Lavoro, Calderone sulla stretta al Reddito: “Chi rifiuta un posto stabile perde il sussidio”. Anche se a centinaia di chilometri

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La ministra del Lavoro, Marina Calderone, dice che il nuovo decreto Lavoro approvato il primo maggio con le novità sui contratti a termine non aumenterà la precarietà. E che il taglio del cuneo, finanziato con circa 4 miliardi in aggiunta alle precedenti puntate ad opera del governo Draghi e della legge di Bilancio, diventerà strutturale. Intanto precisa anche i nuovi meccanismi di stretta al nuovo Reddito di cittadinanza.

Lavoro stabile da accettare in tutta Italia

Dove c’è “un’offerta di lavoro a tempo indeterminato che prevede il rispetto dei contratti collettivi, il raggio di osservazione e quindi di ricerca è quello nazionale”, ha detto Calderone intervenendo su Radio24 a proposito dell’offerta di lavoro congrua da accettare per non perdere il nuovo sussidio contro la povertà. “Se il contratto è a tempo determinato – ha aggiunto – il raggio è più limitato, nell’arco di 80 chilometri dalla residenza. Il nostro obiettivo è di poter portare al lavoro quante più persone possibili in tempi brevi anche perché abbiamo forti richieste da parte delle aziende che in questo momento hanno bisogno”, ha spiegato.

Dunque, chi riceve l’assegno di inclusione è tenuto ad accettare un offerta di lavoro “senza limiti di distanza, nell’ambito del territorio nazionale” in caso di offerta a tempo indeterminato. In precedenti versioni del testo si era tenuti ad accettare anche contratti a tempo determinato purché di durata non inferiore a dodici mesi.

Le causali e la precarietà

Altro tema caldo, quello dei contratti a termine e dell’alleggerimento dei vincoli sulla causalità: “Assolutamente no, non si verificherà un aumento della precarietà. E’ solo una questione legata a come si vuole leggere un percorso”, ha detto Calderone intervenendo a 24 Mattino.

Secondo la lettura della minisra, quello del decreto Lavoro è un intervento “che elimina le causali di difficile applicazione e che potevano generare contenzioso”. Il decreto, spiega, “affida alla contrattazione collettiva la definizione delle causali. Poi c’è una clausola per cui laddove non c’è una previsione da parte del contratto si dà alle parti la possibilità di prorogare per una finestra temporale limitata con un richiamo alle ragioni tecnico produttive”. Calderone sottolinea che i numeri del contratto a termine ci dicono che la questione delle causali riguarda il 2,5% dei contratti a termine. “Il 97% – dice – durano meno di 12 mesi. Il cambiamento riguarda meno del 3% dei contratti, per i primi 12 mesi non ci sono causali”. Infine Calderone ha sottolineato che per i patti individuali la scadenza è al 30 aprile 2024 “per dare tempo alla contrattazione collettiva di poter normare l’aspetto delle causali. Non è un tema che impensierisce. C’è un dinamismo, vanno rinnovati i contratti, credo sia uno strumento per incentivare una nuova stagione di accordi”.

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“La precarietà – ha aggiunto – nasce anche dall’abuso di una determinata forma contrattuale. Ora con questo decreto cerchiamo di tracciare un percorso. In questo periodo quello che sta aumentando invece è il contratto a tempo indeterminato”.

Cosa prevede il nuovo decreto

Il testo approvato dal Cdm come da attese mette meno vincoli sulle causaliper i rinnovi oltre l’anno (fino a dodici mesi non sono richieste) e non oltre i 24 mesi:le causali sono affidate ai contratti collettivi o, in attesa della previsione contrattuale,individuate dalle partiper esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva (in questo caso comunque entro il 31 dicembre 2024). Oppure per le sostituzioni. Come spiegava Repubblica all’indomani del monito del presidente Mattarella sulla precarietà che non si sposa con gli obiettivi di crescita del Paese, si interviene ora sul decreto Dignità del 2018 (M5S-Lega), già derogato dal governo Draghi, ma per il tempo del post pandemia fino al 31 dicembre scorso.

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C’è quindi un ritorno ampliato alle deroghe. I primi 12 mesi di un contratto a termine rimangono senza causale. Prorogabili di altri 12 mesi in tre casi: se lo prevede il contratto collettivo nazionale, se le parti si accordano, per le sostituzioni.

In un accordo collettivo – nazionale, territoriale o aziendale – sottoscritto da datori e sindacati più rappresentativi si può disciplinare il rinnovo del contratto a termine oltre il termine annuale.
La disciplina, in mancanza di accordo collettivo, può esser scritta anche dalle parti per “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva”, fino alla fine del 2024
Il terzo riguarda invece la possibilità di rinnovo in caso di necessità del datre di sostituire altri lavoratori.

Il secondo caso, rilevava Repubblica, in realtà si mangia il primo. E questo sia perché sono pochissimi i contratti nazionali che hanno disciplinato le causali. Sia perché tutte le imprese tenderanno a usare la lettera “b”: l’accordo diretto col lavoratore, la parte debole, difficilmente in grado di contestare le “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva” prospettate dal datore. Specie nelle realtà piccole – il 95% delle aziende italiane ha meno di 9 addetti – e non sindacalizzate. È possibile poi anche l’ulteriore proroga fino a 36 mesi senza causale, ma deve essere stipulata presso la “direzione territoriale del lavoro competente per territorio”. Questi 12 mesi in più esistono sin dal Jobs Act del 2015 che in totale arrivava a ben 48 mesi senza causali.

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Il taglio del cuneo “strutturale”

Altro aspetto toccato da Calderone è quello del taglio al cuneo fiscale. Con il decreto Lavoro c’è il taglio del cuneo contributivoper sei mesi (non più otto come nell’ipotesi iniziale) e aumenta di altri quattro punti: per i periodi di paga dal 1 luglio 2023 al 30 novembre 2023 l’esonero contributivo sale dagli attuali due punti asei puntiper i redditi tra 25 mila a 35 mila euro e dagli attuali tre asette puntiper i redditi fino a 25 mila euro.

Le misure sono dunque finanziate fino alla fine dell’anno. Senza un rifinanziamento, di colpo dal 2024 le buste paga torneranno ad alleggerirsi, anche per importi significativi.

Calderone dice che il governo lavora per prorogare il taglio del cuneo fiscale al momento fissato fino a fine 2023. “Con la manovra abbiamo confermato i due punti di taglio, oggi con tutte le risorse a disposizione siamo tornati sul tema. Gli ulteriori quattro punti fanno sì che per chi ha redditi fino a 25mila euro ci sia una riduzione di circa il 70% del prelievo contributivo. Per chi ha fino a 35mila euro di reddito c’è il 60%. L’impegno è di lavorare per creare le condizioni per rendere strutturale questo intervento. Ci deve essere una situazione che lo consente. Bisogna agire con prudenza con attenzione ai conti”. Calderone ha parlato di impegno e di prudenza anche sulla possibilità di tagli dei contributi per i redditi superiori a 35mila euro. Considerando i soli interventi del governo Meloni, tra i 5 miliardi della legge di bilancio e i 4 del decreto lavoro (ma per soli sei mesi) si sfonda abbondantemente quota 10 miliardi di risorse necessarie.

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