ROMA — Se a fine stagione José Mourinho dovesse alzarsi da tavola con la pancia vuota, senza coppe, senza il brivido di una finale, quasi certamente il pensiero gli tornerà alla sera del primo febbraio. A quei fischi piovuti sulla sua Roma. A quando ha deciso di regalare 50 minuti alla Cremonese spalancandole la strada per la semifinale di Coppa Italia (la 2ª della storia dopo quella del 1987) contro la Fiorentina. E sbarrandosi la porta d’accesso alla trentunesima finale della sua vita da allenatore. La Cremonese, che in campionato non ha mai vinto, si prende il lusso di far fuori dopo il Napoli pure la sua Roma: 2-1 all’Olimpico, ma più l’ombra del tris che del pari ha riempito lo stadio, capace di ignorare per 90 minuti Zaniolo, i suoi capricci, la sua lettera senza mai la parola più attesa: “scusa”. Solo oggi si capirà se la Roma lo perdonerà iscrivendolo in lista Uefa o se, nei fatti, la sua stagione deve ritenersi conclusa in vista dell’addio.
Il primo successo contro una squadra di Serie A, il primo nei 90′ da agosto, è una medaglia d’oro massiccio al collo di Ballardini – che a Mourinho aveva tolto pure la Supercoppa 2009 – e dei suoi calciatori: l’ultima neopromossa capace di arrampicarsi fino alla semifinale di Coppa Italia era stata il Siena, undici anni fa. La Roma invece deve maledire se stessa: prima Kumbulla ha srotolato sui piedi di Dessers un’autostrada. Poi Rui Patricio lo ha mandato sul dischetto. E a inizio ripresa Celik ha completato il capolavoro deviando in porta un tiretto di Pickel a cui Ibañez aveva assicurato spazio a sufficienza per fare male. Una galleria degli orrori, ma come quella dei luna park, in cui i mostri più che spaventarti ti strappano risate sguaiate.
Non è bastato stavolta l’ingresso d’urgenza di Dybala. Non sono serviti quattro cambi all’intervallo e il quinto dieci minuti dopo: somigliavano piuttosto a un’autodenuncia dell’allenatore, come a dire scusate, ho sbagliato, rifacciamo daccapo. Nel suo processo sommario, nella lista di proscrizione dei colpevoli di giornata, oltre ai cinque bocciati in meno di un’ora Mourinho dovrebbe iscrivere al primo posto se stesso. Se la squadra non ha capito l’importanza, la serietà verrebbe da dire, dell’impegno, è anche perché il messaggio era chiaro: bastano i ragazzini. E invece. La Cremonese è stata più forte anche delle proteste romaniste, dell’assedio isterico, del gol di Belotti sul tramonto del recupero. Mourinho se ne è andato furibondo: solo l’Europa League ora può evitargli l’oltraggio di una stagione da zero titoli.