. Fino a quando non saranno precisati questi aspetti, ogni proposta di autonomia rischia soltanto di dividere definitivamente il P