CUTRO – Sale a 79 il numero dei migranti che hanno perso la vita nel naufragio a poche centinaia di metri dalla riva della spiaggia di Steccato di Cutro, nel Crotonese. Dei 79 morti, 33 sono minori e tra questi 24 i bambini compresi nella fascia d’età tra pochi mesi e 12 anni.
A 15 giorni dalla tragedia del caicco partito da Smirne (in Turchia) il 22 febbraio alla volta dell’Italia, il mare Ionio ha restituito stamattina altri tre corpi. Il primo è stato trovato sulla spiaggia di Steccato di Cutro e il secondo, quello di un bambino, a poca distanza, nel mare di Praialonga. Un terzo corpo è stato individuato in mare in mattinata ed è partito un mezzo per andarlo a recuperare in acqua: verso mezzogiorno la salma del piccino è stata issata a bordo. I tre cadaveri sono stati trasferiti in mattinata al Palamilone di Crotone, dove è stata allestita la camera ardente.
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Difficile il riconoscimento delle vittime viste il lungo lasso di tempo in cui sono rimaste in balia delle onde. Nel sabato della manifestazione nazionale che ha visto arrivare a Cutro migliaia di persone per dire basta alla strage dei migranti, erano stati rinvenuti altri corpi, tra cui quello di una bambina senza nome e senza nessun parente che la reclami.
La testimonianza di una superstite
“Appena giunta vicino alla spiaggia italiana, nel tardo pomeriggio del 25 febbraio, uno scafista turco ci ha detto che eravamo giunti in Italia e che potevamo salire sopra coperta per pochi minuti. Abbiamo fatto pure un piccolo video inneggiando alla fine del viaggio anche se non riuscivamo a vedere la costa. Nonostante ciò l’imbarcazione spegneva il motore senza pertanto navigare verso costa. In quel momento” uno dei due scafisti “faceva dei video con il proprio telefono cellulare inneggiando a un trafficante asserendo che i suoi migranti erano giunti in Italia”. Inizia così il racconto di un’altra superstite del naufragio, ascoltata lo scorso primo marzo dagli investigatori che indagano coordinati dalla Procura di Crotone.
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“Avete chiesto perché l’imbarcazione non raggiungeva la costa?”, chiede l’inquirente alla donna. Risposta: “Lo abbiamo chiesto ma questi non rispondevano. Intanto il mare diveniva sempre più agitato e uno degli scafisti turchi ci mostrava una mappa sul cellulare cercando di tranquillizzarci e dicendoci che eravamo ormai vicini all’Italia”. Nonostante ciò “noi migranti ci stavamo un pò agitando perché non comprendevamo il motivo per cui si stava esitando a raggiungere la costa – prosegue la superstite – Peraltro noi non potevamo nemmeno telefonare ai soccorsi perché i membri dell’equipaggio erano dotati di un sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche. Gli scafisti invece erano dotati di una ricetrasmittente satellitare ma non chiamavano i soccorsi, peraltro gli scafisti avevano anche invertito la rotta allontanandosi”.